Il cammino verso l’obiettivo inflazione al 2% non sarà lineare


I mercati sembrano sostenere l’idea della tripletta: Inflazione più bassa, taglio dei tassi e economia in accelerazione nel 2H24.


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Nessun dato importante per i mercati in uscita oggi. Da seguire alle 11:00 il discorso del presidente della Bundesbank, Nagel e alle 11:25 quello di Fernadez-Bollo, membro del Consiglio di Vigilanza della BCE. Alle 20:00 verranno rilasciati i verbali dell’ultimo meeting del FOMC.

Approfondendo l’analisi dei deludenti dati per gli investitori di CPI e PPI USA recenti, non siamo del tutto convinti che segnalino una tendenza sostenibile verso un aumento dell'inflazione. Il dato principale del CPI è stato pari al 3,1% YoY, superiore alle aspettative per il 2,9% ma, comunque, inferiore al 3,4% di dicembre. L'inflazione core (esclusi alimentari ed energia) è rimasta più vigorosa al 3,9% su base annua, al di sopra delle aspettative del 3,7% e in linea con la lettura di dicembre. Come dicevamo, dall’analisi dei dati abbiamo notato che l’inflazione CPI si è moderata nei settori dell'energia e dei servizi energetici, delle materie prime e dei prezzi delle auto e dei camion usati. Mentre in aumento sono risultati i generi alimentari e quelli fuori casa (ad es. ristoranti) nonché le assicurazioni auto.

Le componenti più critiche dell’inflazione CPI USA sono state ancora una volta gli alloggi e gli affitti, che rappresentano quasi un terzo del paniere complessivo. Questa cifra è aumentata del 6% annuo, al di sopra delle aspettative, dimostrandosi quindi più vischiosa di quanto la maggior parte degli investitori avesse previsto. Tuttavia, gli alloggi e gli affitti nel paniere dell’IPC spesso ritardano ciò che sta accadendo nei mercati immobiliari e degli affitti in tutto il Paese. I dati in tempo reale suggeriscono infatti che queste componenti dell’IPC si raffredderanno nei prossimi mesi. Stimiamo che l’inflazione CPI possa scendere a circa il 2,5% nel quarto trimestre dell’anno, il che fornirebbe sostegno ai consumatori e darebbe alla Fed un’importante conferma per iniziare un ciclo di taglio dei tassi.

Non escludiamo che un altro fattore in gioco nelle letture dell'IPC di gennaio sia quello noto come “effetto gennaio” per i prezzi al consumo e all'ingrosso. Le aziende tendono a imporre aumenti dei prezzi all’inizio dell’anno, il che può avere un impatto enorme sui dati sull’inflazione di gennaio. Se così fosse, potrebbe trattarsi più di un effetto una tantum piuttosto che di una tendenza persistente e quindi nei prossimi mesi continueremo a vedere una moderazione della crescita dei prezzi.

Che cosa significa tutto questo per la Fed? Un risultato chiave dei dati sull'inflazione più caldi del previsto della scorsa settimana è stata la rivalutazione delle aspettative del mercato per i tagli dei tassi della Fed. Prima della scorsa settimana, i mercati avevano previsto circa cinque tagli dei tassi, a partire dalla riunione della Fed di maggio. Ora si prevedono tre tagli dei tassi, magari a partire dalla riunione di giugno.

A nostro avviso, questo rappresenta un salutare aggiustamento delle aspettative del mercato. Probabilmente è più allineato alla visione della Fed e alla nostra visione di tre (o forse quattro) tagli dei tassi a partire dalla seconda metà del 2024. Continuiamo comunque a ritenere che la Fed sarà molto paziente nell’avviare i tagli e probabilmente preferirà aspettare e vedere le tendenze dell’inflazione nei prossimi mesi.

Teniamo presente che uno dei parametri di inflazione preferiti dalla Fed, l’inflazione della spesa per consumi personali (PCE), tende ad essere inferiore all’inflazione CPI. È già al 2,6% per l'inflazione primaria e al 2,9% per l'inflazione core, molto più vicina all'intervallo obiettivo del 2,0% della Fed. Questo è, in parte, dovuto al fatto che la componente alloggi nell’inflazione PCE rappresenta solo il 15% circa del paniere contro il 33% circa del paniere CPI. La prossima lettura dell’inflazione PCE avverrà il 29 febbraio e l’aspettativa è di una moderazione annuale sia dell’inflazione primaria che di quella core.

Nel complesso, anche se i rendimenti dei Fed Funds si sono mossi al rialzo e le azioni si sono mosse nettamente al ribasso dopo i dati sull’inflazione CPI e PPI, da allora abbiamo assistito ad una certa stabilità (in particolare nei mercati azionari). I rendimenti si sono spostati al rialzo rispetto ai minimi recenti, in parte riflettendo l’adeguamento dei tagli dei tassi verso la fine dell’anno, ma le azioni continuano a muoversi nell’intorno dei massimi. I mercati potrebbero sostenere l’idea che col tempo potremmo ottenere la tripletta di risultati fondamentali che stavamo cercando: inflazione più bassa, Fed che taglia i tassi e crescita economica che si raffredda ma accelera nella seconda metà del 2024.

In sintesi, ci aspettiamo che l'inflazione si moderi, anche se probabilmente il cammino verso l’obiettivo del 2% non sarà lineare. E questo potrebbe significare che i mercati azionari incontreranno una volatilità crescente nei prossimi mesi. Ma per gli investitori questo potrebbe anche significare opportunità, soprattutto per coloro che non sono stati in grado di partecipare pienamente al rapido rally iniziato alla fine dello scorso anno.

Sebbene i pullback siano probabili e addirittura per certi versi attesi, non vediamo al momento la possibilità che questi pullback si trasformino in mercati ribassisti più nefasti, dato il contesto fondamentale. Occorre quindi sfruttare la volatilità del mercato per ampliare e diversificare i portafogli, soprattutto in vista di un ciclo potenzialmente pluriennale di tagli dei tassi da parte della Fed che con tutta probabilità inizierà entro la fine dell’anno.

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