Amazon, i licenziamenti aumentano a 18 mila


La società di Jeff Bezos ha annunciato la seconda ondata di tagli al personale e la cifra definitiva sarà nettamente superiore ai 10 mila inizialmente previsti.


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L’annuncio di Amazon

Sembra finita la spinta propulsiva arrivata dalla pandemia per il settore tecnologico, tra i veri beneficiari dello sconvolgimento mondiale del 2020.

Amazon, tra le società che aveva assunto maggior personale in epoca di lockdown, ha annunciato una serie di tagli al personale superiore a quanto comunicato in precedenza, per un totale di 18 mila posti di lavoro, oltre i 10 mila previsti.

L’annuncio era arrivato ieri sera in un’e-mail inviata ai dipendenti stessi dall’amministratore delegato Andy Jessy, il quale ha sottolineato che la decisione non è stata presa alla leggera.

“Lavoriamo per sostenere coloro che sono stati colpiti offrendo pacchetti che includono un pagamento, benefit sanitari e sostegno” per trovare un posto di lavoro, si legge nell’email.

Jassy quindi osservava come “Amazon abbia navigato in un’economia incerta e difficile in passato e continuerà a farlo”, ma questi cambiamenti aiuteranno la società “a perseguire opportunità di lungo termine con una struttura dei costi più forte”.

Dopo l’annuncio, il titolo Amazon guadagnava l’1,71% nel mercato After Hours di New York e potrebbe proseguire sullo stesso trend anche nel pre-market.

Il piano licenziamenti

La società di Seattle a settembre contava 1,5 milioni di dipendenti ed è il secondo maggior datore di lavoro privato in America dopo Walmart.

A novembre annunciava un piano di tagli ai posti di lavoro, in particolare sul business dei dispositivi, nelle risorse umane e nelle operazioni di vendita al dettaglio, anche se si era fermata alla cifra di 10 mila.

La prima parte di licenziamenti iniziò lo scorso anno e ora l’azienda prevede di comunicare con i dipendenti interessati (o, se in Europa, con i sindacati) a partire dal 18 gennaio.

Amazon non ha pubblicato una ripartizione delle persone colpite per paese, ma si prevede che saranno concentrate negli Stati Uniti, il suo mercato più grande e dove risiede la maggior parte delle funzioni aziendali.

“L’inversione di tendenza di Amazon è stata netta. Si è trasformata da un’attività ritenuta essenziale durante la pandemia per la consegna di beni in casa, ad un’azienda che ha sovraccaricato la domanda. I suoi licenziamenti superano ora gli 11.000 tagli annunciati l’anno scorso da Meta Platforms, società madre di Facebook”, sottolinea Jeffrey Dastin, esperto di società tecnologiche per la Reuters.

Ondata di tagli al personale

Secondo il sito di monitoraggio Layoffs.fyi, il settore tecnologico ha perso più di 150.000 lavoratori nel 2022, un numero che continua a crescere.

Ieri, Salesforce ha dichiarato di voler eliminare circa il 10% del personale, che al 31 ottobre era di circa 8.000 unità, nell'ambito di un piano di ristrutturazione volto a ridurre i costi e migliorare i margini operativi, come comunicato alla Securities and Exchange Commission (SEC).

Prima di Salesforce, tra le grandi società che hanno annunciato tagli di posti di lavoro l’anno scorso c'è Meta (Facebook), con 11.000 licenziamenti in parte dovuti alle perdite della sua fallimentare scommessa sul metaverso.

Twitter ha dimezzato la sua forza lavoro di 7.500 persone con l’arrivo di Elon Musk, seguito da un’ondata di dimissioni di centinaia di dipendenti.

Il social network Snap ha annunciato ad agosto il licenziamento del 20% del suo organico, più di mille lavoratori, a seguito di un rallentamento della crescita e di perdite multimiliardarie.

Infine, anche il produttore di cyclette Peloton si è unito in ottobre con oltre 4.000 dipendenti e Netflix con circa 500.

Se per molte aziende tecnologiche, la pandemia è stata un'epoca d’oro per il cambiamento delle abitudini dei consumatori, il ritorno alla normalità, gli errori strategici, le assunzioni eccessive e il rallentamento dell'economia hanno lasciato una scia di decine di migliaia di licenziamenti nel settore, nonostante la forza del mercato del lavoro statunitense, dove il tasso di disoccupazione è vicino ai minimi da 50 anni.

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