Eni, focus ancora sulla possibile vendita di una quota del MEF

L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni potrebbe cedere fino al 4% della sua quota detenuta direttamente nella compagnia petrolifera, anche se oggi è arrivata una smentita dal sottosegretario Federico Freni.
Le scelte del Governo su Eni
Futuro di Eni al centro del dibattito pubblico, con il Governo che potrebbe continuare nella sua strategia di privatizzazione dopo le vicende riguardanti Mps, Poste Italiane e TIM.
Ieri Bloomberg riportava che l’esecutivo di Giorgia Meloni starebbe pianificando di cedere fino al 4% di Eni dopo il completamento del piano di buyback previsto per primavera, puntando così a incassare circa 2 miliardi di euro per ridurre il debito pubblico. Per ora si tratta solo di ipotesi e le proposte definitive potrebbero cambiare con il passare del tempo.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) possiede partecipazioni in Eni sia direttamente (4,7%) che indirettamente tramite (27,7%) Cassa Depositi e Prestiti (CDP), per un totale di 32,4 che salirebbe al 34% dopo il buyback, e il Ministro Giancarlo Giorgetti aveva più volte affermato di essere favorevole a vendite di asset. Solo lo scorso mercoledì Giorgetti rivelava di aver discusso della vendita di quote con fondi esteri senza però specificare di quali aziende.
Già a novembre Reuters scriveva che alcune banche d'investimento avevano proposto al Tesoro di cedere una parte della partecipazione pubblica nel gruppo energetico alla luce del fatto che il completamento del buyback (entro aprile 2024) e la cancellazione delle azioni acquistate permetterebbero a Roma di ridurre la quota senza perdere il controllo della società. Oggi, intanto, è arrivata la gelata sull’operazione da parte del sottosegretario al MEF, Federico Freni, il quale ha dichiarato di “non sapere di cosa si stesse parlando”.
“Il Def indica un obiettivo, l’obiettivo è una quota delle privatizzazioni. Abbiamo detto che non c’è nessuna fretta di privatizzare, ma che si privatizzerà bene, nei temi giusti, nei momenti giusti. Però l’obbiettivo del Def rimane, basta leggerlo”, ha spiegato a margine di un evento organizzato a Palazzo Mezzanotte da Borsa Italiana e Assonime.
La view degli analisti
La seduta di ieri si era aperta in modo positivo per Eni, arrivata a guadagnare poco meno dell’1%, per poi virare in negativo dopo la diffusione delle indiscrezioni, fino a toccare un minimo di 14,54 euro. L’apertura di oggi vede il titolo scambiare intorno la parità a 14,60 euro. “Il rischio di un collocamento sul mercato penalizza il titolo”, spiegava un trader all’agenzia Reuters.
“L'eventuale piazzamento ci sembra uno scenario possibile e assorbibile dal titolo senza eccessiva pressione”, secondo gli analisti di Equita Sim, i quali calcolano che “al ritmo dei riacquisti medi effettuati nel quarto trimestre 2023 e fino al 12 gennaio 2024 (ultima comunicazione), Eni impiegherebbe circa 15 giorni di borsa per completare il piano buyback (a partire dal 15 gennaio)”, pertanto mantengono la raccomandazione ‘buy’ sul titolo, con target price di 19,50.
Giudizio ‘neutrale’ per gli esperti di WebSim Intermonte, con prezzo obiettivo di 16 euro su Eni, in attesa della comunicazione della trimestrale della società (15 febbraio 2024), attendendosi “risultati in calo sequenziale, principalmente a causa di margini deboli nel Downstream”.
Operazione in Corea del Sud
Nel newsflow relativo a Eni è arrivata oggi la notizia dell’accordo di joint venture firmato a Roma dall’amministratore delegato, Claudio Descalzi, e quello di LG Chem, Shin Hak-cheol, ulteriore passo verso la decisione finale di investimento per il progetto di una nuova bioraffineria in Corea del Sud, sul quale già a settembre le due parti ne avevano annunciato l’avvio della valutazione per lo sviluppo e la gestione.
L'obiettivo è quello di completare l'impianto entro il 2026 e trattare circa 400.000 tonnellate l'anno di materie prime biogeniche utilizzando la tecnologia Ecofining di Eni per rendere disponibili diversi prodotti tra cui il Sustainable Aviation Fuel (Saf), il biocarburante Hvo diesel (olio vegetale idrogenato) e la bio-nafta. La decisione finale d'investimento è prevista entro il 2024.
“La produzione di biocarburanti rappresenta uno dei pilastri della nostra strategia per contribuire a raggiungere la piena neutralità carbonica al 2050, anche attraverso la vendita di prodotti progressivamente decarbonizzati”, dichiarava Descalzi, aggiungendo che “il progetto di una bioraffineria a cui stiamo lavorando insieme a LG Chem è un progetto chiave per ampliare a livello internazionale la presenza di Enilive (società controllata al 100% da Eni) nel settore della bioraffinazione, per aumentare la sua capacità dagli attuali 1,65 milioni di tonnellate/anno a oltre 5 milioni di tonnellate/anno al 2030 e per aumentare l'opzionalità della produzione di SAF fino a 2 milioni di tonnellate/anno dal 2030”.
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