Dollaro debole, cosa fare per mitigare il rischio valuta

09/07/2025 13:30
Dollaro debole, cosa fare per mitigare il rischio valuta

Il dollaro continua a perdere terreno nei confronti dell’euro, con un calo a doppia cifra dall’inizio dell’anno. Le ragioni di questo indebolimento affondano nell’incertezza politica e nei fondamentali macroeconomici, mentre gli investitori si interrogano su come proteggere i portafogli dal rischio cambio. Tra coperture mirate e diversificazione su obbligazioni, azioni globali e metalli preziosi, non mancano strategie per affrontare una fase di debolezza del biglietto verde senza rinunciare a opportunità di rendimento.

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Il dollaro arretra e l’euro guadagna forza

Da inizio 2025, l’indice del dollaro (Dollar Index) ha perso oltre 11 punti percentuali a fine giugno, mentre l’euro si è rafforzato del 14% passando da 1,035 a 1,18 in soli sei mesi. Secondo Andrea Campisi, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management, guardando ai prossimi mesi il biglietto verde dovrebbe continuare a oscillare vicino ai livelli medi registrati nel primo semestre, ma con un rischio di ulteriore indebolimento e pochi fattori di sostegno per tornare ai picchi del 2024. Un livello di apprezzamento dell’euro fino a 1,20 è ritenuto una soglia di sostenibilità, come indicato anche dalla Banca Centrale Europea, segno che il grosso del movimento è già avvenuto.

Come ricorda Campisi, già dalla fine del 2023 Pictet aveva previsto la fine del lungo ciclo rialzista del dollaro, una valuta che appariva sopravvalutata rispetto ai fondamentali.

Le cause di un indebolimento persistente

Le ragioni dietro questo ribasso sono molteplici. La principale debolezza del dollaro è attribuibile all’incertezza politica dell’amministrazione americana: una politica commerciale definita azzardata, segnali di indebolimento economico, rallentamento del settore manifatturiero, timori di un governatore ombra della Fed più dovish e dubbi sulla sostenibilità del debito pubblico sono tutti fattori che pesano sulla moneta.

Nonostante la forbice tra i tassi di interesse USA-EU resti ampia, cosa che in teoria dovrebbe rafforzare il dollaro, la divisa statunitense continua a perdere terreno rispetto all’euro. È il premio da pagare per l’imprevedibilità politica, come osserva Pictet Asset Management: il costo dell’incertezza si riflette direttamente nel cambio.

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Un ritorno alla media, non un crollo strutturale

Nel lungo periodo, sottolinea ancora Campisi, il dollaro resta comunque al centro del sistema finanziario globale. Rispetto ai livelli storici è ancora leggermente sopravvalutato, ma il movimento attuale rappresenta più un ritorno alla media che un segnale di debolezza strutturale.

Il biglietto verde è tuttora la principale valuta per riserve estere (59% del totale globale), prestiti internazionali (64% del debito mondiale è denominato in dollari) e pagamenti commerciali (58% dei flussi internazionali esclusi quelli intra-eurozona). Oltre il 50% delle fatture globali di commercio estero è in dollari. Si sta così realizzando, almeno in parte, l’obiettivo dell’amministrazione Trump di un dollaro più “fair”, senza perdere centralità.

Come gestire il portafoglio in un contesto di dollaro debole

Secondo l’analisi di Pictet Asset Management, il rischio cambio è insito in qualsiasi investimento all’estero, soprattutto azionario. Esporsi al mercato azionario USA significa di fatto scegliere di avere una quota di portafoglio legata al dollaro. Visto il calo già registrato dall’inizio dell’anno, non è consigliabile stravolgere l’asset allocation solo per proteggersi dal dollaro, che potrebbe sì perdere ancora qualche punto ma senza movimenti estremi all’orizzonte. Meglio ragionare in termini di diversificazione geografica, includendo asset in altre valute o denominati in euro.

Campisi sottolinea che l’esposizione azionaria a cambio coperto può avere senso per una parte limitata del portafoglio, purché si tenga conto del costo di hedging, che oggi si aggira intorno al 2,5-3% annuo. Coprire interamente il rischio cambio non sempre conviene, specie su orizzonti lunghi.

Asset class da privilegiare per mitigare il rischio cambio

Per smorzare l’effetto dollaro, la chiave resta la diversificazione su asset globali secondo Campisi. Obbligazioni dei Paesi sviluppati, emergenti in valuta locale, azionario globale e materie prime, in particolare metalli preziosi, sono gli strumenti indicati per questa fase. I titoli European Union bond e governativi in euro offrono un mix di liquidità e difesa, beneficiando del trend di compressione degli spread intra-europei. I tratti a 5 e 7 anni della curva offrono un rendimento atteso interessante con maggiore protezione dai movimenti di curva.

Le obbligazioni emergenti in valuta locale presentano buoni fondamentali per Campisi: tariffe contenute, export in calo e domanda interna stabile sostengono un trend disinflazionistico, mentre i deflussi recenti riducono il rischio di volatilità e un dollaro debole favorisce i ritorni in ottica di medio periodo.

Anche l’azionario globale, con focus su Europa ed emergenti, si conferma interessante grazie alla rotazione degli investitori e a una minore incertezza sulle negoziazioni commerciali. Infine, conclude Campisi, i metalli preziosi continuano a svolgere un ruolo di rifugio: l’oro, in particolare, vede crescere la quota detenuta dalle banche centrali dei Paesi emergenti a scapito del dollaro americano, confermandosi un pilastro di portafoglio in fasi di volatilità valutaria.

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