BCE, troppo colomba nella lotta all’inflazione


Per Tognoli la BCE è stata troppo colomba nella lotta all’inflazione: con il ritmo di aumento dei tassi e la riduzione del bilancio più o meno fissati, la BCE ha dovuto rivedere significativamente al rialzo le aspettative di inflazione, che ora sono dell’8,4% per il 2022, del 6,3% per il 2023, del 3,4% per il 2024 e del 2,3% per il 2025.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Revisione dei prezzi al consumo YoY di novembre dell’Europa alle 11:00 che dovrebbero confermare le anticipazioni (10%) e PMI composito USA di dicembre alle 15:45 (stima 47 punti contro 46,4 di novembre).

Ieri le vendite al dettaglio USA MoM di novembre sono scese di più delle stime (0,6% contro -0,1% atteso), le richieste dei sussidi alla disoccupazione WoW sono risultate più basse delle stime (211k contro 230k attese) così come il PhillyFed di dicembre (-13,8 punti contro -10 atteso).

Ieri la Bce ha aumentato i tassi di interesse di 50 bp, così come il mercato si aspettava, portando il costo delle operazioni di rifinanziamento principale al 2,5%, di rifinanziamento marginale al 2,75% e sui depositi presso la banca centrale al 2%.

Nel suo discorso la Lagarde ha ribadito come l’inflazione resti ancora troppo elevata e, secondo le proiezioni, è atteso che si mantenga superiore all’obiettivo per un periodo di tempo prolungato. Motivo questo per il quale sono necessari altri rialzi di 50 bp per un certo periodo di tempo al fine di assicurare un ritorno dell’inflazione nell’intorno dell’obiettivo del 2%.

Inoltre, a partire dagli inizi di marzo 2023, il portafoglio del Programma di Acquisto di Attività (PAA) sarà ridotto a un ritmo misurato e prevedibile, in quanto l'Eurosistema reinvestirà solo in parte il capitale rimborsato sui titoli in scadenza. Il ritmo di tale riduzione sarà pari in media a 15 miliardi di euro al mese sino alla fine del secondo trimestre del 2023 e verrà poi determinato nel corso del tempo.

Crediamo che per avvicinare velocemente l’inflazione all’obiettivo del 2% e darle così meno possibilità di infiltrarsi in tutte le principali dinamiche economiche, sarebbe stato meglio dare un segnale più forte, alzando i tassi di ulteriori 75 bp. Oppure cominciare prima di marzo 2023 la riduzione del bilancio e/o per ammontari superiori.

Con il ritmo di aumento dei tassi e la riduzione del bilancio più o meno fissati, la BCE ha dovuto rivedere significativamente al rialzo le aspettative di inflazione, che ora sono dell’8,4% per il 2022, del 6,3% per il 2023, del 3,4% per il 2024 e del 2,3% per il 2025. Per la prima volta, inoltre, la Lagarde ha fatto cenno ad “una recessione relativamente breve e poco profonda” fra il quarto trimestre del 2022 e il primo del 2023. Le nuove stime indicano una crescita del PIL del 3,4% nel 2022, dello 0,5% nel 2023, dell’1,9% nel 2024 e dell’1,8% nel 2025.

I principali punti di discussione dei mercati sono sostanzialmente due. Il primo, la BCE sta facendo la sua parte alzando i tassi per stroncare l’inflazione ma, come noto, può agire solo una parte della stessa, ovvero quella che dipende dai consumi. Alzare quindi i tassi ha come risultato principale quello di ridurre i consumi e gli investimenti e per questa via la crescita dei prezzi. Ma proprio perché gli effetti dell’aumento dei tassi sono contenuti, un loro maggiore aumento avrebbe ridotto maggiormente i consumi e per questa via l’inflazione. Il sistema economico andrà comunque in recessione anche con 50 bp di rialzo e la BCE sarà costretta per l’ennesima volta a rivedere le stime del PIL al ribasso. Assomiglia molto alla gestione delle comunicazioni dei ritardi delle partenze negli aeroporti, comunicati ogni mezz’ora.

Il secondo motivo riguarda l’altra metà dell’inflazione, ovvero i costi. Qui è clamorosa la litigiosità dei governi di fronte ad un problema comune, l’inflazione appunto, quasi a voler segnalare che è peggio avere un tetto al prezzo del gas, piuttosto che una elevata crescita dei prezzi. Va da sè che l’accordo farebbe immediatamente flettere l’inflazione a vantaggio di tutti. Il non accordo fornisce benzina agli speculatori.

Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, si potrebbe supporre che la BCE si aspetti che a breve verrà firmato un accordo e quindi abbia preferito non infierire troppo sulla crescita economica. Vedremo.

E gli investimenti nei momenti di crescita stanca o recessione economica? L’incertezza genera opportunità: restare in attesa comporta dei rischi, ma muoversi nell’incertezza richiede abilità. La prima cosa da riconoscere è che la crescita globale sincronizzata e la soppressione artificiale del costo del capitale hanno gonfiato eccessivamente i prezzi degli asset. Questo periodo si è ora definitivamente concluso e il 2022 potrebbe essere ricordato nei libri di storia del mercato finanziario come l’anno in cui abbiamo iniziato a pagare il prezzo di un decennio di eccessi.

La seconda cosa è riconoscere che difficilmente la situazione migliorerà nell’immediato, ma come investitori siamo chiamati a ottimizzare costantemente la nostra asset allocation per bilanciare rischio e rendimento.

Con la recessione in atto o attesa in gran parte del mondo sviluppato l'azionario sarà messo a dura prova, ma crediamo che possa comunque offrire numerose opportunità per gli investitori. L’inusuale stretta correlazione tra azioni e obbligazioni, il cui rendimento è risultato negativo nel 2022, dovrebbe attenuarsi e ciò significa che gli investitori multi-asset potranno riprendersi da quello che è stato un anno particolarmente difficile.

Quindi strategia di portafoglio orientata ad azioni di qualità, ovvero in grado di aumentare la cassa anche in periodi di recessione, market leader nel proprio settore di riferimento e con una redditività mediamente più elevata e sostenibile rispetto ai competitors.

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