FED: missione ancora non compiuta. Ma tassi fermi a settembre


I dati sono buoni, ma l’inflazione è ostinata e si sta muovendo nella giusta direzione. Tuttavia, rimane ancora un po’ di scetticismo nel vedere il 2% prima del terzo trimestre del 2024.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Inflazione YoY di luglio della Francia in uscita oggi alle 8:45 (stima 4,3% contro 4,5% di giugno) e YoY di luglio della Spagna alle 9:00 (stima 2,3% contro 1,9% di giugno). Alle 14:30 è la volta dei prezzi alla produzione USA MoM di luglio (stima +0,2% contro +0,1% di giugno), mentre alle 16:00 è attesa la fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan di agosto (stima 70,9 punti contro 71,6 di luglio).

Ieri l’inflazione dell’Italia di luglio è risultata leggermente inferiore rispetto alle attese (5,9% contro 6% stimato e 6,4% di giugno). Le richieste di sussidi settimanali USA alla disoccupazione sono risultate più elevate rispetto alle attese (248k contro 231 stimato e 227k della scorsa settimana), mentre l’inflazione YoY di luglio, rimbalza meno delle stime (3,2% contro 3,3% atteso e 3% di giugno).

Il dato segna una battuta d'arresto dopo 12 mesi consecutivi di calo, a causa soprattutto degli effetti base. Rispetto al mese precedente, l’inflazione è aumentata dello 0,2%, rispecchiando l'aumento registrato a giugno e in linea con le previsioni. Nel frattempo, l'inflazione di fondo, che esclude i generi alimentari e l'energia, è scesa al 4,7% dal 4,8% di giugno, mentre il tasso mensile è rimasto allo 0,2%, il più piccolo aumento consecutivo degli ultimi due anni e mezzo.

Se tutto questo suona come una notizia almeno marginalmente buona, in realtà lo è. Appare ormai evidente che le pressioni inflazionistiche si sono notevolmente attenuate rispetto ai livelli del 2022. Ma la storia ha dimostrato che l’inflazione è ostinata e può durare più a lungo del previsto una volta che diventa elevata e soprattutto radicata. Se poi facciamo i conti, con il dato di luglio la crescita dei prezzi è stata di quasi il 19% dal minimo dell’aprile 2020 durante i primi giorni della pandemia di Covid.

L’inflazione si sta muovendo nella giusta direzione, ma consentiteci di essere ancora un po’ di scettici e non eccessivamente fiduciosi, se diciamo che difficilmente vedremo un’inflazione al 2% prima del terzo trimestre del 2024. Il lato positivo è che se i dati continuano a cooperare, la FED potrà almeno togliere il piede dall’acceleratore il prossimo 20 settembre.

Riteniamo che questo primo dato e le tendenze in atto possano tuttavia essere sufficienti a convincere la FED a fermarsi a settembre. Il che non vuol dire che Powell annuncerà “missione compiuta”.

I pro a favore di uno stop agli aumenti sono tanti. Ad esempio, i costi legati all’abitazione, che costituiscono circa un terzo della ponderazione dell’indice di inflazione che stanno diminuendo. I sempre più evidenti segnali che i guadagni salariali stanno diminuendo: l’indice del costo del lavoro, misura chiave dell’inflazione per la FED, ha mostrato un aumento del 4,6% nel secondo trimestre, in calo rispetto al massimo storico del 5,7% rispetto allo stesso periodo del 2022.

Ma sono tanti anche i segnali di pericolo. Dai costi dell’assicurazione sanitaria ad esempio, che dovrebbero iniziare a salire ora che scade un aggiustamento statistico utilizzato dal Bureau of Labor Statistics. Tale aggiustamento ha consentito alla componente dell’assicurazione sanitaria del CPI di evidenziare un calo del 24,9% nell’ultimo anno. Calo che ora dovrebbe invertirsi. I prezzi del gas, aumentati vertiginosamente quest’estate poiché il costo del greggio USA è aumentato di quasi il 16% a luglio (un gallone di normale senza piombo ora costa $ 3,82 sulla media nazionale, in aumento di oltre l′8%, o quasi 30 centesimi al gallone, rispetto allo stesso periodo di luglio).

Discorso diverso è quello della flessione dei tassi. L’asticella per l’abbassamento è alta, perché l’inflazione (soprattutto core) non è benigna ed è ancora più che doppia rispetto all’obiettivo. Siamo convinti che i membri del FOMC aspetteranno fino a quando non saranno assolutamente sicuri che l’inflazione tornerà all’obiettivo, prima di iniziare a tagliare i tassi.

In termini economici, gli aumenti di 525 bp dei tassi sembrano aver causato danni minimi. Dopo il calo nei primi due trimestri del 2022, il PIL non è stato negativo da allora e, secondo la Fed di Atlanta, sta registrando un tasso di crescita annualizzato del 4,1% nel terzo trimestre. Gli americani, tuttavia, rimangono in gran parte insoddisfatti dello stato dell’economia e hanno punito il presidente Biden con un indice di approvazione anemico di appena il 39% nell’ultimo CNBC All-America Economic Survey di luglio.

Questo perché i danni causati dagli elevati livelli di inflazione e dagli aumenti dei tassi sono spesso più sentiti a livello microeconomico, come le piccole imprese (che vedono inasprite le condizioni del credito) e le famiglie che si vedono una rata del muto crescente. Gli aumenti dei tassi di interesse e i tassi di insolvenza sui prestiti per le piccole imprese generalmente aumentano in tandem, causando una stretta creditizia che potrebbe persistere.

I mercati, tuttavia, continuano ad essere ancora un po’ nervosi. E in parte non hanno torno. La misura del prezzo dell’inflazione del mercato obbligazionario, nota come tasso a termine, indica al momento un tasso ad un anno del 4,83%, dopo essere sceso sotto il 4% a maggio. E per aziende e consumatori, questo potrebbe essere un problema. Inoltre il debito complessivo delle carte di credito nel secondo trimestre ha superato per la prima volta 1 trilione di dollari e rende l’intero sistema molto più vulnerabile alle variazioni di tassi. Se teniamo inoltre conto degli indici anticipatori di ciclo, è possibile aspettarsi che i tassi di insolvenza del debito delle piccole imprese aumenteranno quanto più i tassi di interesse rimarranno alti.

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