BCE taglia i tassi, ma il vero problema rimane la FED


Secondo Tognoli, al di là dei dati, il ritmo dei tagli dei tassi della BCE dipenderà da quello della Fed. Nel caso in cui per esempio la Fed non tagliasse affatto i tassi quest'anno, sarà difficile prevedere ulteriori due tagli della BCE.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Seconda lettura del PIL dell’Europa QoQ del 1Q24 che non dovrebbe riservare sorprese rispetto al +0,3% (-0,1% nel 4Q23) noto in uscita alle 11:00. Alle 14:30 è invece il turno dell’importante tasso di disoccupazione USA di maggio, che si prevede invariato al 3,9% rispetto ad aprile.

Economia Italiana che comincia a mostrare i primi segnali di cedimento con le vendite al dettaglio MoM di aprile che sono diminuite dello 0,1% (+0,3% le attese e -0,2% in marzo). Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’Europa, dove le vendite al dettaglio MoM di aprile hanno subìto una flessione dello 0,5% (+0,2% le attese e +0,7% in marzo).

In crescita le richieste settimanali USA alla disoccupazione (229k contro 220k attese e 221k della scorsa settimana). Più bassa delle attese la produttività USA del 1Q24 (+0,2% contro +0,3% atteso) che risulta in forte flessione rispetto al +3,5% di 4Q23.

Come era nelle attese, con una decisone all’unanimità meno uno, ieri la BCE ha tagliato i tassi di interesse di 25 bp. Il tasso sui rifinanziamenti principali scende quindi dal 4,50% a 4,25%, quello sui depositi dal 4% al 3,75%, e quello sui prestiti marginali dal 4,75% al 4,50%. Il taglio avviene nonostante esistano ancora forti pressioni sui prezzi che faranno probabilmente rimanere l’inflazione al di spora dell’obiettivo del 2% per gran parte del 2025. Quello di ieri è il primo taglio in 5 anni e il primo taglio del tasso principale dal 2016.

Nel corso della conferenza stampa la Lagarde ha tenuto tuttavia a sottolineare che quello della BCE, non sarà un percorso lineare, ma accidentato. Sulla strada dell’allentamento monetario è infatti possibile che ci saranno vari scossoni, alcuni dei quali prevedibili, ma altri possono arrivare a sorpresa.

Nel suo comunicato al termine del meeting, la BCE ha spiegato di avere deciso di tagliare i tassi di 25 punti dal momento che sulla base di una valutazione aggiornata delle prospettive di inflazione, della sua dinamica di fondo e dell'intensità della trasmissione della politica monetaria, ora opportuno moderare il grado di restrizione della politica monetaria dopo nove mesi di tassi di interesse invariati. La politica monetaria ha infatti mantenuto restrittive le condizioni di finanziamento, frenando la domanda aggregata tanto da consentire alle aspettative di inflazione di assumere una dinamica disinflazionistica.

La narrazione sulle prossime mosse della BCE non cambia: continueranno ad essere guidata dai dati. La BCE resta dunque prudente e non si sbilancia. Le sue decisioni sui tassi di interesse continueranno quindi ad essere basta sulla valutazione delle prospettive di inflazione alla luce dei dati economici e finanziari in arrivo, della dinamica dell'inflazione sottostante e della forza della trasmissione della politica monetaria. Il Consiglio direttivo non si è quindi impegnato a seguire un particolare percorso dei tassi. Crediamo che questo significhi che nel meeting del 18 luglio prossimo la BCE lascerà invariati i tassi di interesse.

La nostra convinzione si basa anche sulla revisione al rialzo dell’inflazione da parte degli economisti di Francoforte, che precisano che malgrado i progressi degli ultimi trimestri, persistono forti pressioni interne sui prezzi poiché la crescita delle retribuzioni è piuttosto elevata. Gli analisti dell'Eurosistema hanno quindi rivisto al rialzo l'inflazione complessiva e quella di fondo per il 2024 e il 2025 rispetto alle proiezioni di marzo: al 2,5% (dal 2,3% di marzo) nel 2024, al 2,2% (dal 2% di marzo) nel 2025 e all'1,9% (invariato) nel 2026. L'inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porterebbe in media al 2,8% nel 2024, al 2,2% nel 2025 e al 2,0% nel 2026. Le stime indicano anche un aumento della crescita economica allo 0,9% (dallo 0,6% di marzo) nel 2024, all'1,4% (dall’1,5% di marzo) nel 2025 e all'1,6% (invariato) nel 2026.

A seguito delle parole della Lagarde e della revisione al rialzo dell’inflazione, gli investitori hanno ridotto le loro aspettative sui tagli dei tassi, scontandone ora solo un altro per il resto dell'anno. I dati più forti del previsto sull’inflazione, sui salari e sull’attività economica hanno infatti alimentato i timori di un ultimo miglio più difficile verso l’obiettivo della BCE (preoccupazione espressa dall’influente membro del consiglio Isabel Schnabel). L’inflazione nei servizi particolarmente rilevante e che riflette la forte domanda interna, ha infatti destato particolare preoccupazione dopo un aumento al 4,1% a maggio dal 3,7% del mese precedente.

Allo stesso tempo però, un rimbalzo della crescita ha anche ridotto l’urgenza per la BCE, minando la tesi secondo cui i tassi elevati stiano soffocando l’attività economica.

Ma il vero problema rimane la Fed e la possibilità che avvii o ritardi ulteriormente il proprio ciclo di allentamento. Una Fed più restrittiva significherebbe probabilmente un euro più debole e un’inflazione importata più elevata per la zona euro ma aumenterebbe anche i rendimenti sui mercati obbligazionari globali, un doppio smacco il cui effetto netto è difficile da prevedere.

Siamo quindi convinti che, al di là dei dati, il ritmo dei tagli dei tassi della BCE dipenderà da quello della Fed. Nel caso in cui per esempio la Fed non tagliasse affatto i tassi quest'anno, riteniamo difficile prevedere ulteriori due tagli della BCE.

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