Le banche centrali potrebbero sottostimare la discesa dell'inflazione?


Nonostante l’assenza di indicazioni prospettiche da parte non solo della FED, ma anche della BCE, i mercati sposano l’idea di un atterraggio morbido, ipotizzando uno scenario in cui l’inflazione viene portata al target e la crescita rallenta ma rimane positiva. Tuttavia, storicamente la fine di un ciclo di rialzo dei tassi raramente non ha visto una recessione.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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PMI composito dell’Europa di agosto in uscita oggi alle 10:00 (stima 47 punti contro 48,6 di luglio) e prezzi alla produzione YoY di luglio alle 11:00 (stima -7,8% contro -2,4% di giugno).

Dal punto di vista del mercato, abbiamo visto che i dati più deboli sull’occupazione della scorsa settimana hanno avuto un impatto più diretto sul mercato dei titoli di Stato. Per gran parte della settimana, infatti i rendimenti dei titoli di Stato si sono mossi al ribasso, rispetto ai recenti massimi, in quanto sono migliorate le prospettive di un raffreddamento del mercato del lavoro e di un allentamento della crescita salariale, come abbiamo cercato di mettere in luce ieri. Questi rendimenti più bassi hanno sostenuto i rendimenti del mercato obbligazionario e una migliore performance del mercato azionario, poiché i principali indici azionari degli USA sono saliti la scorsa settimana, recuperando buona parte dei cali subìti in agosto.

Più in generale, anche dopo un modesto calo di circa il 2% in agosto, l’indice S&P 500 risulta in crescita di oltre il 17% su base annua. Di fatto i mercati finanziari sono stati in grado di scavalcare diversi muri di preoccupazione, tra cui l’incertezza sull’inflazione, la crescita degli utili e i dati economici. E tutto ciò ha sorpreso al rialzo.

Nei prossimi mesi ci aspettiamo un aumento della volatilità man mano che il mercato del lavoro si allenta e soprattutto mentre attraversiamo settembre e ottobre, mesi stagionalmente più difficili. Non escludiamo però che il graduale raffreddamento del mercato del lavoro potrebbe in definitiva offrire un catalizzatore importante per sostenere ulteriori guadagni dei mercati azionari e obbligazionari verso la fine dell’anno con una FED che possa finalmente farsi da parte e sospendere i rialzi dei tassi.

Nonostante l’assenza di indicazioni prospettiche da parte non solo della FED, ma anche della BCE, i mercati sposano l’idea di un atterraggio morbido. Scenario in cui l’inflazione viene portata al target e la crescita rallenta ma rimane positiva. Va precisato che storicamente, questa conclusione è rara dopo un ciclo di rialzi dei tassi della FED che si è quasi sempre concluso con una recessione.

Siamo piuttosto scettici sul fatto che questo scenario di goldilocks debba costituire il caso base. La crescita sta rallentando e il percorso discendente dell’inflazione potrebbe essere più ripido del previsto. Proprio come le principali banche centrali sono state in ritardo nel riconoscere che l’inflazione complessiva non era transitoria, ora potrebbero essere troppo lente nel riconoscere che l’inflazione e le aspettative di inflazione si stanno moderando rapidamente.

La retorica della FED, anche dopo Jackson Hole, rimane ancora aggressiva forse incoraggiata dai mercati del lavoro ancora tesi (nonostante i primi segnali di raffreddamento) e dalla robusta performance dei mercati finanziari. Tuttavia, invece di adeguare la politica monetaria per riflettere le mutevoli condizioni dell’inflazione, c’è il rischio che questa venga mantenuta troppo restrittiva per troppo tempo, causando tensioni in diversi settori dell’economia che potrebbero poi portare alla recessione.

La crisi bancaria, emersa con il crollo della Silicon Valley Bank a marzo, è stata attenuata ma non illudiamoci che sia stata sconfitta. Il disallineamento della durata determinato dall’inversione della curva dei rendimenti rimane una sfida per i bilanci bancari e, come la crisi USA di Savings & Loans iniziata negli anni ’80 e che ha richiesto anni per essere pienamente risolta, l’attuale crisi bancaria statunitense potrebbe essere prolungata dal mantenimento per troppo tempo di tassi elevati.

Sebbene la spesa dei consumatori ancora appaia forte, non mancano tuttavia i segnali di pressione. La SCE Credit Access Survey della FED di New York ha evidenziato che il tasso di rifiuto delle richieste di credito al consumo nel mese di giugno è salito al 21,8%, valore più alto degli ultimi cinque anni, mentre il tasso per i prestiti auto è stato il più alto da quando sono iniziate le registrazioni nel 2013. Questo è importante per due ragioni. La prima è che il segnale mostra che i creditori stanno diventando meno fiduciosi riguardo alle prospettive. La seconda è che la minore disponibilità di credito potrebbe portare ad un calo dei consumi e ad un’ulteriore pressione al ribasso sull’inflazione.

Investire in un contesto in cui l’inflazione potenzialmente decelera più rapidamente di quanto i politici monetari adattino la stessa, aumenta il rischio di recessione e richiede un approccio difensivo negli investimenti. Come conseguenza, continuiamo a privilegiare una duration non particolarmente elevata e la qualità del credito.

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