Caffè, il mercato attende le mosse Usa, coffee break per il prezzo del chicco?

14/11/2025 14:30
Caffè, il mercato attende le mosse Usa, coffee break per il prezzo del chicco?

Il caffè è tra le materie prime più dinamiche del 2025, con l’Arabica in forte ascesa e la Robusta in recupero dopo un lungo mercato ribassista. Ecco i fattori che hanno alimentato il rally e quelli che potrebbero innescare una fase di correzione, tra dazi, scorte ridotte, shock meteorologici e dichiarazioni politiche capaci di invertire i trend nel giro di poche ore.

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Domina la forza con un equilibrio sempre più fragile

In un anno segnato dalla corsa dell’oro, dalle discussioni sulla possibile bolla dell’intelligenza artificiale e dal ritorno dei listini europei sui massimi con il Ftse Mib italiano oltre quota 44.000 punti, è il caffè ad aver sorpreso per intensità e continuità del movimento.

L’Arabica, quotata sul contratto del Bovespa, segna un rialzo del 20% da inizio anno. Per il terzo anno consecutivo, spiega Gabriel Debach, market analyst di eToro, la commodity conferma una resilienza superiore a molte asset class tradizionali, pur mantenendo un percorso tutt’altro che lineare.

Il massimo dell’anno, toccato il 13 febbraio, ha lasciato spazio a una lunga fase correttiva durata 96 sedute, con un calo complessivo del 35%. L’equilibrio, spiega Debach, si è però spostato nuovamente da agosto con l’entrata in vigore, dal 1° del mese, dei dazi del 50% imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni di caffè brasiliano. Una scelta con impatto diretto sul principale esportatore mondiale verso il mercato americano: solo nel 2024 gli Usa avevano acquistato dal Brasile oltre 8,1 milioni di sacchi da 60 kg, pari a un terzo del consumo totale.

Dal 7 luglio il mercato ha invertito direzione, mettendo a segno un rimbalzo del 40% in 93 sedute, sostenuto da un’offerta rigida e da scorte certificate in rapido calo. A ottobre, secondo i dati dell’ICO, le riserve di Arabica a New York erano scese a 470 mila sacchi, in flessione del 24% mensile, mentre le scorte di Robusta a Londra ammontavano a 1,01 milioni, in diminuzione del 6,2%.

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La divergenza tra Arabica e Robusta

La Robusta ha seguito un ciclo molto diverso. Dopo i massimi di febbraio, spiega Debach, è entrata in un mercato ribassista di 109 sedute, perdendo il 45% fino al 21 luglio. Il recupero successivo, pari al 37%, non è bastato a riportare i livelli di inizio anno, con un bilancio ancora negativo intorno al 10%.

La distanza tra le due varietà ha ampliato lo spread storico a favore dell’Arabica, tornato sui massimi triennali. Il contesto produttivo, osserva Debach, contribuisce a spiegare questa divergenza. Il Coffee Market Report di ottobre dell’ICO stima per la stagione 2024/25 una produzione mondiale di 177,5 milioni di sacchi, in crescita del 5,2%, contro consumi pari a 175 milioni (+1,4%).

Il surplus tecnico di 2,4 milioni di sacchi non basta però a compensare le carenze strutturali generate nel 2024 da eventi meteorologici estremi, dalle conseguenze dell’uragano Melissa in America Centrale al tifone Kalmaegi nel Sud-Est asiatico, fino alla scarsa piovosità nelle aree brasiliane più produttive.

Un ulteriore segnale, si legge nel report di eToro, arriva dai dati del Cecafé, che confermano il marcato rallentamento del Brasile. Tra gennaio e ottobre le esportazioni sono state pari a 33,28 milioni di sacchi, in calo del 20% rispetto allo stesso periodo del 2024. Solo ottobre ha segnato 4,14 milioni di sacchi, contro i 5,18 milioni dell’anno precedente.

Il vuoto lasciato dal Brasile ha trovato parziale compensazione nel maggiore contributo dell’Asia, con il Vietnam che ha aumentato le esportazioni del 13,4% nei primi dieci mesi dell’anno e dovrebbe raggiungere nella stagione 2025/26 una produzione di 1,76 milioni di tonnellate, pari a 29,4 milioni di sacchi, il livello più alto degli ultimi quattro anni.

Le piogge abbondanti di novembre nello stato brasiliano di Minas Gerais, pari al 160% della media storica, hanno momentaneamente alleviato i timori di siccità, ma la loro intensità ha spinto gli operatori a ricalibrare le aspettative, interpretando la notizia come fattore ribassista nel breve termine.

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La correzione dopo le dichiarazioni politiche

La vera svolta, sottolinea Debach, si è manifestata nella seduta del 12 novembre, quando i contratti futures hanno subito una correzione improvvisa dopo le dichiarazioni del presidente Trump.

L’Arabica ha chiuso in calo del 4,84%, la Robusta del 5,46%, toccando i minimi di due settimane. Le vendite sono iniziate dopo l’annuncio dell’intenzione di ridurre alcune tariffe sul caffè ed esplose quando il segretario al Tesoro, Scott Bessent, ha anticipato “sostanziali novità nei prossimi giorni” sui prodotti agricoli non coltivati negli Stati Uniti, tra cui il caffè.

La reazione ha interrotto un rally di tre giornate consecutive, durante il quale l’Arabica aveva guadagnato quasi il 7%, e ha spinto molti trader a chiudere le posizioni più speculative, scontando l’ipotesi di un incremento dei flussi globali.

Impatto sugli utili aziendali e ricadute sull'inflazione

Il rialzo dei prezzi ha già lasciato tracce significative nei conti delle aziende. Nella conference call del 29 ottobre, la CFO di Starbucks, Cathy Smith, ha segnalato un calo di 500 punti base del margine operativo, spiegando che l’impatto era “guidato principalmente dall’inflazione, trainata dai prezzi del caffè e dai dazi”.

Dutch Bros ha indicato che “i costi del caffè rimarranno elevati fino al 2026”, con un peggioramento di 60 punti base nel margine operativo. Le dinamiche, spiega Debach, hanno creato invece condizioni più favorevoli per aziende come Nestlé, Keurig Dr Pepper e JM Smucker, che hanno tratto sollievo da una domanda ancora sostenuta e da un diverso posizionamento lungo la filiera.

In Italia, i dati dell’Osservatorio MIMIT confermano l’impatto diretto sull’intero sistema produttivo: a Milano, il caffè tostato ha registrato a settembre una quotazione media di 19,54 euro al chilo, contro i 14,33 euro di gennaio, con un incremento del 36%.

Questo ciclo, conclude Debach, ribadisce come la filiera del caffè sia entrata in una fase in cui tensioni globali, volatilità climatica e interventi politici convergono in modo sempre più rapido sui prezzi finali, chiudendo il cerchio tra mercati internazionali e consumi domestici.

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