Eni: il rialzo del greggio ancora non si riflette nelle quotazioni


Brent e Wti sono tornati sopra ai livelli di un anno fa, mentre i titoli del settore mostrano performance ancora pesantemente negative: Eni -33%, Bp -44%, Total -19%, Shell -33%. I bilanci 2020 delle compagnie sono una valle di lacrime, ma gli analisti puntano a una stabilizzazione del mercato, anche perché i tetti dell’Opec vengono rispettati.


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Dall’inizio dell’anno il Wti è salito del 14%, Brent +12%.

Con il rialzo di questi giorni, le quotazioni del petrolio sono tornate al livello di dove si trovavano un anno fa, chiudendo un “buco” che nello scorso mese di aprile, nel momento di massimo sconvolgimento dell’economia mondiale, era diventato una voragine, con i prezzi del greggio che per alcuni giorni erano andati addirittura in negativo. Attualmente il petrolio americano Wti è scambiato attorno a 55 dollari al barile, che vuole dire il 7% in più di dov’era ai primi giorni di febbraio 2020. Dall’inizio dell’anno il rialzo è stato del 14%. Il Brent, che dall’inizio dell’anno è salito del 12%, è più o meno sugli stessi livelli di un anno fa.

Questo brillante recupero del greggio non si riflette per ora in un analogo andamento delle grandi compagnie petrolifere europee. Le loro performance borsistiche a 12 mesi sono ancora pesantemente negative: l’inglese Bp perde il 44%, Royal Dutch Shell -33%, Eni -33%, Total -19%. Anche il rally del petrolio del mese di gennaio ha lasciato indifferenti le quotazioni del comparto energia, che sono ancora sugli stessi livelli di fine 2020.

Per quanto le società petrolifere si sforzino di comunicare nuove strategie per la trasformazione del loro business verso le energie rinnovabili, la loro ragione di esistere, oggi, è la capacità di offrire le materie prime di cui l’economia mondiale non può fare a meno: petrolio e gas. I loro margini sono strettamente legati alle quotazioni del greggio, tant’è vero che i bilanci del 2020 saranno ricordati come i peggiori di sempre.

Per ExxonMobil il 2020 si è chiuso con la prima perdita da 40 anni.

In America ExxonMobil ha rivelato la prima perdita annuale da almeno quarant’anni, un “rosso” di ben 20,3 miliardi di dollari, dovuto in gran parte a enormi svalutazioni di asset. ConocoPhillips ha chiuso il 2020 con una perdita di 2,7 miliardi di dollari, contro un utile di 7,2 miliardi dell’anno precedente.

In Europa Bp ha comunicato il peggior risultato dai tempi del disastro dell’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico: -5,7 miliardi nel 2020, rispetto a un utile di 10 miliardi nel 2019. Negli ultimi dieci anni la compagnia britannica aveva sempre registrato profitti su base annua.

La francese Total annuncerà i risultati il prossimo 9 febbraio e il consensus degli analisti prevede per il quarto trimestre 2020 un utile per azione di 0,42 centesimi da 1,19 euro dello stesso periodo dell’anno scorso.

I conti di Eni saranno diffusi il 19 febbraio e il consensus indica per il quarto trimestre dell’anno scorso un utile per azione pari a zero, da 0,33 euro del quarto trimestre 2019.

Insomma, le compagnie petrolifere non hanno esitato a mostrare le perdite di un anno durissimo, ma le prospettive adesso sono totalmente cambiate.

Innanzitutto sono partite le campagne di vaccinazione e il loro successo sarà fondamentale per la piena ripresa dell’economia, e di conseguenza per la crescita della domanda di gas e petrolio. Per fare fronte alla caduta della domanda e sostenere le quotazioni i Paesi Opec e la Russia hanno congiuntamente ridotto la produzione di 7,2 milioni di barili al giorno, circa il 7% della produzione mondiale. Le ultime notizie sul fronte del petrolio sono incoraggianti: in Cina le riserve di greggio sono al livello minimo da un anno. E in America le scorte strategiche si stanno riducendo di settimana in settimana: l’ultimo dato dell’Api (American Petroleum Institute) indica un calo delle scorte Usa di 4,3 milioni di barili nell’ultima settimana di gennaio.

Grande attesa per la riunione Opec di marzo: l’organizzazione punta all’equilibrio del mercato.

E’ vero che molti trader di commodity sostengono che il mercato non si riprenderà pienamente fino a quando non sarà ripartita l’attività delle compagnie aeree, e la previsione è che questo non potrà accadere prima del terzo trimestre di quest’anno.

Ma la buona notizia è che i tetti alla produzione decisi dall’Opec al momento vengono rispettati da tutti i Paesi produttori, nonostante i mugugni di Iran e Iraq che, sofferenti per la crisi economica, chiedono di aumentare l’output. Una decisione sarà presa dalla prossima riunione dell’Opec agli inizi di marzo, ma questa decisione, dicono gli esperti, sarà in linea con l’obiettivo di fondo dell’organizzazione che è quello di raggiungere una situazione di equilibrio fra domanda e offerta attorno alla metà del 2021.

I report degli analisti che seguono i titoli azionari delle società dell’energia si basano tutti su un quadro di stabilizzazione del mercato del petrolio e prevedono già a partire da quest’anno il ritorno di sostanziosi utili e dividendi. Il consensus si aspetta per Total un dividendo in grado di dare quest’anno un rendimento del 7,5% e del 7,6% nel 2022. Per Bp la previsione è di un rendimento da dividendo del 6,5% nel 2021 e nel 2022. Le cedole future di Eni dovrebbero dare, ai prezzi attuali dell’azione, un rendimento nel 2021 del 5,9% e del 7,4% nel 2022.

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