Economia cinese: vale la pena investire in Cina? Quali sono i driver della crescita economica?


Per Tognoli l'obiettivo di crescita del PIL del governo cinese è relativamente prudente ma pragmatico al fine di garantire una sana ripresa economica dopo gli shock dello scorso anno causati dal Covid. Crescita, che non appare nemmeno essere sostenuta da nessun massiccio programma di stimoli. Il che non significa che l'economia cinese non sia destinata ad affrontare ancora numerosi ostacoli.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Revisione dell’inflazione dell’Europa YoY di marzo in uscita oggi alle 11:00 che dovrebbe confermare il 6,9% rilasciato il 31 marzo scorso (8,5% a febbraio).

Ieri il PIL del 1Q23 della Cina è risultato in linea con la stima (2,2%) ma in crescita rispetto al +0,6% del 4Q22 a conferma della vitalità dell’economia del colosso asiatico. L’indice ZEW di aprile è risultato invece decisamente peggiore rispetto alle attese (4,1 punti contro 15,3 atteso).

Vista l’accelerazione del PIL, come sta andando l’economia Cinese e vale la pena investire in Cina? Procediamo con ordine e cominciamo con l’economia. Ad inizio marzo, il governo cinese ha fissato un obiettivo di crescita del PIL del 5% per il 2023. Crescita che molti analisti considerano moderata, soprattutto dopo quella bassa del 2022 (+3%) e minore dagli anni ’70 e un'attività economica più forte del previsto quest'anno (il PIL del 1Q23 ne è un esempio).

A metà marzo, nel suo primo briefing con i media come premier, Li Qiang ha sostenuto che non sarà facile raggiungere l'obiettivo di crescita del 5%, considerato che il PIL cinese ha superato US 17,8 trilioni (per dare un’idea della dimensione, ricordiamo che il PIL USA è pari a US 20,3 trilioni) l'anno scorso, che è una base piuttosto elevata. Ma soprattutto il 5% di crescita deve essere inquadrato all’interno di prospettive economiche globali per nulla promettenti.

Diversi analisti considerano tuttavia l'obiettivo di crescita della Cina moderato, poiché è probabile che la seconda economia più grande del mondo cresca più velocemente del 5% quest'anno. Il paese ha registrato una crescita del PIL del 3% nel 2022, il secondo tasso più basso in oltre quattro decenni, quale effetto congiunto delle interruzioni dovute alla pandemia, della crisi del mercato immobiliare e dell'indebolimento della domanda di esportazioni, che hanno pesato sulla crescita.

Nel primo trimestre, come abbiamo visto, l'economia ha mostrato forti segnali di ripresa grazie soprattutto ad un aumento della spesa dei consumatori e della stabilizzazione dei prezzi delle nuove case, a conferma che le misure del governo per sostenere il settore immobiliare in difficoltà cominciano ad evidenziare positivi effetti in alcune città. Diversi economisti hanno rivisto al rialzo le loro stime di crescita del PIL nel 2023, con alcuni di loro che prevedono un tasso fino al 5,8%. UBS, per esempio, ha alzato le sue previsioni per il 2023 dal 4,9% al 5,4%, mentre Morgan Stanley ha previsto una crescita del 5,7%.

Siamo convinti che l'obiettivo di crescita del PIL del governo sia relativamente prudente, ma riteniamo molto pragmatico al fine di garantire una sana ripresa economica dopo gli shock dello scorso anno causati dal Covid. Crescita, che non appare nemmeno essere sostenuta da nessun massiccio programma di stimoli. Il che non significa che l'economia cinese non sia destinata ad affrontare ancora numerosi ostacoli. Motivo questo perché preferiamo essere prudenti riguardo al ritmo della ripresa di quest'anno.

Per quanto riguarda l'occupazione, il rapporto di lavoro del precedente governo di Li Keqiang prevedeva la creazione di circa 12 milioni di posti di lavoro per il 2023, mentre il governo attuale è meno ottimista prevedendo circa 1 milioni di posti di lavoro in meno. Non è escluso che se l'occupazione nella prima metà del 2023 dovesse risultare significativamente peggiore rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, il governo pompi ulteriori stimoli nell'economia per stimolarne la crescita.

La domanda diventa allora quali sono i driver della crescita economica nel 2023 e probabilmente nel 2024? Siamo convinti che il principale motore di crescita nei prossimi due anni saranno i consumi interni e gli investimenti manifatturieri e nelle infrastrutture. Le esportazioni saranno invece rallentate dalla minore crescita USA e UE, perlomeno nel 2023. Il settore finanziario attirerà più afflussi e investimenti diretti esteri in un RMB più forte e, crediamo, mercati finanziari migliori.

L'economia Cinese, al pari di tutte le altre economie mondiali, è anch’essa alle prese con diverse tipologie di rischi: come ricostruire la fiducia del mercato e riparare i bilanci delle famiglie e delle imprese; il crollo del settore immobiliare dove nonostante le autorità abbiamo promulgato il "Piano in 16 punti" per sostenere il mercato, la sua piena efficacia rimane una sfida per il futuro; il rallentamento della domanda estera nel 2023.

La ripresa economica dovrebbe naturalmente portare ad un aumento dell'inflazione, in particolare nel settore dei servizi. Inoltre, riteniamo che la completa riapertura della Cina aumenterà la domanda globale di materie prime il cui prezzo si ripercuoterà sull’inflazione globale. Il rischio di reflazione sembra comunque contenuto, almeno nella fase attuale, in quanto l'offerta potrebbe recuperare rapidamente terreno per soddisfare la crescente domanda nazionale.

A livello di politica monetaria, osserviamo come la PBoC abbia mantenuto invariati i livelli dei tassi dopo il taglio dell’agosto 2022. Ciò significa che la banca centrale mantiene una politica monetaria prudente durante il ciclo di aumento della FED. L’eventuale taglio dei tassi di interesse amplierebbe infatti l'inversione dei rendimenti Cina-USA e innescherebbe il deprezzamento del tasso di cambio del RMB e il deflusso di capitali. Riteniamo quindi che la politica monetaria si baserà maggiormente su strumenti di quantità piuttosto che di prezzo, come ad esempio tagli ai coefficienti di riserva obbligatoria (RRR) e altre misure di allentamento mirate alle PMI e ai settori colpiti dalla pandemia.

Per quanto riguarda la politica fiscale, riteniamo che questa continuerà ad essere espansiva attraverso lo strumento delle emissioni di titoli di Stato locali e sull'innalzamento del rapporto tra disavanzo di bilancio e PIL al 3% dal 2,8% del 2022. Sulla politica abitativa, che ha avuto una brusca inversione di tendenza a partire dalla fine del 2022 durante il crollo degli alloggi e il rallentamento economico, le autorità riconoscono che l'alloggio è il fattore importante per garantire la ripresa della crescita dopo la revoca dello “zero Covid”. Quindi, in aggiunta al “piano in 16 punti” promulgato a fine 2022, sono state attuate politiche di stimolo del mercato immobiliare sia a livello dell’offerta che della domanda.

E quindi si investe in Cina? Crediamo che la Cina possa offrire agli investitori una interessante fonte di potenziale crescita nel 2023, visto soprattutto che diverse nazioni sono sull'orlo della recessione quale effetto degli enormi stimoli monetari e fiscali protratti nel tempo che hanno creato la base per l’esplosione dell’inflazione. Al contrario, l'inflazione Cinese rimane moderata, consentendo alle autorità di allentare le politiche monetarie e fiscali per sostenere la crescita economica.

Non ci sentiamo tuttavia di escludere che la strada da percorrere per gli investitori in Cina possa inizialmente essere accidentata. Le autorità hanno abbandonato bruscamente la loro strategia zero-Covid alla fine dello scorso anno ed evidentemente non erano del tutto preparate a passare alla vita endemica, dati i bassi tassi di vaccinazione tra gli anziani e la capacità limitata del sistema ospedaliero.

La rimozione delle restrizioni Covid ha visto infatti aumentare i tassi di infezione e la Cina potrebbe subire più di un milione di decessi correlati a Covid. Finora non vi è alcun segno che il governo introduca misure per appiattire il tasso di infezione, il che implica che una nuova ondata di Covid potrebbe essere eccezionalmente alta, ma anche rompersi rapidamente. Anche se la fase di riapertura della Cina sarà probabilmente irregolare, i dati economici del 1Q23 sono stati migliori del previsto e potremmo quindi già aver superato il picco dell'impatto economico.

Per concludere, vorremmo evidenziare almeno quattro ragioni per cui gli investitori dovrebbero prendere in considerazione un'allocazione alle azioni cinesi:

  • In primo luogo, la Cina si trova sul lato opposto del ciclo economico rispetto a molti mercati sviluppati, con un'inflazione favorevole che consente ai politici cinesi di mantenere una posizione monetaria e fiscale accomodante. Ciò contribuirà a guidare la crescita economica mentre gran parte del resto del mondo sarà in recessione;
  • In secondo luogo, le valutazioni dei mercati ci sembrano interessanti. Le azioni cinesi vengono scambiate con uno sconto di circa il 30% rispetto alla media degli ultimi 15 anni sulla base del P/E;
  • In terzo luogo, le azioni cinesi godono di una bassa correlazione con le azioni globali. Il mercato azionario cinese evidenzia una correlazione del 25% con l'indice MSCI World. Il che significa che un'allocazione alle azioni cinesi potrebbe offrire vantaggi di diversificazione in un momento in cui le economie avanzate sono bloccate in un ciclo di inasprimento delle politiche monetarie;
  • In quarto luogo, il governo cinese è impegnato a promuovere la cultura dell'innovazione per guidare la crescita economica. In questo ha un innegabile vantaggio in quanto produce un numero maggiore di laureati in scienze, tecnologia, ingegneria e matematica, grazie alla vastità della sua popolazione. Detiene per esempio già un'ampia quota di mercato globale nella produzione di energia solare, a batteria ed eolica.
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