Fuggi fuggi da Libra ma Zuckerberg prosegue
L’anno prossimo il conio della nuova moneta. Ma gli esperti mettono in guardia, rischi altissimi per l’intero sistema.
Le pressioni su Libra
Tutti contro Libra, la moneta virtuale di Facebook, ma Zuckerberg va avanti. La sua valuta dovrebbe entrare in circolazione nel 2020, l’anno prossimo. PayPal, Visa e MasterCard rinunciano al progetto.
Ma con caparbietà Zuckerberg prosegue. Solo l’annuncio di una criptovaluta ha già messo in allarme politici ed enti regolatori in America e in Europa. Il motivo è semplice: la valuta non è solo strumento di scambio, ma molto di più!
Ecco un esempio: incrementarla, fornire liquidità al sistema permette di uscire dalle crisi, anche le più pesanti. È successo per la crisi dei mutui subprime, dove la Fed ha iniettato nuova liquidità regalando al mondo il periodo di crescita economica più longevo di sempre. Ben Bernanke arrivato alla guida della Banca centrale Usa, appena prima dello scoppio della crisi, non era stato messo lì a caso. Era il maggiore studioso della crisi del ’29, quella che ha mandato al tappeto il mondo intero. Secondo l’ex governatore della Fed, l’errore allora fu quello di reagire con politiche monetarie restrittive quando bisognava fare l’esatto opposto.
I timori degli esperti
Con Libra, se prendesse piede, gli esperti già si chiedono cosa succederebbe se l’economia dovesse affrontare una crisi: chi decide come e quando intervenire? Un algoritmo che fissa la quantità di moneta non sarebbe in grado di farlo, altrimenti verrebbe meno il concetto di criptovaluta. Oppure Zuckerberg regalerà Libra ai suoi “amici”? (devo correre ad aprire profili fake, non si sa mai)
No la moneta è cosa troppo importante per essere lasciata in mano a un algoritmo.
Fuga dal progetto Libra
Lo hanno capito i colossi dei pagamenti PayPal, Visa e MasterCard che hanno lasciato solo Zuckerberg . L’incontro secondo indiscrezioni si sarebbe svolto, in un meeting inaugurale del progetto, in Svizzera (chissà perchè queste cose succedono sempre lì?)
Ma Libra prosegue. 21 membri rimasti dopo l'esodo hanno siglato l'atto costitutivo dell'Associazione Libra e ne hanno formalizzato il suo organo regolatore, il Libra Council. Il consorzio che si occuperà di vigilare sulla criptomoneta prende così corpo, dando il segnale di voler superare gli ostacoli sempre più numerosi che minacciano l'ultima trovata di Mark Zuckerberg, atteso il 23 ottobre al Congresso Usa per un'audizione sulla moneta. Anche la prossima Commissione Ue si occuperà di questo dossier.
A lasciare Libra, preoccupati anche dalla promessa di maggiori controlli governativi formulata da alcuni senatori Usa, sono stati non solo i grandi circuiti di pagamento, ma anche eBay, Stripe e, da ultimo, Booking.
A bordo sono rimasti gli operatori telefonici Vodafone e Iliad, le app di trasporto Uber e Lyft, il re della musica in streaming Spotify, la piattaforma Coinbase per lo scambio di criptovalute e alcune società di venture capital.
Una rivoluzione nei sistemi di pagamento
"L'Associazione è ansiosa di perseguire la sua missione di costruire una rete di pagamenti migliore, ampliare l'accesso ai servizi finanziari essenziali e ridurre i costi per i miliardi di persone che ne hanno più bisogno", scrive il consorzio, che punta a sfruttare gli oltre due miliardi di utenti Facebook per raggiungere quegli 1,7 miliardi di adulti che, nel mondo, non hanno un conto bancario, ma magari possiedono uno smartphone.
L'aspettativa è che Libra sia usata dagli utenti nei negozi virtuali, per inviare denaro, e in futuro - ha scritto Zuckerberg nei mesi scorsi - anche per pagare il caffè e le bollette. Per farlo, però, la valuta dovrà ottenere una serie di nulla osta che al momento sembrano tutt'altro che scontati. Dal presidente americano Donald Trump al governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, in questi mesi molti Big hanno messo in guardia - quando non dichiarato apertamente guerra - sulla criptomoneta.
I fratelli Winklevoss messi in ombra da Zuckerberg
Dietro le quinte del progetto Lybra, una piccola curiosità: Zuckerberg sta ripetendo quanto fatto negli anni universitari, seguire le orme dei gemelli Winklevoss, resi celebri dal film «The Social Network». Loro, i gemelli Tyler e Cameron Winklevoss (oggi 38enni), proprio a Zuckerberg hanno conteso la proprietà intellettuale del social network, dando vita a una controversia giudiziaria culminata in un risarcimento pari a 65 milioni di dollari nel 2008. Briciole, rispetto al valore di Facebook. Ma comunque tanto denaro. Zuckerberg gli ha letteralmente rubato l’idea solo perché sapeva programmare, e l’ha realizzata.
Grazie a quei soldi, i Winklevoss oggi si ritrovano miliardari. I due fratelli, infatti, nel 2013 decisero di investire 11 di quei 65 milioni in Bitcoin. Una somma considerevole che, all'epoca, era pari all'1% del totale della criptovaluta esistente. Praticamente un azzardo! Ma il tempo gli ha dato ragione. La crescita smisurata del valore di Bitcoin li ha resi ricchi: hanno acquistato 100mila criptomonete quando il valore di un Bitcoin era di 120 dollari. Oggi quel valore ha sfondato quota 8mila dollari. Da qui un capitale complessivo che, oggi, va ben oltre 800milioni di dollari.
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