Cresce il numero degli analisti che considera la diversificazione un miraggio

17/12/2025 07:15
Cresce il numero degli analisti che considera la diversificazione un miraggio

La trasformazione economica delle mega forze sembra aver messo in discussione i metodi tradizionali di diversificazione del portafoglio. Secondo diversi analisti una quota crescente dei rendimenti azionari statunitensi è legata a un unico fattore comune

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM

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Indice IFO di dicembre in uscita oggi alle 10:00 (stima 88,5 punti contro 88,1 di novembre) e seconda lettura dell’inflazione dell’Europa YoY di novembre che è attesa in linea con il +2,2% (da +2,1% di ottobre) della prima lettura.

Scende al +1,1 (dal +1,2% di ottobre) la seconda lettura dell’inflazione YoY dell’Italia di novembre, merito della deflazione (-0,2%) mensile. Cresce ben oltre le aspettative lo ZEW di dicembre (45,8 punti contro 38,4 atteso e 38,5 di novembre).

Ancora in flessione la manifattura dell’Europa in dicembre il cui PMI risulta pari a 49,2 punti (da 49,6 di novembre), così come scendono i servizi, il cui PMI risulta pari a 52,6 punti (da 53,6 di novembre).

Crescono gli occupati non agricoli in USA a novembre (64k contro 50k attesi e -105k in ottobre) e cresce al 4,6% il tasso di disoccupazione di novembre (4,5% le attese e 4,4% in ottobre). L'occupazione è aumentata nel settore sanitario e edilizia, mentre il governo federale continuava a perdere posti di lavoro. A novembre, sia il tasso di partecipazione alla forza lavoro (62,5%) sia l'occupazione-popolazione rapporto (59,6%) è rimasto pressoché invariato rispetto a settembre. Queste misure hanno mostrato pochi o nessun cambiamento nel corso dell'anno.

In leggera flessione il PMI manifatturiero di novembre (51,8 punti contro 52 atteso e 52,2 di ottobre), che si mantiene tuttavia al disopra della soglia dei 50 punti. Scende anche il PMI servizi (52,9 punti contro 54 atteso e 54,1 di ottobre) e contribuisce a raffreddare la crescita dei prezzi dei servizi.

La trasformazione economica delle mega forze sembra aver messo in discussione i metodi tradizionali di diversificazione del portafoglio. In questo contesto, gli sforzi per diversificare, allontanandosi dagli Stati Uniti o dalla mega forza dell'intelligenza artificiale, si sono tradotti in crescenti investimenti attivi rispetto al passato. Secondo diversi analisti infatti, dopo aver tenuto conto dei fattori che tipicamente spiegano i rendimenti azionari, una quota crescente dei rendimenti azionari statunitensi è legata a un unico fattore comune. E sono sempre di più quelli che ritengono che la diversificazione del portafoglio sia un miraggio. E prendono come esempio l'impennata dei rendimenti obbligazionari dei mercati sviluppati nelle ultime settimane che rafforzerebbe l’opinione che i diversificatori tradizionali, come le obbligazioni a lungo termine, non offrano più la zavorra di portafoglio di un tempo.

L'impennata dei rendimenti obbligazionari a lungo termine è dovuta in parte alle crescenti preoccupazioni del mercato per la politica fiscale accomodante e il deterioramento delle prospettive di bilancio. I rendimenti obbligazionari giapponesi a 30 anni hanno raggiunto massimi storici all'inizio di questo mese e sono aumentati di oltre 100 punti base quest'anno. L'ultimo rialzo è stato innescato da un pacchetto di spesa fiscale del governo giapponese, nonché dalla segnalazione di un potenziale aumento dei tassi da parte della Banca del Giappone. Anche le banche centrali di Australia e Canada hanno cambiato tono sui tassi, segnalando la fine dei tagli o la possibilità di un rialzo.

È chiaro che gli investitori si domandano se si vada verso una disconnessione della politica monetaria globale. Dal nostro punto di vista, riteniamo che la disconnessione degli Stati Uniti con le altre banche centrali rappresenti un rischio per il prossimo anno. Gli Stati Uniti presentano una crescita e un'inflazione più solide degli altri paesi, ma stanno assumendo una posizione più accomodante, mentre queste economie si trovano ad affrontare dati più deboli con banche centrali più aggressive.

Vediamo già la Fed tendere a essere troppo accomodante, nonostante le divisioni tra i suoi responsabili politici (lo abbiamo visto nell’ultimo meeting della Fed dove il suo doppio mandato non giustificava una riduzione dei tassi). I rendimenti dei titoli del Tesoro a lungo termine possono aumentare ulteriormente se gli investitori richiedono un premio più elevato per il rischio di detenerli, quindi gli analisti preferiscono i titoli del Tesoro a breve termine in questo contesto.

Qualsiasi ripresa delle assunzioni o un aumento della fiducia delle imprese potrebbe riaccendere le pressioni inflazionistiche e riportare tensioni politiche sulla sostenibilità del debito. Non dimentichiamo inoltre che la ripresa dell’inflazione potrebbe anche arrivare dal lato costi, non tanto dall’energia, ma dai maggiori dazi. Ciò pone l'accento sui prossimi dati statunitensi, soprattutto quando la loro pubblicazione inizierà a normalizzarsi a gennaio. Nel frattempo non ci stupiremmo se alcuni dati fossero imprecisi a causa delle difficoltà di raccolta durante la chiusura delle attività governative, come del resto ha osservato anche Powell.

Sicuramente ci troviamo in un contesto più impegnativo per la diversificazione, privilegiando un approccio dinamico. Riteniamo che questo contesto richieda la ricerca di fonti di rendimento realmente idiosincratiche, come i mercati privati ​​e gli hedge fund, come allocazione distinta per generare alfa nei portafogli.

Nel frattempo il 2025 si sta chiudendo con una settimana intensa di riunioni delle banche centrali. Vediamo il potenziale per un aumento dei tassi da parte della Banca del Giappone, ma un taglio da parte della Banca d'Inghilterra. La BCE dovrebbe invece mantenere i tassi invariati, anche se crediamo che assumerà un atteggiamento più aggressivo.

La Fed ha previsto un altro taglio nel 2026, rafforzando la nostra opinione che l'anno prossimo manterrà una politica monetaria troppo accomodante. I rendimenti dei titoli del Tesoro statunitensi a 10 anni sono saliti ai massimi trimestrali, vicini al 4,20%, mentre i rendimenti a lungo termine sono aumentati altrove.

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