BCE: riuscirà a bilanciare inflazione e crescita economica?


La BCE ha bisogno di ulteriori conferme, prima di iniziare a tagliare i tassi ma più aspetta e più l’economia soffre

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Seconda lettura dell’inflazione YoY di febbraio della Francia alle 8:45 (stima 2.9% contro 3.1% di gennaio) e di quella YoY sempre di febbraio dell’Italia (stima 0.8%, invariato rispetto a gennaio). Alle 14:15 è attesa la produzione industriale USA MoM di febbraio (stima zero, contro -0.1% di gennaio) e alle 15:00 la fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan di marzo (stima 77.3 punti contro 76.9 di febbraio).

Nessuna sorpresa ieri dall’Inflazione dalla seconda lettura della Spagna YoY di febbraio che conferma il +2.8%. Sul fronte USA registriamo 209k richieste settimanali alla disoccupazione (contro 218k previste e 210k della scorsa settimana). Vendite al dettaglio di febbraio più deboli delle attese (+0.6% contro +0.8% atteso e -0.8% di gennaio). I prezzi alla produzione di febbraio, pari al +0.6%, risultano più elevati delle attese e del dato di gennaio (+0.3%). La maggiore crescita dei prezzi (CPI) di febbraio, letta alla luce della variazione dei prezzi alla produzione, significa che le imprese non sono disposte a ridurre i margini di profitto e preferiscono scaricare sui prezzi finali di vendita una larga parte dei maggiori costi. Ovviamente la notizia non è particolarmente positiva per la Fed.

Nelle principali economie avanzate si sono recentemente osservate alcune tendenze comuni per quanto riguarda l’inflazione. Quella complessiva è scesa bruscamente per un certo periodo, soprattutto a causa dell’allentamento dei vincoli di offerta, ma negli ultimi mesi è sembrata bloccata. L'inflazione core ha continuato a decelerare ma rimane comunque al di sopra dell'obiettivo del 2% delle banche centrali.

L’inflazione dei beni è quasi scomparsa, mentre quella dei servizi rimane troppo elevata. Il problema è che i servizi sono ad alta intensità di manodopera e i mercati del lavoro rimangono insolitamente tesi, con i salari che crescono più rapidamente dei prezzi. Queste tendenze si osservano negli Stati Uniti, nell’Eurozona e nel Regno Unito. In ognuno di essi si discute molto su quando le banche centrali inizieranno a tagliare i tassi di interesse.

La BCE, come noto, ha lasciato invariato il tasso di interesse di riferimento al livello storicamente elevato del 4,0% nell’ultimo meeting. Tuttavia, ha anche rivisto al ribasso le sue previsioni sull’inflazione quest’anno, segnalando così la probabilità che i tassi verranno abbassati nei prossimi mesi. Nel suo discorso la Lagarde, ha affermato che “stiamo facendo buoni progressi verso il nostro obiettivo di inflazione e di conseguenza siamo più fiduciosi. Ma non siamo sufficientemente fiduciosi. Abbiamo chiaramente bisogno di più prove e di più dati. Ne sapremo qualcosa di più ad aprile, ma ne sapremo molto di più a giugno.

E questo mi sembra piuttosto chiaro: più tempo aspetti, più ne sai. Ovviamente però più l’economia soffre e diventa difficile riportarla sul cammino di crescita potenziale. In altre parole, è vero che è pericoloso abbassare troppo presto i tassi, ma è altrettanto pericoloso tardare il loro taglio. Che ne dicano i noti falchi.

In Europa, come negli Stati Uniti, il più grande ostacolo alla riduzione dell’inflazione entro l’obiettivo del 2,0% è il mercato del lavoro e quello dei servizi. Sia in Europa che negli Stati Uniti, l’inflazione dei prezzi dei servizi rimane elevata. Inoltre, i servizi tendono ad essere ad alta intensità di manodopera. Pertanto, la BCE e le altre banche centrali stanno osservando attentamente le condizioni del mercato del lavoro.

La Lagarde ha detto che si concentrerà su di esso, per vedere se c’è conferma di ciò che si comincia a vedere, ovvero la moderazione sul fronte salariale e l’assorbimento di quei costi salariali più elevati da parte dei margini di profitto. Se l’inflazione salariale si attenuasse, la BCE sarebbe probabilmente disposta a tagliare i tassi di interesse prima piuttosto che dopo.

Lagarde ha indicato che la BCE non è tuttavia ancora pronta ad agire ma si sta avvicinando. Ha detto infatti che vorrebbe che tutto fosse più vicino all’obiettivo, che però non è ancora stato raggiunto. Ha precisato comunque che la BCE non necessariamente aspetterà di vedere che l’obiettivo del 2% è stato centrato prima di agire.

In risposta al discorso della Lagarde i rendimenti obbligazionari sono scesi modestamente. Evidentemente gli investitori non sono rimasti sorpresi dai fatti e dalle parole del presidente. Ed è chiaro che la persistenza dell’inflazione dei servizi ha portato molti investitori a ritenere che le banche centrali aspetteranno un po’ più a lungo del previsto prima di avviare la normalizzazione dei tassi di interesse.

Per la BCE, la situazione attuale comporta un delicato atto di bilanciamento. L’economia dell’Eurozona è debole, con la Germania in recessione e con una crescita molto modesta negli altri principali paesi. Più a lungo la politica monetaria resta restrittiva, più è probabile che indebolisca ulteriormente l’economia. Nel frattempo, l’inflazione è in calo ma non è ancora al livello desiderato dalla BCE.

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