Il denaro torna su Alibaba: escluso il rischio delisting in Usa


Torna a salire il titolo del colosso cinese dell’e-commerce: secondo Reuters la Casa Bianca ha abbandonato l’idea di bandire la società dal Nasdaq. Azioni in rialzo dopo il tonfo del 35% da ottobre a oggi. Restano i dubbi e gli interrogativi sulla situazione del fondatore Jack Ma, entrato in conflitto con le autorità di Pechino.


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A favore del gruppo cinese anche il ministro Mnuchin

Al Nasdaq i riflettori sono puntati su Alibaba, il colosso cinese dell’e-commerce che negli scambi del pre-market segna un rialzo del 2,1% a 248 dollari, dopo avere chiuso ieri sera a 242,9 dollari, con un guadagno del 3,2%.

A spingere il titolo sono le indiscrezioni riportate da Reuters, secondo cui non ci sarà il delisting obbligato del gruppo dal mercato azionario americano. Questo rischio si è creato dopo che lo scorso dicembre il Congresso americano ha approvato una legge che costringe le società cinesi a delisting forzati dalle Borse americane in caso di mancato rispetto delle regole contabili statunitensi.

L’ultima parola spetta al presidente uscente Donald Trump che ha fortemente voluto questa mossa restrittiva nell’ambito della battaglia con Pechino che ha caratterizzato il suo mandato. Aziende del calibro di Alibaba e China Telecom sono ben consapevoli della difficoltà di sottoporre i loro bilanci agli organi di vigilanza statunitensi, in primis la SEC.

Secondo quanto riporta Reuters, la decisione di lasciare le azioni Alibaba al Nasdaq sarebbe il risultato dell'ennesimo scontro tra le "colombe" e i "falchi" dell'amministrazione di Donald Trump, con Steven Mnuchin, Secretary of the Treasury (ministro del Tesoro di Washington), che negli ultimi tempi sarebbe entrato a fare parte del gruppo delle "colombe".

“Jack Ma lavora da casa in contatto con i vertici aziendali”

Altre notizie positive su Alibaba erano circolate nei giorni scorsi, riportate dal Financial Times. In particolare il quotidiano britannico ha riferito che il fondatore Jack Ma, assente dalla scena pubblica dalla fine di ottobre, lavora da casa ed è in contatto con i vertici aziendali, con i consulenti e con gli amici. Alcune fonti sentite dal quotidiano riferiscono che l'imprenditore se ne sta in disparte, un po' perché ci sono le restrizioni agli spostamenti provocate dalla pandemia, un po' perché è molto impegnato nel confronto con le autorità della Cina.

L'Antitrust ed altre agenzie di controllo gli contestano sia delle pratiche monopolistiche, sia di rappresentare una minaccia alla stabilità del sistema finanziario. Uno dei temi caldi del confronto tra l'azienda e il Partito comunista, di cui peraltro Jack Ma è membro onorario da una decina di anni, è Yu’E Bao, il sistema che permette di mettere soldi in un fondo d’investimento, scegliendo la destinazione direttamente dal telefonino e senza passare da altri intermediari, come un normale acquisto di e-commerce.

I regolatori, ma anche una parte importante del sistema del credito e della gestione del risparmio, vedono in questa semplicità di esecuzione un rischio molto pericoloso.

La Banca Popolare della Cina a sostegno dei gruppi tech

C'è però un soggetto che in queste settimane è sceso in campo al fianco di Ma, la Banca Popolare della Cina: la banca centrale, attraverso il suo vice presidente, ha ricordato a tutti l'importanza dell'innovazione tecnologica in ambito finanziario, un riferimento non esplicito, ma chiaro, a Tencent, Baidu ed Alibaba, i grandi nomi dell'high-tech della Cina.

Le quotazioni di Borsa di Alibaba hanno toccato il record storico di 319 dollari a fine ottobre e sono precipitate in ribasso nel 35% prima di abbozzare la reazione tuttora in corso.

La situazione attuale di Jack Ma è piuttosto problematica: l’imprenditore cinese risulta scomparso dal 24 ottobre, ultima apparizione in pubblico: in una conferenza a Shanghai si era espresso duramente sul sistema bancario cinese, descritto come un “banco dei pegni”. Le autorità nazionali hanno preso di mira la piattaforma Alibaba e le finanze (vastissime) di Ma, secondo uomo più ricco del paese con un patrimonio di 58,3 miliardi di dollari stando alle stime di Forbes.

All’inizio di novembre le autorità hanno bloccato la quotazione in Borsa del colosso finanziario Ant, società di pagamenti elettronici che opera come braccio finanziario di Alibaba. Lo stop a quella che si profilava come la più grande Ipo della storia è arrivato a poche ore dal lancio dell’operazione alla Borsa di Shanghai, il cui valore era stimato in 37 miliardi di dollari.

Fondata nel 1999 da Jack Ma e da altri 17 soci, Alibaba ha avuto un successo strepitoso, si è quotata nel 2007 a Hong Kong e nel 2014 in America. Oggi la società capitalizza al Nasdaq 636 miliardi di dollari, meno della metà dei 1.587 miliardi di Amazon a cui viene spesso accomunata.

Fra le innovazioni portate da Alibaba nel mondo del commercio, va ricordata la vendita di automobili online. Il colosso cinese di e-commerce ha fatto registrare numeri record per le vendite online di automobili, con 380.000 unità soltanto nei 10 giorni dei Single’day di novembre. Una differenza notevole con il mercato automotive occidentale: in Europa e Stati Uniti solo lo 0,5% delle trattative è passato per il web nel 2020, non più di 75.000 auto. In Cina le percentuali sono molto più alte.

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