Il certificate che rende fino al 19,57% annuo sui bancari europei

Il certificate firmato da Barclays con ISIN XS3052742759 tratta sotto la parità a 98 euro e punta su quattro protagonisti del panorama bancario europeo che si trovano tutti sopra il livello iniziale: BBVA +21,8%, Commerzbank +14,5%, Intesa Sanpaolo +11,9% e Banca MPS +3,1%.
Lo strumento offre cedole mensili con effetto memoria pari a 1,52 euro, condizionate a una barriera fissata al 60% del livello iniziale dei sottostanti.
Sul prezzo attuale e considerando la durata residua, il potenziale rendimento annuo può arrivare al 19,57% (calcolato sul prezzo di oggi e tenendo conto della vita residua del prodotto).
Non manca la possibilità di rimborso anticipato a partire da aprile 2026, con soglia autocall decrescente dell’1% al mese dal 100% del valore iniziale al 74% finale.
A scadenza, fissata per luglio 2028, il capitale investito è al riparo da eventuali ribassi dei sottostanti fino a una soglia del 40% rispetto al livello iniziale.
Indice dei contenuti
- 1. Sottostanti sopra il livello iniziale, prezzo sotto la parità e autocall da aprile
- 2. Ogni mese un premio con memoria di 1,52 euro
- 3. Gli scenari di rimborso alla scadenza finale
- 4. La benzina del rally bancario
- 5. Le mosse del risiko bancario in Europa
- 6. Il consensus degli analisti sulle quattro banche
Sottostanti sopra il livello iniziale, prezzo sotto la parità e autocall da aprile
Margini elevati, ricchi dividendi, M&A e taglio costi: condizioni perfette per i certificate sul settore bancario europeo. Tra le proposte più interessanti spicca il Cash Collect targato Barclays con ISIN XS3052742759, che si acquista oggi sotto la parità a 98 euro e promette un potenziale rendimento annuo del 19,57%, calcolato in base alla vita residua del prodotto e al prezzo di negoziazione attuale.
Il certificate punta su quattro colossi del credito in Europa e la sua forza è che tutti i sottostanti, al momento, si trovano ben oltre il livello iniziale: BBVA +21%, Commerzbank +11,9%, Intesa Sanpaolo +9,9%, e Banca MPS +1,8%. L’investitore beneficia di cedole mensili con effetto memoria da 1,52 euro ciascuna, garantite a patto che i sottostanti non scendano sotto la barriera posta al 60% del valore iniziale, soglia che funge anche da protezione parziale del capitale a scadenza (luglio 2028).
Considerato l’acquisto oggi a 98 euro, l’investitore potrebbe incassare 33 cedole (i primi tre premi sono già stati pagati) nell’arco dei 2,72 anni residui e 2 euro di capital gain (differenza tra il prezzo attuale di 98 euro e il rimborso a 100 euro) per un totale di 52,16 euro. Rapportando il rendimento complessivo del 53,22% alla vita residua del prodotto (2,72 anni), il ritorno annualizzato raggiunge il 19,57% (52,16 euro di cedole e capital gain diviso 98 euro investiti siamo a 53,22% in 2,72 anni si arriva al 19,57%).
A questi livelli dei sottostanti non è da trascurare la possibilità di rimborso anticipato: il meccanismo di autocall scatterà dal 2 aprile 2026, con il certificate che potrà essere liquidato a 100 euro se tutti i sottostanti saranno sopra il livello iniziale. A quel punto l’investitore riceverebbe anche sei cedole da 1,52 euro (le prime tre sono già state staccate), portando il guadagno complessivo a 109,12 euro. Considerando il breve orizzonte temporale di 5,64 mesi, il rendimento sarebbe dell'11,35% (9,12 euro di premi più 2 euro di capital gain su 98 euro di acquisto), per un ritorno annualizzato che salirebbe così al 24,14%.
Da aprile 2026 in poi, la soglia autocall scenderà dell’1% al mese, passando gradualmente dal 100% fino al 74% del valore iniziale dei sottostanti, aumentando così le chance di rimborso anticipato. Segue una tabella di sintesi con tutti i principali livelli di riferimento del prodotto.
Ogni mese un premio con memoria di 1,52 euro
Il certificate con ISIN XS3052742759 offre un flusso di premi mensili con effetto memoria pari all’1,52% del nominale (100 euro), equivalenti a 18,24 euro annui. Rapportando questo flusso cedolare al prezzo di acquisto attuale di 98 euro e considerando la vita residua di 2,72 anni, il rendimento potenziale annualizzato raggiunge il 19,57%.
Il calcolo è semplice: in meno di tre anni (2,72 anni), l’investitore potrebbe incassare 50,16 euro di premi (1,52 euro per 33 cedole mensili) più 2 euro di capital gain (differenza tra il prezzo attuale di 98 euro e il rimborso a 100 euro). A conti fatti, un investimento di 98 euro, si traduce in un ritorno complessivo del 53,22% da qui alla scadenza prevista per luglio 2028, che una volta annualizzato porta il rendimento potenziale al 19,57%, parametro utile per confrontare questo prodotto con altri Cash Collect presenti sul mercato.
Il pagamento delle cedole è subordinato al rispetto di una barriera fissata al 60% del livello iniziale dei sottostanti: ogni mese, infatti, se nessuno dei quattro titoli (BBVA, Commerzbank, Intesa Sanpaolo e Banca MPS) avrà registrato una perdita superiore al 40% dal valore inziale, il premio sarà corrisposto regolarmente.
A rendere più robusta questa struttura interviene l’effetto memoria, meccanismo prezioso per non perdere premi in caso di mancato pagamento in una o più date di osservazione. Se le condizioni non risultano rispettate in un determinato mese, il premio non va perso, ma viene conservato “in memoria”. Alla prima data utile in cui i requisiti risultano soddisfatti, le cedole in pancia al prodotto verranno corrisposte tutte insieme, compreso il premio di quel periodo.
Un ulteriore aspetto interessante riguarda la fiscalità dei certificate. I rendimenti generati da questo prodotto, essendo classificati come “redditi diversi”, possono infatti essere utilizzati per compensare eventuali minusvalenze pregresse, consentendo così di recuperare parte del credito fiscale accumulato su perdite realizzate. Questo meccanismo resta valido fino a quattro anni successivi alla data in cui la minusvalenza è stata registrata.
Gli scenari di rimborso alla scadenza finale
Per chi guarda al certificate con ISIN XS3052742759, il momento cruciale arriverà alla naturale scadenza del 3 luglio 2028, qualora nel frattempo non si sia verificato il rimborso anticipato. In quel momento, saranno due gli scenari possibili, determinati dall’andamento dei quattro titoli bancari sottostanti: BBVA, Commerzbank, Intesa Sanpaolo e Banca MPS.
Il meccanismo di protezione prevede una barriera sul capitale fissata al 60% del livello iniziale dei sottostanti, che viene osservata esclusivamente alla data di valutazione finale (3 luglio 2028). In pratica, l’investitore beneficia di una protezione contro cali fino al 40% del valore iniziale dei sottostanti. Una soglia che, allo stato attuale, vede i titoli mantenersi a distanza di sicurezza: BBVA è distante il 50,4%, Commerzbank il 46,1%, Intesa Sanpaolo il 45,4% e Banca MPS il 41,1%, aumentando la probabilità di un esito favorevole alla scadenza.
Nel caso in cui, alla scadenza, tutti i sottostanti si trovino al di sopra o pari alla barriera, l’investitore riceverà il rimborso integrale del valore nominale di 100 euro, a cui si sommeranno l’ultima cedola da 1,52 euro e gli eventuali premi in memoria. Considerando l’acquisto al prezzo attuale di 98 euro, il guadagno complessivo si attesta a 50,16 euro di cedole e 2 euro di capital gain, portando il rendimento totale al 53,22% in quasi tre anni (2,72 anni), corrispondente a un 19,57% annualizzato.
Se invece alla data di valutazione anche uno solo dei sottostanti dovesse scendere sotto la barriera, il capitale non risulterebbe protetto integralmente: in tal caso, l’investitore riceverebbe un importo pari alla performance del peggior titolo. Per esempio, un calo del 50% del worst of comporterebbe un rimborso finale di 50 euro, a cui andrebbero però sommati eventuali premi già incassati, capaci di attenuare la perdita sul capitale.
La benzina del rally bancario
Margini elevati, dividendi altissimi e patrimoni solidi. È questa la benzina che continua ad alimentare il rally del settore bancario, nonostante il timore di un calo dei tassi.
Partiamo dai margini. Il segreto delle banche per fare un mare di “extraprofitti”, così li ha battezzati la politica, non sono i tassi elevati come erroneamente credono in molti, ma piuttosto il differenziale dei tassi a breve con quelli a lungo. Le banche si finanziano a breve e prestano a lungo, il differenziale dei tassi alimenta i loro margini. Negli ultimi anni, in tutta Europa questo differenziale si è ampliato moltissimo, come mostra il grafico sotto.
In Germania addirittura la curva dei rendimenti si è invertita rispetto a un anno fa: da negativo, il tasso a lungo meno quello a breve, ora è positivo. Questo sta permettendo alle banche di tutta Europa di continuare a mettere a segno utili da record, nonostante i tassi siano in calo.
Secondo punto i dividendi. In Italia abbiamo titoli che grazie agli "extraprofitti" staccano cedole tra il 7 e il 10%, MPS ha un dividendi yield che addirittura sfiora l’11%, quando i tassi, vedi BTP a 10 anni si aggirano al 3,6%. Più scendono i tassi, più sono interessanti i dividendi dei bancari, attirando interesse per questi titoli che ne mantengono alte le quotazioni.
Infine la solidità patrimoniale. Il Cet1 è un indice che misura la solidità patrimoniale del settore. Negli ultimi 10 anni, tra mutui subprime e sorpresine sul fronte dei non performing loans, le banche hanno applicato rigide politiche spesso dettate dalla Bce, per aumentare la solidità patrimoniale e gli effetti sul Cet1 sono visibili, quasi tutte le banche godono di capitale in eccesso grazie a parametri di solidità patrimoniale che eccede quella richieste dall’autority. Su questo le nostre banche italiane non hanno più niente da invidiare alle tedesche anzi in alcuni casi sono anche più solide.
Ultimo, ma non per questo meno importante, il fattore che sta richiamando gli acquisti nel comparto si chiama M&A. Le operazioni straordinarie stanno contagiando l’Europa, l’M&A è l’unica via che le nostre banche hanno per poter competere alla pari con i colossi americani. Opa, Ops e contro Opa potrebbero contribuire rafforzare i multipli del comparto.
Le mosse del risiko bancario in Europa
Il 2025 si conferma l’anno del risiko bancario in Europa, con colossi come Banca MPS, Intesa Sanpaolo, Commerzbank e BBVA pronti a giocare partite decisive che potrebbero ridisegnare gli equilibri del credito del Vecchio Continente.
Banca MPS
Il 24 gennaio, Banca MPS ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (Ops) su Mediobanca, provocando un terremoto ai vertici della finanza italiana. Operazione gradita dal governo che ha già fatto sapere che non eserciterà il golden power. L'8 settembre è terminata l'Ops di MPS sulle azioni ordinarie Mediobanca, iniziata il 14 luglio (in origine Ops, si è trasformata in Opas a seguito della decisione della banca senese di aggiungere a quanto messo già sul piatto una componente cash, in contanti, di 0,90 per azione).
Il risultato ha stracciato le previsioni più ottimistiche, consentendo a Banca MPS di conquistare l’86,3% circa del capitale di Mediobanca e riducendo le quote dei maggiori azionisti di MPS. Delfin si ritrova con il 18%, Caltagirone con l'11%, il MEF con il 5% e Banco BPM con il 2%. Ma soprattutto la valanga di adesione all'offerta di acquisto e scambio rende più vicino il delisting di Mediobanca dalla Borsa e in parallelo la fusione fra le due banche. Probabile poi che le attività verranno riorganizzate secondo le specializzazioni di entrambi gli istituti di credito conservando entrambi i marchi.
Su chi guiderà la transizione la partita è aperta: la lista per il nuovo cda di Mediobanca è da presentare entro il 3 ottobre per l'assemblea del 28. Si riunirà poi a breve il board dell'istituto senese per fare il punto sul da farsi, anche alla luce dei sorprendenti risultati dell’Opas. Secondo Moody’s, manca “la chiarezza su costi di integrazione e potenziali sinergie di costi e ricavi future. Inoltre, non sono stati ancora comunicati dettagli sul piano di finanziamento del gruppo combinato e sui requisiti minimi di capacità di assorbimento delle perdite fissati dalle autorità”.
Occorre ricordare che, per opporsi alla scalata di MPS, Mediobanca aveva messo sul piatto una controffensiva con l’acquisizione di Banca Generali per 6,3 miliardi di euro, finanziata cedendo la propria quota in Generali. L’operazione, presentata come una spinta verso una “partnership industriale”, è stata però fermata dall’assemblea degli azionisti: solo il 35% dei votanti ha votato a favore, con 10% contrari e un’amazzonia di astensioni (32%), incluse quelle di Delfin e Caltagirone. Questo rifiuto ha compromesso la difesa strategica di Alberto Nagel, che aveva puntato su Banca Generali per rafforzare il gruppo e neutralizzare l’offensiva di MPS.
Intesa Sanpaolo
Fino ad ora, nell’attuale scenario scacchistico bancario e finanziario, Intesa Sanpaolo è rimasta a guardare. La più grande banca del Paese ha già raggiunto una dimensione tale da rendere difficile una ulteriore espansione sul territorio italiano. Per questo motivo il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, riconfermato per il suo quinto mandato, nelle sue uscite pubbliche ha sempre ribadito che la banca intende restare fuori dal risiko.
Intesa ha "delle quote minime tra lo 0,5% e lo 0,7% in Mediobanca e in Generali", ha spiegato Messina, "ma quello che fanno i nostri fondi comuni di investimento è totalmente al di fuori del contesto della governance della banca. Ci sono delle regole chiare di governance dei fondi che operano nel solo interesse dei clienti, quindi non voglio essere infilato in queste tematiche".
La banca, dopo numerose fusioni, ha oggi circa il 20% in tutti i mercati del settore, vicina ai tetti Antitrust. Insomma, si tratta di una banca in piena salute, il cui operato tiene conto anche dell’interesse del Paese e non soltanto di quello dei propri azionisti.
Intesa si è quindi distinta per la sua scelta deliberata di non partecipare alle operazioni di consolidamento in corso, puntando invece sul rafforzamento interno e sulla generazione di valore organico. Il ceo Carlo Messina ha definito le contese in corso come un "Far West" e uno scenario eccessivamente confusionario, ribadendo che Intesa preferisce evitare tali rischi e concentrarsi sulla redditività.
Commerzbank
La scalata silenziosa di UniCredit in Commerzbank è arrivata a un nuovo punto di svolta: il gruppo guidato da Andrea Orcel detiene oggi circa il 26% dei diritti di voto nella banca tedesca, dopo aver convertito una parte consistente delle posizioni derivate in azioni fisiche. L’obiettivo dichiarato è spingersi fino al 29% circa, restando sotto la soglia del 30% che obbligherebbe a un’offerta pubblica d’acquisto.
Sul fronte regolamentare, UniCredit ha ottenuto via libera dalla Bce e dalle autorità tedesche della concorrenza, ma lo scenario resta tutt’altro che lineare. Il governo di Berlino ha ribadito la sua opposizione, definendo “sconnesso e ostile” l’approccio del gruppo italiano e chiarendo che non intende cedere ulteriori quote della banca simbolo del credito tedesco. Il management della banca tedesca ha ribadito la difesa dell’indipendenza e anche i sindacati di Commerzbank hanno espresso forte preoccupazione a Bruxelles, paventando rischi occupazionali e dubbi sulla reale sostenibilità industriale di un’eventuale fusione.
Il Ceo di Unicredit non ha escluso la possibilità di un’offerta pubblica di acquisto ostile, qualora lo scenario lo imponesse. “Abbiamo speso miliardi per costruire la nostra quota e questo ci conferisce diritti. Se le cose non vanno bene, bisogna agire per cambiarle”, ha spiegato Orcel, lasciando aperta l’ipotesi di chiedere un seggio nel consiglio di sorveglianza.
Rispondendo alle critiche della Ceo di Commerzbank, Bettina Orlopp, Orcel ha chiarito che la presenza di un rappresentante UniCredit nel board non configurerebbe un conflitto di interessi, grazie alle regole di governance vigenti in Germania.
L’integrazione di Commerzbank con la controllata bavarese HypoVereinsbank, controllata di UniCredit, resta lo scenario preferito da Orcel, che insiste sui possibili benefici occupazionali: “Se Commerzbank resterà indipendente, nei prossimi cinque-sette anni dovrà probabilmente tagliare più posti di lavoro rispetto a un’eventuale acquisizione”.
Il Ceo ha ribadito che l’operazione mira a rafforzare i ricavi più che a ridurre i costi, con l’intenzione di preservare e potenziare la rete territoriale della banca tedesca. Per ora, Unicredit è “esattamente dove vuole essere” e procede con calma. “Nessuno sa davvero quale sia il piano, ma questo non significa che non ci sia. Perché noi abbiamo un piano”, ha detto Orcel.
BBVA
Novità nel risico bancario anche in Spagna, dove si accende l’offerta lanciata da BBVA sulla catalana Sabadell dopo il giudizio negativo arrivato dal board di quest’ultima, secondo il quale l’offerta sottovalutava il valore della banca.
Il cda dei baschi ha annunciato l’aumento del 10% e la modifica della natura dell’offerta, rendendola interamente in carta contro carta. Pertanto, ora BBVA propone di scambiare 1 sua nuova azione per ogni 4,8376 azioni Sabadell, alzandola così rispetto alla precedente proposta di un concambio di una ogni 5,5483 oltre a 0,70 euro in contanti.
La nuova offerta valorizza Sabadell circa 17 miliardi di euro contro i 15 miliardi della proposta precedente e, secondo le quotazioni di Borsa della chiusura di venerdì, corrisponde a una valutazione di 3,39 euro per ogni azione Sabadell rispetto ai 3,14 euro della precedente offerta.
La modifica dei termini dell’offerta è arrivata nonostante le smentite del management di BBVA arrivate dei mesi scorsi su un possibile aumento. Le azioni Sabadell erano state scambiate a un prezzo superiore all'offerta dei baschi da gennaio, con uno spread che ha addirittura raggiunto il 15% la scorsa estate. In risposta, Torres ha dichiarato che l'offerta precedente era allettante e che la valutazione di Sabadell in borsa era puramente speculativa.
Il management di BBVA spiega il cambio di strategia come un tentativo di eliminare la penalizzazione fiscale per gli azionisti spagnoli che l'offerta precedente comportava. Includendo la piccola tranche in contanti, 0,70 euro corrispondenti ai dividendi pagati negli ultimi mesi, l'operazione aveva perso la sua neutralità fiscale, costringendo gli azionisti che hanno accettato l'offerta a pagare le imposte sulle loro plusvalenze. Con questa modifica, BBVA cerca di ottenere il successo dell'operazione e di attrarre gli investitori retail di Sabadell, che rappresentano poco meno della metà del capitale azionario, secondo i calcoli della banca catalana stessa.
L’istituto basco dispone inoltre di un'altra leva per cercare di garantire il successo dell'operazione: abbassare la condizione minima di accettazione dal 50% al 30% al termine del periodo. Sebbene Torres abbia ripetutamente dichiarato di non voler rinunciare a questa opzione, l'opzione è comunque sul tavolo.
In ogni caso, BBVA non ha ceduto alla principale richiesta del mercato, che era quella di aumentare la tranche in contanti, almeno per raggiungere il dividendo straordinario di 2,5 miliardi di euro che Sabadell pagherà a gennaio, a fronte della vendita della sua controllata britannica, TSB.
L'operazione avrà un impatto sul capitale compreso tra 21 e 41 punti base, che si ridurrà a un impatto positivo compreso tra 40 punti base e un impatto negativo di 4 punti base a seguito della vendita della controllata britannica TSB. L'aumento dell'utile per azione sarà del 3% e il rendimento rimarrà al 17%.
Il consensus degli analisti sulle quattro banche
La view degli analisti sui quattro titoli sottostanti si conferma complessivamente positiva, rafforzando ulteriormente le prospettive favorevoli per il prodotto.
Positivo il quadro che riguarda la spagnola BBVA, monitorata da 23 analisti. Sono 13 le raccomandazioni di acquisto (buy), 8 esperti dicono di mantenere le azioni in portafoglio (hold) e 2 consigliano di vendere (sell). Il target price medio è pari a 16,76 euro, che implica un upside potenziale del 6% rispetto ai valori correnti del titolo a Madrid.
Su Commerzbank, il sentiment si presenta più neutrale. Dei 21 analisti che monitorano il titolo, 6 consigliano buy, 9 suggeriscono hold e 6 sell. Il prezzo obiettivo medio è di 32,69 euro, con un potenziale di crescita del 4% dalla quotazione attuale a Francoforte.
Molto positiva la situazione per Intesa Sanpaolo: su 26 analisi che seguono il titolo, 17 consigliano buy, 6 suggeriscono hold e 3 sell. Il target price medio è di 5,93 euro, che implica un upside potenziale dell'8% rispetto ai prezzi attuali a Piazza Affari.
Infine, Banca MPS è seguita da 11 analisti: di questi, 6 raccomandano buy, 4 suggeriscono hold e 1 ha un giudizio sell. Il prezzo obiettivo medio si attesta a 9,04 euro, che implica un potenziale di crescita del 25% rispetto alla quotazione attuale a Piazza Affari.
La combinazione tra distanza dalle barriere e prospettive positive degli analisti dovrebbe offrire una cornice di relativa tranquillità per gli investitori che valutano l'acquisto del certificate.
Attenzione: Il Certificate XS3052742759 è soggetto ad un livello di rischio pari a 6 su una scala da 1 a 7.
Ricordiamo che investire in certificati espone l’investitore al rischio fallimento dell’emittente e a quello di azzeramento di un sottostante, casi che possono comportare la perdita dell’intero investimento.
Barclays gode di un buon rating:
- A+ da parte di S&P
- A1 da parte di Moody
I potenziali rendimenti indicati sono sempre al lordo della tassazione.
Prima di ogni investimento leggere sempre tutti i documenti scaricabili dalla pagina del prodotto dell’emittente.
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