Bolla IA? Le opportunità sui mercati

Bolla IA? Le opportunità sui mercati

Con il dibattito aperto sulla vigilia di un possibile cambio di tendenza e a un aumento del rischio di correzioni sui tech, il mercato offre opportunità di investimento da ricercare nel settore.

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Bolla o non bolla per l'lA?

Il dibattito è aperto da diverso tempo: siamo alla vigilia dello scoppio della bolla dell’intelligenza artificiale? Secondo gli esperti ci sono alcuni segnali che puntano verso un possibile cambio di tendenza e a un aumento del rischio di correzioni sui tech.

Per Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia, tra i segnali emersi di recente che punterebbero ad una bolla c’è l’acquisto di opzioni put su Nvidia e Palantir da parte di Michael Burry, celebre investitore che anticipò la crisi dei subprime del 2008, scommettendo così su un possibile calo delle quotazioni nelle prossime settimane.

Altri driver sono la fragilità del settore dell’IA e la sostenibilità degli investimenti. “Fino a pochi mesi fa, per misurare la ‘salute’ dell’IA si guardava soprattutto alla dimensione dei capex”, sottolinea Diodovich, mentre “dalle ultime trimestrali, invece, l’attenzione degli investitori è tornata su margini e monetizzazione degli investimenti: alcune società hanno iniziato a mostrare ricavi IA tracciabili e miglioramento dell’operating leverage, altre faticano ancora a costruire un revenue bridge credibile”.

“Un elemento che il mercato digerisce sempre meno è l’aumento del debito corporate per finanziare la corsa all’IA. Il caso Oracle viene citato spesso: leva in crescita per sostenere il posizionamento nella potenza di calcolo dei data center, aggiunge l’esperto, citando anche le “debolezze di OpenAI, che in caso non riuscisse a monetizzare gli enormi investimenti, potrebbe far partire un effetto domino capace di travolgere altre aziende”.

Secondo IG “ci sono elementi per parlare di bolla e si intravedono primi segnali di debolezza. Detto ciò, alcune trimestrali — Alphabet e Amazon in primis — hanno mostrato che l’IA può spingere davvero i ricavi grazie all’espansione del cloud. Nel breve ciò può sostenere ulteriori segmenti rialzisti; nel medio periodo ci aspettiamo però correzioni rilevanti, complice l’ipercomprato accumulato negli ultimi mesi”.

In sintesi, per IG “la bolla IA non è ancora scoppiata. I conti di Amazon e Alphabet indicano monetizzazione reale; ma si intravede una mini-bolla nei capex: dove mancano KPI di monetizzazione, il mercato corregge (es. Meta) o diventa più esigente (Microsoft). La cartina di tornasole sarà Nvidia il 19 novembre: se la catena del valore (chip → cloud → applicazioni) regge nei numeri e nella guidance, il trend può ripartire verso nuovi massimi. In caso contrario, è plausibile un repricing degli eccessi di spesa”.

Da slancio a bolla?

Kristofer Barrett, Head of Global Equities di Carmignac, ha osservato che all’interno del segmento IA ci sono “segnali contrastanti: da un lato avvisaglie di bolla speculativa, dall’altro opportunità reali. Troviamo società non ancora profittevoli, valutate su promesse molto ambiziose. Un fenomeno accelerato poche settimane fa dal tour mondiale del CEO di OpenAI, che ha alimentato la frenesia sull’intelligenza artificiale con una raffica di annunci su nuovi prodotti e partnership".

"Per alcune di queste società, gran parte delle notizie di oggi incorpora già aspettative su sviluppi previsti tra tre anni: in pratica, gli investitori stanno anticipando le narrazioni future, riducendo di conseguenza il potenziale di rendimento prospettico. Inoltre, negli ultimi tempi emergono segnali di stress nel mercato del debito privato, con il rischio di indebolire i segmenti più indebitati del settore tecnologico”, aggiunge.

Utili in discesa: ma per quanto ancora?

Somesh Batra, tech analyst di Carmignac, sottolinea come gli ultimi risultati trimestrali abbiano “nuovamente superato le aspettative, in particolare per i grandi nomi dell’IA come Nvidia, Microsoft, Alphabet e Amazon, con ricavi in crescita a doppia cifra e utili per azione in aumento ancora più rapido”.

Una crescita “esponenziale” che “riflette il boom della domanda computazionale: la generazione di ‘token’ – un indicatore dell’uso di capacità di calcolo – sta raddoppiando circa ogni due mesi. Dopo la fase di pre-training dello scorso anno, in cui l’IA ha assimilato e generalizzato i dati umani disponibili, nel 2025 i modelli sono stati ‘affinati’ per diventare esperti nei diversi settori di applicazione, dal coding all’assistenza clienti. Questo salto di qualità ha fatto impennare l’engagement degli utenti e il fabbisogno computazionale”, prosegue l’esperto.

“Considerato però che i data center richiedono anni per essere costruiti, l’offerta non riesce a tenere il passo con la domanda, generando vincoli di capacità e maggiore potere di prezzo lungo tutta la filiera IA. Il risultato: i margini crescono più dei ricavi, sostenendo l’eccezionale espansione degli utili osservata nel settore”, aggiunge.

Per il prossimo anno, Batra sottolinea che “gli investimenti IA-related dei quattro hyperscaler statunitensi (Amazon, Microsoft, Alphabet e Meta) sono attesi in rallentamento – una normalizzazione salutare dopo due anni di ipercrescita – pur mantenendosi su livelli elevati (+30% nel 2026). Questa spesa sostenuta continua a supportare l’intera catena del valore tecnologico, mentre una crescita più disciplinata del CapEx può rafforzare la generazione di cassa delle big tech”.

Le opportunità

Gli analisti di Carmignac invitano a non sottovalutare le opportunità provenienti dall’Asia, “soprattutto guardando all’intera catena del valore dell’IA”, alla luce del ruolo di Taiwan nella produzione dei chip più avanzati al mondo, pari al 90%.

Tra i fornitori upstream di materiali essenziali per la catena dell’IA, gli esperti individuano Elite Material, la quale “occupa una posizione unica come produttore all’avanguardia di laminati in rame usati per chip e circuiti stampati. L’azienda si è affermata come fornitore strategico, grazie alla combinazione di scala, specializzazione e tecnologia brevettata, in un segmento ad alta barriera d’ingresso”.

Sempre in Asia, “tutte le strade portano a TSMC”, afferma Barrett, spiegando che, se “nel recente accordo tra OpenAI e Microsoft le GPU che alimentano i modelli IA sono fornite da Nvidia, ma è TSMC a produrle. Allo stesso modo, i processori TPU di Google, progettati con Broadcom, dipendono dalla capacità produttiva di TSMC. Questa concentrazione rende TSMC al tempo stesso un nodo critico e un punto strategico dell’intera supply chain dell’intelligenza artificiale”.

“Oltre ai chip logici, vincoli simili si osservano nel segmento della memoria. Le High Bandwidth Memory (HBM), fondamentali per l’addestramento e l’esecuzione dei grandi modelli IA, sono prodotte solo da pochi fornitori, come SK Hynix in Corea del Sud. I rendimenti restano bassi e la capacità produttiva limitata, frenando ulteriormente le prestazioni e la scalabilità dei sistemi. In sintesi, i colli di bottiglia indicano dove emergerà la prossima ondata di crescita e investimento”.

Nel settore dei software, la maggior parte delle aziende, fatta eccezione per quelle infrastrutturali, ha sofferto per i timori legati alla disruption derivante dall’IA. “Tuttavia, i fondamentali non confermano questo scenario”.

Per Carmignac, “Salesforce ha rallentato la crescita, ma resta in territorio positivo e, con un rendimento da free cash flow del 5%, mantiene una forte redditività”.

“Allo stesso modo, società come Atlassian e GitLab, che forniscono strumenti per sviluppatori, hanno subito forti correzioni nonostante svolgano ancora funzioni essenziali. Anche con l’adozione dell’IA, gli sviluppatori continueranno ad aver bisogno di repository di codice, piattaforme di collaborazione e strumenti di project management. In sintesi, il rischio di disruption appare sovrastimato: crediamo che le software company dispongano di ampio spazio per sfruttare l’IA come fattore abilitante, non come minaccia”, concludono da Carmignac.

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