Il toro cinese

20/07/2020 06:00
Il toro cinese

Il recente rally azionario, fra i più intensi degli ultimi anni, porta con sé molteplici interrogativi. Sarà sostenibile come affermano le autorità cinesi o è destinato a sgonfiarsi come nel 2015?

A cura di Massimo De Palma Head of Multi Asset Team, GAM, Antonio Anniballe e Paolo Mauri Brusa, Portfolio Managers

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La profezia si autoavvera

L’improvvisa fiammata del mercato azionario cinese si è materializzata dopo che una serie di articoli, pubblicati da diversi media governativi, hanno suggerito il possibile arrivo di un bull market e consigliato l’acquisto di azioni, la classica profezia che si autoavvera! Il parallelismo con l’estate del 2015 è subito tornato alla mente di molti investitori; anche allora le autorità governative, attraverso media e giornali, avevano caldeggiato e “agevolato” l’ascesa dei mercati, salvo poi dover assistere al crollo rovinoso del mese di agosto. Secondo alcuni economisti, il +15% messo a segno in poche sedute di borsa dall’indice di Shanghai non ha grandi giustificazioni economiche, almeno per ora.

La moral suasion del governo di Pechino ha avuto quindi un ruolo decisivo ma serve attenzione, occorre verificare la sostenibilità di tale movimento nel medio termine. Anche perché il repentino rialzo dei rendimenti obbligazionari, verificatosi in corrispondenza del rally azionario, non è certamente salutare per un’economia molto indebitata e con un mercato immobiliare piuttosto tirato.

In realtà alcune differenze con quanto successo nel 2015 ci sono e non sono di poco conto. All’epoca, l’allentamento dei requisiti di marginazione aveva permesso agli investitori privati di aumentare la portata delle proprie scommesse prendendo in prestito denaro per acquistare azioni. L’aumento della leva aveva contribuito ad amplificare i guadagni in un primo momento, ma poi aveva accelerato la caduta, capace di cancellare un terzo del valore dell’indice nell’arco di un mese.

Oggi i requisiti per l’utilizzo della leva finanziaria sono molto più stringenti ed è auspicabile che i regolatori siano più cauti e non ripetano gli errori del passato.

PMI sui servizi

Sul fronte macro, poi, le buone notizie non mancano: il PMI sui servizi pubblicato la scorsa settimana ha avuto il più grosso rialzo degli ultimi 10 anni, confermato dal balzo dell’indice Caixin (sempre relativo a i servizi) di questa settimana, passato da 55 di maggio a 58,4 di giugno, un livello compatibile con una fase di espansione economica sostenuta. La Cina sta evidentemente uscendo dalla fase critica. Se a questo aggiungiamo l’ingente programma d’investimenti messo in campo dal governo, progetti in infrastrutture di vario tipo, dalle telecomunicazioni (5G) all’intelligenza artificiale, dal cloud alle biotecnologie, comprendiamo come le prospettive nel medio termine siano abbastanza incoraggianti e possano giustificare un rialzo del mercato nei prossimi trimestri, anche al netto degli eccessi di qualche singola giornata. La sensazione di molti investitori, quindi, è che la Cina ripartirà prima e con più slancio di Stati Uniti ed Europa. Ovviamente, perché questo scenario si verifichi, è indispensabile che anche le economie occidentali ripartano senza grossi intoppi e che le tensioni con gli Stati Uniti non aumentino nuovamente come a fine 2018.

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