FED e BCE = whatever it takes contro l’inflazione


Con i tassi reali mantenuti negativi, comprare sui ribassi era una buona strategia ma il mondo è cambiato e i tassi reali diventeranno presto positivi.


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Ordini di beni durevoli USA MoM di gennaio in uscita oggi alle 14:30 (stima -2,1% contro 5,6% di dicembre).

Venerdì scorso la lettura finale dell’ufficio federale di statistica relativa al PIL della Germania del 4Q22 è risultata peggiorativa (-0,4%) rispetto al dato uscito il 31 gennaio scorso (-0,2%). La fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan di febbraio è invece risultata migliore delle stime (67 punti contro 664, stimati) e in rialzo rispetto a gennaio (64,9).

Di solito, comprare durante i ribassi si rivela una buona strategia. E questo è stato tanto più vero nell’ultimo decennio, dove il mondo è stato caratterizzato da una bassa inflazione e tassi reali negativi che ha dato modo alle banche centrali di correggere velocemente le deviazioni congiunturali dagli obiettivi di medio periodo, favorendo per questa via il mercato azionario (banche centrali amiche dei mercati).

Sappiamo però da tempo che il mondo è cambiato e l’inflazione da problema economico è diventato anche un problema politico, visto che riduce il potere d’acquisto dei salari. L’azione delle banche centrali, concentrata sempre di più a contenere l’aumento dei prezzi attraverso la crescita dei tassi nominali, sta gradualmente riportando il livello dei tassi reali da molto negativi a vicino allo zero, a positivi. E questo, come noto, non favorisce le azioni in generale e tra queste quelle dei settori growth (banche centrali non amiche dei mercati).

Non si sono ancora fatti i conti di quanto costerà al mondo in termini economici questa guerra, visto che non è ancora finita, ma di certo non sarà poco. Il dilemma che sono chiamate a risolvere le banche centrali si ripete ad ogni meeting: continuare ad alzare i tassi e combattere l’inflazione a discapito della crescita economica, oppure attuare una politica monetaria meno aggressiva, ma con il rischio che l'inflazione ricominci a crescere (gli ultimi dati vanno in questa direzione) e accenda definitivamente la spirale salari / prezzi, poi difficile da spegnere?

Le dichiarazioni della FED e della BCE propendono per la prima, anche a costo di far scivolare i rispettivi sistemi economici verso la recessione (che comunque in entrambe i casi ancora non si vede). Almeno queste sono le dichiarazioni. Poi vedremo con i dati alla mano quale sarà nei fatti il comportamento delle due banche centrali.

Rimane il rischio di mercato ineliminabile: la guerra. E quindi i mercati finanziari continueranno ad essere dominati dall’incertezza che crea volatilità. Al momento meglio quindi puntare sui settori più difensivi che evidenziano una maggiore resilienza sia all’inflazione che alle variazioni del PIL.

Tra questi, per esempio le utilities. Tendiamo infatti ad escludere una recrudescenza della crisi energetica a lungo termine in Europa (la più esposta ai prezzi dell’energia) e ci aspettiamo che le utility possano essere sostenute da un rinnovato interesse degli investitori per le energie rinnovabili (una larga parte degli investimenti dell’Europa, quasi 1000 mld di euro nei prossimi 7/10 anni, sarà destinata proprio a questi settori).

Cinicamente, ma i mercati lo sono, sappiamo che la guerra andrà a stimolare anche la crescita di altri settori, come per esempio quello delle infrastrutture, della sicurezza informatica e delle spese militari: lo scorso anno la Germania per esempio, con una decisione storica, in quattro giorni ha concesso 100 miliardi di euro all’esercito, riconoscendo come la spesa militare fosse insufficiente.

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