Euro/Dollaro verso 1,20, svolta storica o resistenza tecnica?

02/07/2025 08:00
Euro/Dollaro verso 1,20, svolta storica o resistenza tecnica?

Il cambio EUR/USD corre ai massimi di periodo segnando una sequenza di rialzi che non si vedeva dal 2009. Dietro la forza dell’euro si nasconde molto più di una spinta tecnica: la dinamica riflette tensioni macro, memoria di mercato e segnali di una dedollarizzazione che cambia gli equilibri globali.

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Non è un rimbalzo, è una maratona

Nove sedute consecutive di rialzi per l’EUR/USD non si registravano dal settembre 2009, quando la serie si fermò a dieci sedute consecutive, un record rimasto imbattuto dall’entrata in vigore dell’euro. Ma, come sottolinea Gabriel Debach, market analyst di eToro, questa volta non è il numero a colpire, bensì la qualità del movimento.

Il Rate of Change a 9 giorni si ferma a +2,85%, ben distante dai +5,11% registrati ad aprile. Questo significa che non siamo davanti a una corsa adrenalinica, bensì a una salita costruita passo dopo passo, spinta da fondamentali macroeconomici, dinamiche di posizionamento e livelli tecnici ben definiti. Debach parla di una maratona, non di uno sprint.

A confermare la solidità di questa dinamica c’è anche la fotografia storica: da inizio anno l’euro segna un balzo del +13,8%, uno dei migliori primi semestri di sempre. Per trovare una performance paragonabile bisogna tornare al secondo semestre del 1991, quando l’euro era ancora solo un ECU.

Se si guarda ancora più indietro, la serie storica ricostruita del cambio euro/dollaro riporta al 1973 per individuare un altro primo semestre di pari intensità. Numeri che, osserva eToro, certificano che questa volta non si tratta di un semplice rimbalzo tecnico.

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Le parole della Lagarde pesano sul dollaro

In questo contesto di forza costante, le parole di Christine Lagarde non passano inosservate. Come ricorda Gabriel Debach di eToro, la presidente della BCE, intervenuta di recente, ha definito il 2025 “un anno di svolta, poiché gli investitori stanno cercando alternative al dollaro”.

Una frase breve ma carica di implicazioni sistemiche: Lagarde non mette in discussione apertamente l’egemonia del biglietto verde, ma ammette che il suo ruolo di valuta di riferimento globale è ora sotto osservazione come non accadeva da almeno due decenni.

Allo stesso tempo, precisa che il rafforzamento dell’euro riflette la forza dell’economia europea e le attuali condizioni di mercato. Ma questa tensione, spiega Debach, rende la situazione ancora più interessante: l’euro si rafforza in un momento in cui la BCE non è del tutto certa di volere o poter gestire un cambio così forte.

Il rafforzamento della moneta unica, infatti, agisce come una stretta monetaria implicita, irrigidendo le condizioni finanziarie dell’Eurozona. Ed è proprio questo paradosso, tra lettura tecnica e realtà macro, a tenere alta l’attenzione dei mercati.

Il crocevia tecnico di quota 1,20

Dal punto di vista tecnico, Debach evidenzia come quota 1,20 rappresenti un livello chiave carico di significato. Non è solo una resistenza psicologica, ma un vero e proprio crocevia di livelli storici e riferimenti di lungo periodo.

L’anchored VWAP, tracciato dai minimi di aprile 2022, colloca già il cambio sopra la seconda deviazione standard, con la terza (obiettivo naturale) proprio in area 1,20. Anche la media mobile a 200 mesi passa da quella soglia, rendendola una barriera strutturale nel lungo periodo. A questo si aggiunge un ulteriore segnale: il ritracciamento di Fibonacci al 38,2% del grande movimento ribassista iniziato nel 2008 si trova esattamente sullo stesso livello. In altre parole, 1,20 è un livello di prezzo che incrocia geometrie tecniche e memoria di mercato.

Non a caso, l’ultima volta che l’euro aveva segnato un rally paragonabile risale al primo mandato Trump: tra luglio 2017 e febbraio 2018 l’EUR/USD volò oltre il 20%, spingendosi fino a quota 1,26. Anche allora, come ricorda Debach, la scintilla fu la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina. Oggi, con lo spettro di nuovi dazi e tensioni simili, il mercato ritrova schemi familiari.

Dedollarizzazione e nuovi equilibri globali

Se l’euro sta dimostrando questa forza, è anche perché dietro si muove un processo più profondo di dedollarizzazione silenziosa. I dati riportati da Debach mostrano come la quota del dollaro nelle riserve globali sia scesa sotto il 57%, segnalando un riposizionamento lento ma strategico.

Gli indicatori chiave, dall’indice del dollaro ponderato sul commercio globale all’indice verso i mercati emergenti, confermano la perdita di slancio del biglietto verde. Il DXY (Dollar Index) ha infranto al ribasso la soglia dei 97 punti, mentre le banche centrali diversificano sempre più verso l’oro e, in parte, verso l’euro. Non si tratta di un crollo improvviso, ma di un’erosione graduale dell’egemonia del dollaro, un segnale che i flussi si frammentano e che nuove potenze ridisegnano i confini valutari globali.

Se quota 1,20 dovesse essere superata in modo stabile, osserva Debach, sarebbe la conferma di un cambiamento storico: un’Europa ancora fragile, ma capace di tornare a fungere da porto sicuro secondario, mentre gli Stati Uniti vedono il loro primato valutario lentamente logorarsi.

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