Attesi tassi fermi dalla BCE

18/12/2025 07:15
Attesi tassi fermi dalla BCE

Oggi è il giorno in cui è la BCE a decidere sui tassi di interesse. Gli investitori non si aspettano nessun taglio. Sarà quindi importante seguire la conferenza stampa della Lagarde per capire le tendenze future dell’economia e quindi l’orientamento della politica monetaria.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM

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Oggi è il giorno in cui è la BCE a decidere sui tassi di interesse. Gli investitori non si aspettano nessun taglio. Sarà quindi importante seguire la conferenza stampa della Lagarde per capire le tendenze future dell’economia e quindi l’orientamento della politica monetaria.

Un elemento centrale della riunione sarà la nuova tornata di proiezioni macroeconomiche. Nonostante la Schnabel abbia sostenuto che rispetto a settembre i rischi su crescita e inflazione si siano spostati verso l’alto, è difficile immaginare che questa valutazione trovi pieno riscontro nei numeri ufficiali. La traiettoria di crescita di lungo periodo, fissata allo 0,3% trimestrale nel 2026 e nel 2027, appare infatti destinata a restare invariata. Sull’inflazione, è possibile un lieve ritocco al rialzo per il 2026 rispetto all’1,7% stimato a settembre, mentre per il 2027 è più probabile una revisione al ribasso proprio a causa del rinvio dell’ETS2. Con entrambe le proiezioni comunque al di sotto del 2%, resta complicato parlare di rischi inflazionistici concreti.

Guardando al prossimo anno, lo scenario di base resta quello di tassi fermi nel breve periodo. I commenti della Schnabel non sembrano riflettere l’orientamento della maggioranza del Consiglio direttivo. Con un’inflazione prevista sotto il 2% per i prossimi tre anni, eventuali interventi futuri appaiono più compatibili con tagli, non con rialzi, almeno fino alla tarda primavera del prossimo anno. In seguito (ma più si allungano le stime più diventano instabili), la finestra per una politica monetaria più espansiva potrebbe chiudersi, soprattutto se uno stimolo fiscale sul lato dell’offerta dovesse riaccendere le pressioni sui prezzi. Ma si tratta di uno scenario che guarda al 2027 e 2028, non al 2026. Forse parlarne è stato un po’ troppo prematuro.

A livello di dati, oggi è attesa l’inflazione USA YoY di novembre, che si confronta con settembre (i dati di ottobre sono parziali e poco significativi a causa delle shutdown): le attese degli analisti indicano un +3.1% (+3% a settembre). Attese inoltre le richieste settimanali di sussidi alla disoccupazione (236k la scorsa settimana) e il PhillyFed di dicembre (stima +2,2 punti da -1,7 punti di novembre).

Leggermente inferiore alle attese l’IFO di dicembre (87,6 punti contro 88,2 atteso e 88 di novembre). Cala al +2,1% l’inflazione YoY di novembre dell’Europa (+2,1% rispetto al +2,2% attesa e +2,1% do ottobre).

Nelle ultime settimane le azioni statunitensi hanno ritrovato slancio grazie al taglio dei tassi d’interesse deciso dalla Fed il 10 dicembre scorso, riportando il mercato su nuovi massimi storici. L’S&P 500 ha ora recuperato completamente la flessione di oltre il 5% registrata a novembre, segnando il primo nuovo massimo assoluto dallo scorso ottobre e la 37ª chiusura record di quest’anno. Il rally ha anche riparato i recenti danni tecnici, visto che l’S&P 500 è tornato sopra la sua media mobile a 50 giorni.

Anche l’ampiezza di mercato è migliorata. La quota di titoli dell’S&P 500 scambiati sopra la loro media mobile a 200 giorni ha continuato a salire, rimbalzando al 63,8% dopo essere scesa temporaneamente a un minimo di cinque mesi del 50,8% a novembre. Nel frattempo, la rotazione dalla leadership delle Big Tech verso altri settori ha favorito una ripresa dell’S&P 500 equi ponderato, che da ottobre ha sovraperformato l’indice ponderato per capitalizzazione.

Un calo sia della volatilità implicita sia in quella realizzata rafforza ulteriormente il ritorno a condizioni di mercato più calme, segnalando una moderazione delle recenti oscillazioni. L’indice di volatilità è tornato nella parte bassa dell’intervallo da inizio anno, intorno a 16x, rispetto al recente massimo intraday di novembre pari a 28x. Allo stesso tempo, la volatilità realizzata a 10 giorni dell’S&P 500 resta contenuta, scendendo in cifra singola e la volatilità realizzata a 5 giorni ha persino registrato uno dei periodi più tranquilli dalla fine di agosto 2021.

Le tendenze stagionali indicano che il momentum potrebbe estendersi nelle ultime settimane dell’anno e fino all’inizio del 2026. Storicamente dicembre è uno dei mesi più forti per le azioni: dal 1950 l’S&P 500 ha guadagnato in media l’1,4% e ha chiuso in positivo nel 73,3% dei casi, la più alta frequenza di rendimenti positivi tra tutti i mesi. Questa forza stagionale è spesso amplificata dal cosiddetto Santa Claus rally, gli ultimi cinque giorni di contrattazione di dicembre e i primi due di gennaio, che ha prodotto un rialzo medio dell’1,3% ed è stato positivo nel 77,3% dei casi, rispetto ad appena lo 0,3% e il 57,9% di un qualunque periodo tipico di sette giorni.

È rilevante notare che l’S&P 500 è stato negativo durante i periodi di Santa Claus rally negli ultimi due anni, ma dal 1950 non si sono mai verificati tre periodi consecutivi negativi. Storicamente, quando il Santa Claus rally è positivo, gennaio e l’intero anno tendono a registrare forti rialzi, con medie rispettivamente dell’1,4% e del 10,2%, rispetto a -0,1% e 6,1% dopo periodi negativi.

Da una prospettiva ciclica, il 2026 ci aspettiamo tuttavia che possa essere più volatile e irregolare rispetto al 2025, poiché la volatilità tende ad aumentare negli anni delle elezioni di medio termine negli Stati Uniti. Dal 1970, l’S&P 500 ha registrato un drawdown massimo medio del 18,7% e ha ottenuto un rendimento modesto dell’1,7% nei 12 mesi precedenti le elezioni di midterm. Tuttavia, lo scenario successivo alle elezioni di medio termine è stato mediamente positivo: l’indice è salito nel 100% dei casi nei 12 mesi successivi alle elezioni, con una performance media del 13,5%.

Gran parte degli analisti continua ad essere nel complesso positivo e suggerisce di sfruttate eventuali ribassi azionari. L’impostazione tecnica per il 2026 resta infatti ampiamente rialzista, sostenuta da solidi supporti di trend e fattori stagionali favorevoli. La diversificazione resta comunque prudente, dato che l’ampiezza di mercato rimane contenuta nonostante i recenti miglioramenti, il che potrebbe amplificare la volatilità che ci si attende possa riemergere in vista delle elezioni di medio termine.

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