Il punto di Antonio Tognoli


La tecnologia ha portato a cambiamenti spesso inaspettati nel funzionamento delle imprese e la disruptive technology ha rivoluzionato le logiche correnti. Largo quindi agli investimenti nelle azioni dei titoli tecnologici? Si, ma ad alcune condizioni.


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Abbiamo discusso spesso di tecnologia ma poco di quanto questa possa essere “disruptive” per le imprese, ovvero del cambiamento dirompente cui saranno chiamati a mixarsi i due principali fattori della produzione: capitale e lavoro. L’accelerazione al cambiamento è stata innescata dalla pandemia che ha modificato il modo di lavorare, comunicare e spendere. Il passaggio improvviso al nuovo stile di vita ha accelerato un trend in atto da tempo e fatto esplodere la domanda di tecnologie e innovazioni in grado di supportare soluzioni virtuali utili alla vita di tutti i giorni. Dopo due anni di distanziamento sociale forzato le imprese hanno realizzato che esiste un modo di produrre più semplice, anche rispetto ai tempi pre-pandemici.

Disruptive technology non significa però semplice accelerazione di processi in atto, ma è l’insieme degli effetti di nuove tecnologie, di nuovi modi di operare che portano a modificare completamente la logica seguita fino a quel momento, introducendo e rivoluzionando le logiche correnti. Nelle aziende la disruptive technology fa riferimento a cambiamenti anche inaspettati nel funzionamento di un business, definiti soprattutto dalle potenzialità offerte dalla tecnologia. Un esempio è Amazon, che diventa fornitore di contenuti televisivi quando di fatto era noto come fornitore di prodotti on line, oppure WhatsApp, che cambia il modo di comunicare rivoluzionando il mercato dei gestori di telefonia. Ma anche AirB&B, che modifica radicalmente il modo di organizzare i viaggi e trasforma il modello di business alberghiero. L’elenco sarebbe ovviamente lungo.

Nel 2022 gli investimenti aziendali globali in sistemi IT sono previsti contrarsi rispetto al 2021: nell’ottobre scorso Gartner ha stimato una riduzione dal 9,5% del fatturato del 2021 al 5,5% del 2022 con investimenti che saranno destinati soprattutto alla sicurezza informatica, alla migrazione al cloud e nei tool di analisi dei dati.

Largo quindi agli investimenti nelle azioni dei titoli tecnologici? Si, ma ad alcune condizioni. La prima è il periodo temporale dell’investimento che deve essere necessariamente lungo. Le valutazioni relative dei titoli del settore sono attualmente ancora superiori alle medie storiche in alcuni comparti, come per esempio quello del software. Siamo tuttavia convinti che nonostante la fase delicata per i mercati, il settore meriti un premio rispetto al resto del mercato grazie sia al miglioramento dei rendimenti sul capitale investito (ROIC) sia alle ottime prospettive di crescita a medio e lungo termine che rimangono invariate. Crediamo infatti che gli investimenti delle imprese nel settore IT rimarranno sostenuti grazie proprio alla componente fortemente disruptive che questi comportano sia in termini di innovazione di processo che di prodotto. Ma questo, come dicevamo, vale per il lungo periodo.

Nel breve periodo e soprattutto pensando alle società tecnologiche in forte crescita e quindi con flussi di cassa futuri scontati a più lungo termine, la potenziale debolezza dei mercati obbligazionari rappresenta infatti un rischio. Soprattutto se l’inflazione dovesse rimanere per molto tempo oltre gli obiettivi fissati dalla banche centrali, i titoli tecnologici potrebbero sottoperformare la media degli indici (le valutazioni sconterebbero tassi di interesse più alti). Il rischio tassi di interesse può tuttavia essere mitigato bilanciando i titoli a crescita elevata (e valutazioni elevate) con investimenti in società a crescita più stabile e con valutazioni più convenienti.

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