L’inflazione USA rafforza l’ipotesi taglio a settembre? Le previsioni degli analisti

Il dato di luglio sui prezzi ha spinto Wall Street a nuovi record grazie all’aumento delle previsioni di un taglio dei tassi dopo l’estate e sono in molti ad attendersi più di un allentamento monetario nel resto del 2025.
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Verso il meeting Fed
Il dato sull’inflazione di luglio negli Stati Uniti pubblicato ieri sembra aver tolto qualunque dubbio degli esperti sulle prossime mosse della Federal Reserve.
Con un livello dei prezzi rimasto a +2,7% il mese scorso su base annuale, crescita inferiore a quella prevista (+2,8%), e un’inflazione core (+3,1%) sostanzialmente in linea con le previsioni (+3%), Wall Street ieri ha trovato sollievo dal pericolo dazi evitato e ha chiuso la seduta con nuovi record per l’indice S&P500 e per il Nasdaq Composite.
Il mercato, dunque, sembra vedere chiaramente una riduzione del costo del denaro a settembre: i future sui tassi di interesse riflettono ora una probabilità del 97,3% di un taglio dei tassi di 25 punti base, secondo i dati compilati da LSEG, rispetto all'88,8% di martedì. L'ultima riduzione dei costi di indebitamento da parte della banca centrale risale a dicembre.
Si avvicina Jackson Hole
Prima del prossimo meeting Fed (17 settembre), però, arriverà il Simposio di Jackson Hole (Wyoming) previsto tra il 21 e il 23 agosto, appuntamento molto seguito anche per l’intervento del Presidente della Fed, Jerome Powell.
Gli analisti di Barclays ritengono che le parole del boss dell’istituto centrale potrebbero definire la politica della banca fino alla fine dell’anno. "Un segnale che i tagli dei tassi sono meno certi, o che i rischi inflazionistici superano ancora le preoccupazioni sulla crescita, potrebbe innescare una correzione nei mercati azionari", hanno scritto gli esperti guidati da Stefano Pascale, mettendo anche in guardia dal "sottovalutare tale rischio", sostenendo che gli ultimi anni hanno dimostrato che i titoli azionari - così come altri asset - sono diventati "materialmente più reattivi" ai commenti fatti durante il forum.
Le previsioni sui tassi
Ma cosa farà davvero la Fed? Ieri il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Scott Bessent, dichiarava a Fox Business che "La vera questione a cui pensare ora è se a settembre si verificherà un taglio dei tassi di 50 punti base", sottolineando come, due giorni dopo che la Fed aveva lasciato i tassi invariati il 30 luglio, i dati rivisti mostrassero una crescita occupazionale più debole per maggio e giugno rispetto a quanto indicato in precedenza. La Fed "avrebbe potuto tagliare a giugno e luglio" se avesse avuto a disposizione i dati rivisti in quel momento, aggiungeva Bessent.
Più cauti gli analisti. "Il rapporto benigno sull'IPC, sulla scia della debolezza delle buste paga non agricole, ha rafforzato l'ipotesi di un taglio della Fed a settembre", secondo Nikos Tzabouras, analista di mercato senior di Tradu.com. "Tuttavia”, prosegue, “l'euforia del mercato potrebbe essere messa in discussione dal persistere dei rischi di stagflazione, che potrebbero erodere i consumi e danneggiare la pubblicità - un flusso di entrate chiave per molti giganti tecnologici".
Per Ashish Shah, global co-head and chief investment officer of Public Investing di Goldman Sachs Asset Management, “i dati dei prossimi due mesi saranno determinanti e vediamo la possibilità di una ripresa del ciclo di allentamento della Fed in autunno, qualora l’inflazione legata ai dazi risulti più contenuta del previsto o il mercato del lavoro mostri segnali di debolezza".
L’impatto dei dazi
Da WebSim Intermonte rimarcano che finora non si sia ancora vista la reale entità dell’impatto dei dazi, che “si vedrà verso fine anno, quando le aziende avranno esaurito le scorte accumulate prima del Liberation Day” e, “fino ad allora, i dazi avranno inciso molto di più sulla crescita economica che sui prezzi al consumo”. Dalla sim ritengono “le attese della Fed restano di fatto invariate: circa 5 tagli dei tassi previsti entro un anno, con il primo atteso a settembre”.
Anche secondo Alexandra Wilson-Elizondo, Global Co-CIO of Multi-Asset Solutions di Goldman Sachs Asset Management, “i dazi non hanno ancora determinato aumenti sostanziali dei prezzi, in quanto le aziende continuano a compensare le pressioni sui costi riducendo le scorte e adeguando i prezzi con cautela a causa della sensibilità dei consumatori ai prezzi”. Per l’esperta, “l’orientamento della Fed dipende in larga misura dai dati e, dato che l’inflazione è contenuta e la debolezza del mercato del lavoro è sempre più evidente nei dati rivisti sulle buste paga, l’attenzione sarà ora posta sull’occupazione. In sostanza, questo dato sull’inflazione supporta la narrativa di un taglio dei tassi a scopo precauzionale a settembre, che sarà una forza trainante per i mercati”.
“Il trasferimento dei costi derivanti dai dazi è stato finora lento e irregolare, con le aziende che hanno assorbito in gran parte questi aumenti di prezzo”, evidenzia Tiffany Wilding Economista di PIMCO. L’esperta ritiene che ci siano buone ragioni a favore di un trasferimento graduale dei prezzi ai consumatori, “tra cui margini aziendali iniziali sani, consumatori più sensibili ai prezzi e compensazioni fiscali per le imprese nella recente legislazione”.
“Questi dati, insieme alle recenti indagini sui consumatori, mostrano un moderamento delle aspettative di inflazione e un rallentamento della dinamica del mercato del lavoro, fornendo un contesto ragionevole per la Federal Reserve per iniziare la normalizzazione dei tassi a settembre, anche se l'inflazione su base annua rimane al di sopra dell'obiettivo. Continuiamo a prevedere due tagli di 25 punti base nella seconda metà dell'anno, seguiti da ulteriori tagli di 50 punti base nel 2026”, conclude Wilding.
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