Europa, occhi puntati sul mercato del lavoro


Anche in Europa come negli Usa occorre guardare al mercato del lavoro, diventato più rigido dopo la pandemia.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Dati importanti della Germania in uscita oggi. Si comincia alle 8:00 con le vendite al dettaglio YoY di gennaio (stima +0,2% contro -5,3% di dicembre), mentre alle 9:55 uscirà il tasso di disoccupazione di febbraio (stima 5,5% invariata rispetto a gennaio) e alle 14:00 i prezzi al consumo YoY di febbraio (stima 8,7% invariata rispetto a gennaio). Alle 10:00 è il turno del PMI manifatturiero di febbraio dell’Europa (stima 48,5 punti contro 48,8 di gennaio). Quanto ai dati USA, alle 15:45 è il turno del PMI manifatturiero di febbraio (47,8 punti contro 46,9 di gennaio), mentre alle 16:00 uscirà l’ISM manifatturiero di febbraio (stima 48 punti contro 47,4 di gennaio).

Ieri il PIL del 4Q22 della Francia è risultato in linea con le attese (0,1%) e in contrazione rispetto al 3Q22 (0,2%), mentre l’inflazione YoY di febbraio è salita di più rispetto alle stime (6,2% contro 6,1% atteso e 6% di gennaio). In USA sono risultati in calo sia il PMI Chicago di febbraio (43,6 punti contro 45 atteso) sia la fiducia dei consumatori MoM di febbraio (102,9 punti contro 108,5 atteso).

Nelle ultime settimane i mercati finanziari hanno rivisto al rialzo la loro visione sul picco dei tassi di interesse della BCE e della FED, e quanto a lungo questi verranno mantenuti elevati e in squilibrio per ridurre l’inflazione.

Il picco dei tassi di interesse potrebbe non essere ancora stato raggiunto, ma crediamo che comunque sia in vista e che entro la fine dell’anno possa seguire una svolta. Perché questa possa diventare concreta, siamo tuttavia convinti che lo scenario di tassi in flessione necessiti di segnali molto più chiari di quelli recenti.

Condizione necessaria ma non sufficiente è che l'inflazione, in particolare quella core, scenda ulteriormente. La conditio sine qua non, sono i segnali di un mercato del lavoro decisamente più debole di quello attuale in modo da ridurre le pressioni inflazionistiche nel medio termine. E questo vale sia per l’Europa sia per gli USA.

Vediamo da vicino l’Europa, dove la rigidità del mercato del lavoro appare aumentata a seguito della pandemia. La domanda è se tale maggiore rigidità derivi da una domanda eccezionalmente elevata. E questo per capire quanta pressione dei salari si stia generando e dove possa arrivare la loro crescita nel corso dell'anno.

Attualmente la domanda di lavoro (occupazione totale più posti vacanti), è al di sopra del livello pre pandemia. Il che significa che il mercato del lavoro dell'Eurozona non sembra possa creare grossi problemi, ma qualcuno si. Nei primi tre trimestri del 2022 la domanda di lavoro è rallentata, dallo 0,8% del 1Q22 allo 0,5% del 2Q22, allo 0,2% del 3Q22.

La percentuale di persone tra i 20 e i 64 anni che lavorano o cercano attivamente lavoro ha superato i livelli pre-pandemia (78,4%), arrivando nel 3Q22 al 79,4%. Rispetto agli USA, l'Eurozona non ha quindi visto diminuire la sua popolazione attiva. Ha visto invece crollare le ore lavorate durante la fase acuta della pandemia. Da allora, il numero di ore lavorate per dipendente si è ripreso, anche se nel 4Q22 era ancora al di sotto del livello pre-Covid 19.

La disoccupazione nella zona euro ha raggiunto il minimo storico del 6,6% nel dicembre 2022. La disoccupazione di equilibrio (quella stimata quando i livelli di disoccupazione diventano inflazionistici) ha cominciato a scendere non appena i diversi paesi hanno messo in atto riforme di sostegno al mercato del lavoro e varato riforme dei sistemi previdenziali e pensionistici. Secondo le stime della Commissione Europea il tasso di disoccupazione era molto vicino al NAIRU (tasso naturale) alla fine del 2022. Ciò significa che la disoccupazione è quasi al livello in cui diventa inflazionistica.

La domanda diventa quindi quali sono le attese dei salari e se queste sono compatibili con la flessione dell’inflazione prevista dalla BCE. Dalla fine ufficiale della pandemia, i salari hanno cominciato a salire tanto che nell’eurozona in un anno hanno messo a segno una crescita del 5,5%.

Nonostante crediamo che nel 4Q23 ci possa essere un raffreddamento del mercato del lavoro, siamo convinti che nei prossimi mesi siano almeno tre i fattori che possano spingere al rialzo la crescita salariale.

  • Il primo riguarda i movimenti settoriali dei lavoratori, per esempio verso il settore del tempo libero. Movimenti che hanno contribuito anche ad aumentare i posti vacanti legati al tasso di abbandono, creando una temporanea rigidità settoriale;
  • Il secondo riguarda l’ampliamento delle fonti di reddito familiare, come il sostegno del governo o il reddito derivante dal mercato immobiliare. Queste fonti di reddito aggiuntive potrebbero per esempio spiegare perché la dinamica discendente dei prezzi non sia stata in linea con le attese (quello che la Lagarde ha ricordato più volte essere la diversità degli effetti della politica fiscale e quella monetaria). Il PMI dei servizi di febbraio per esempio è leggermente migliorato a 53, indicando un'espansione. Questo potrebbe mantenere alta la rigidità del mercato del lavoro e come tale portare ad un'accelerazione dei salari nel prossimo futuro;
  • Last but not least, poiché gli schemi di compensazione del governo si stanno esaurendo, i sindacati potrebbero rivolgersi ai datori di lavoro per compensare la flessione del reddito reale dovuta all’inflazione. Questo potrebbe creare una temporanea pressione salariale al rialzo fintanto che l'inflazione non sarà diminuita.

Al di là del breve periodo, a conti fatti, non vediamo prove evidenti che la crescita dei salari possa trasmettersi ai prezzi più facilmente di prima. Riteniamo che la cosa più importante sia che le aspettative di inflazione della BCE a medio termine rimangano immutate. Da quanto detto, è possibile che nel corso del 4Q23 la crescita dei salari cominci a diminuire anche nell'area euro, (negli USA probabilmente comincerà prima) scongiurando il pericolo di pericolose spirali salari-prezzi che impediscono all'inflazione di scendere. Il che non significa che i rischi e le frizioni temporanee o le compensazioni governative non possano richiedere più tempo per esaurirsi.

L'inflazione core dell’Europa è stata spinta verso l'alto da voci sensibili all'energia e con l'inflazione energetica che ora sta crollando, la crescita dei prezzi core dovrebbe seguire, anche se con un certo ritardo.

La politica monetaria rimarrà probabilmente a livelli restrittivi almeno fino a tutto il 3Q23. In un contesto macroeconomico in evoluzione, riteniamo tuttavia che l'inizio di un processo di normalizzazione possa essere un passo ragionevole.

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