Che Italia eredita il nuovo Governo


Per Tognoli la direzione che dovrà prendere il nuovo governo è piuttosto ben definita: dare forma e concretezza al PNRR, in assenza del quale l’Italia sarebbe in recessione.

A cura di Antonio Tognoli Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso CFO Sim


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Indice IFO in uscita oggi alle 10:00 (stima 87 punti contro 88,5 di agosto).

Prima di capire le implicazioni economiche del risultato elettorale che avremo tempo e modo di valutare, vediamo l’Italia che si troverà di fronte il nuovo governo. Per cominciare è un’Italia che, secondo le stime della Commissione Europea, ha visto andare in fumo circa 30-35 miliardi di euro di PIL a causa della guerra in Ucraina. Che significa una riduzione della crescita prevista per il 2022 al 2,5 - 2,7% circa (dal 4% precedente).

Nel 2023, grazie unicamente agli investimenti previsti dal PNRR, sempre secondo la Commissione, il PIL potrebbe crescere dell’1,9%. Considerato che a regime il PNRR vale 2,1 punti percentuali di PIL, significa che in assenza di questo l’Italia sarebbe in recessione. Il trend dell’occupazione non può non subire il rallentamento dell’attività economica. Alla crescita dell’1,9% stimata dalla Commissione, è previsto che l’occupazione possa raggiungere i livelli pre-pandemia solo a fine 2023: il tasso di disoccupazione è previsto scendere all’8,9% entro il 2023. Va da se che lo stesso è destinato ad essere maggiore in mancanza totale o parziale degli investimenti connessi al PNRR. E veniamo al debito pubblico, sceso nel 2021 al 150,8% del PIL dal 155,3% del 2020. La Commissione prevede una flessione nel 2023 al 146,8% (da verificare soprattutto in funzione della crescita prevista e del maggiore costo dovuto ai maggiori interessi sul debito).

Da questi pochi dati si capisce quanto sia vitale e strategico dare forma e concretezza al PNRR. Non facciamo fatica a definirlo il new deal.

A nostro avviso il 2023 potrebbe tuttavia essere peggiore di quello stimato dalla Commissione, per via della forte flessione del reddito reale disponibile che inevitabilmente è atteso contrarre i consumi (Il sole 24 Ore di venerdì scorso riporta che 2 Italiani su 3 hanno tagliato i consumi di energia e il 57% lo shopping). Non facciamoci ingannare dal costante aumento dei risparmi privati che riguarda soprattutto le famiglie più ricche, meno propense al consumo.

Dulcis in fundo, da ricordare che le infrazioni dell’Europa nei confronti dell’Italia al luglio di quest’anno sommavano a 85 di cui 58 per violazione del diritto dell’Unione e 27 per mancato recepimento di direttive. Questa a grandi linee è l’Italia che eredita il vincitore delle elezioni.

Non mi sembra che il prossimo governo abbia molti spazi di discrezionalità. La direzione è piuttosto ben definita, soprattutto per le condizioni da soddisfare per avere accesso ai finanziamenti del PNRR.

Da questo punto di vista i mercati finanziari sono interessati ad un governo che governi e che consenta una stabilità politica per i prossimi anni, proprio per dare corso agli investimenti necessari a stabilizzare il paese. Spesso gli investitori, soprattutto quelli esteri, si sono allontanati dal paese individuando nello stesso un rischio politico elevato e crescente. Maggior rischio percepito significa maggior rendimento richiesto, che può essere soddisfatto solo comprando a prezzi più bassi. Motivo questo che spiega in parte i più bassi ratios ai quali trattano i titoli italiani rispetto a quelli degli altri paesi europei.

Le cose da fare non hanno colore politico, sono semplicemente cose da fare. Vorrei chiudere con la citazione di una celebre frase del teologo statunitense James Freeman Clarke: politico è qualcuno che pensa alle prossime elezioni, mentre lo statista pensa alla generazione futura. Il politico pensa al successo del suo partito, lo statista al bene del suo Paese.

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