L’AI continua ad alimentare la fiducia degli investitori

I segmenti dell'economia più sensibili ai tassi di interesse hanno risentito dell'aumento dell'inflazione e di un mercato del lavoro in flessione, mentre i titoli dei "Magnifici Sette" e le loro controparti hanno continuato a trainare il mercato, in un contesto di scommesse rialziste sulla tecnologia
A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM
Nonostante il miglioramento atteso, la produzione industriale della Germania MoM di agosto è attesa ancora negativa (1% contro -1.3% di luglio), ad evidenza delle difficoltà dell’economia tedesca (e dell’intera Europa) di portare la crescita del PIL vicina a quella potenziale. Difficoltà confermate dalla flessione degli ordini all’industria MoM di agosto, scesi dello 0,8% (+1,2% le attese) da -2,7% di luglio.
Mentre la battaglia sul bilancio ha portato al congelamento dei fondi a Washington, una serie di accordi alimentati dall'intelligenza artificiale ha liberato miliardi di nuovi capitali nella Silicon Valley. Dai piani da 40 miliardi di dollari di Global Infrastructure Partners per l'acquisizione di Aligned Data Centers alla nuova partnership della giapponese Hitachi con OpenAI, il giorno dopo che una vendita di azioni ha portato la sua valutazione a 500 miliardi di dollari, la manna dal cielo della costa occidentale ha alimentato la fiducia degli investitori.
Ma l'ottimismo è giustificato? La frenesia dell'intelligenza artificiale, contrapposta al caos di Capitol Hill, è un esempio lampante di quanto siano diventati biforcuti l'economia e i mercati. Mentre i segmenti dell'economia più sensibili ai tassi di interesse hanno risentito dell'aumento dell'inflazione e di un mercato del lavoro in flessione, i titoli dei "Magnifici Sette" e le loro controparti hanno continuato a trainare gran parte dei rendimenti del mercato, in un contesto di scommesse rialziste sulla tecnologia.
Sebbene l'economia possa apparire resiliente in superficie, nel mercato del lavoro sembrano formarsi delle crepe. L'occupazione è storicamente il campanello d'allarme per la minaccia di una futura debolezza economica. Queste grida si sono fatte più forti negli ultimi mesi, a fronte del rallentamento della crescita occupazionale, della minore partecipazione alla forza lavoro e dell'indebolimento della domanda.
Secondo l'ultimo rapporto Challenger sui tagli di posti di lavoro, i datori di lavoro statunitensi hanno annunciato 54.064 tagli di posti di lavoro a settembre, in calo del 37% rispetto agli 85.979 tagli annunciati ad agosto e del 26% rispetto ai 72.821 annunciati a settembre 2024. Settembre ha segnato la terza volta quest'anno in cui i tagli di posti di lavoro sono stati inferiori rispetto all'anno precedente, riflettendo licenziamenti limitati, in una tendenza coerente con l'attuale contesto di "basse assunzioni, bassi licenziamenti", in cui domanda e offerta di lavoratori sono in calo simultaneo.
L'indebolimento del mercato del lavoro ha giocato un ruolo chiave nella decisione della Fed di abbassare il tasso di interesse di riferimento di 0,25 punti percentuali il mese scorso. In questo mercato del lavoro meno dinamico e in qualche modo più debole, i rischi al ribasso per l'occupazione sono aumentati, ha osservato Powell, durante un discorso nel Rhode Island il mese scorso.
La Fed ha previsto due ulteriori tagli dei tassi per il 2025, con un potenziale ulteriore taglio entro la fine del mese, ma ha evitato di fare mosse affrettate data la delicata situazione dell'economia e l'incertezza sull'impatto a lungo termine dei dazi. Tanto è vero che Powell ha osservato anche che “i rischi a breve termine per l'inflazione sono orientati al rialzo e quelli per l'occupazione al ribasso”. L’allentamento troppo aggressivo, potrebbe lasciare incompiuto il lavoro sull'inflazione e quindi la Fed si troverebbe costretta ad invertire la rotta per ripristinare completamente l'inflazione al 2%. Se viceversa la Fed mantenesse una politica restrittiva troppo a lungo, il mercato del lavoro potrebbe indebolirsi inutilmente, con le inevitabili ricadute sui consumi e quindi sul PIL.
La decisione su quanto rapidamente abbassare i tassi di interesse diventerà ancora più complicata se la chiusura delle attività governative continuerà a privare i responsabili delle politiche monetarie di dati chiave che li aiutino a valutare lo stato dell'economia. Come noto, il Bureau of Labor Statistics (BLS) non ha pubblicato venerdì il suo attesissimo rapporto sull'occupazione, mentre altre fonti di dati molto seguite, tra cui il rapporto sull'indice dei prezzi al consumo di questa settimana, potrebbero essere sospese se non si raggiungerà un accordo a breve.
Nel frattempo la Fed si affida ad altri dati. Tra questi, quelli del settore manifatturiero, sotto pressione a causa dell'aumento dei prezzi e del calo della domanda. L'attività manifatturiera si è infatti contratta per il settimo mese consecutivo, registrando un valore di 49,1. Questo rappresenta un aumento di 0,4 punti percentuali rispetto al 48,7 di agosto, ma è di fatto la 33a volta nelle ultime 35 rilevazioni che questo indice è in contrazione.
Ma anche il settore dei servizi, sta diventando sempre più fragile. Questi non hanno registrato né un'espansione né una contrazione a settembre, raggiungendo un punto di pareggio di 50, in calo rispetto al dato di 52 di agosto. Tuttavia, l'indice di attività economica dell'ISM è entrato in territorio di contrazione il mese scorso per la prima volta da maggio 2020, scendendo di 5,1 punti percentuali al 49,9%. Al di fuori della pandemia di COVID-19, l'indice non registrava contrazioni da luglio 2009, all'indomani della Grande Crisi Finanziaria.
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