I tech cinesi sono sui minimi degli ultimi anni, con perdite quasi catastrofiche, eppure stiamo parlando di colossi che hanno trovato un ostacolo enorme nella loro crescita: la grande Muraglia cinese ovvero una politica contraria allo strapotere dei tech e dei suoi imprenditori.
Il cambiamento però è nell’aria ed è favorito da fattori esterni, tanto che per Xi Jinping, l’alleanza con i tech non è più un’opzione ma un'arma l’unica via per attuare il suo programma di ottenere il primato mondiale cinese sulla tecnologia.
La questione è diventata non più rimandabile da quando gli Stati Uniti hanno messo il divieto all’export di chip ad alta tecnologia verso la Cina, ufficialmente per non aiutare il settore della difesa cinese che ha fame di chip americani. Di fatto per mettere i bastoni fra le ruote a un settore determinate per la crescita e supremazia del futuro, dall’intelligenza artificiale, alla gestione dei dati alle connessioni, all’informatica.
Pechino lo sa, e durante il suo discorso Xi Jinping, all’apertura del XXesimo congresso del partito comunista cinese, ha promesso ingenti investimenti nel comparto per diventare indipendenti dall'estero.
Investimenti che non possono prescindere dal coinvolgimento delle big tech che in Cina assomigliano a Holding che abbracciano ogni settore tecnologico, da internet alle comunicazioni, ai software e, che negli ultimi anni, hanno cambiato strategia investendo nella produzione in house di chip e hardware per l’intelligenza artificiale.
L’obiettivo di questo certificato è quello di offrire la possibilità di esporsi a questo segmento con una barriera molto profonda il 60% e una durata di tre anni per puntare sulla tenuta e/o ripresa di un settore indispensabile per il futuro della Cina.
Di seguito un grafico che mostra l’andamento in Borsa dei tre sottostanti e il loro forte crollo che ha permesso di fissare livelli iniziali a prezzi storicamente molto bassi.
Di seguito una tabella che mostra i dati di riferimento del certificate aggiornata al 19 ottobre 2020.