La Fed modificherà il target di inflazione al 3% ?


La Fed ha incoraggiato gli investitori a rimanere ottimisti di fronte ad una serie di notizie positive.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Inflazione della Spagna YoY di marzo attesa oggi alle 9:00 (stima 3.1% contro 2.8% di febbraio) e fiducia dei consumatori dell’Europa di marzo alle 11:00 (stima -14.9 punti contro -15.5 di febbraio).

Ieri la variazione dei beni durevoli USA MoM di febbraio è risultata più elevata rispetto alle attese (+1.4% contro +1.2% atteso e -6.9% di gennaio), ma si raffredda a 104.7 punti la fiducia dei consumatori (da 106.9 punti attesi e 104.8 di febbraio). I consumatori sono preoccupati per i livelli elevati dei prezzi soprattutto del cibo e dei carburanti nonchè dalla discussione politica.

E intanto le aspettative per i prossimi sei mesi sono scivolate al livello più basso da ottobre 2023, complice le condizioni future del mercato del lavoro e le aspettative di reddito, entrambe peggiorate a marzo. Inoltre, la quota di consumatori che prevede un aumento dei tassi di interesse di mercato è salita sopra il 50% per la prima volta da novembre 2023. E lo vediamo su base semestrale, dove i piani di acquisto per beni sensibili ai tassi di interesse come automobili, case e elettrodomestici di grande taglia tornano di nuovo a diminuire.

Tuttavia, basandosi su una domanda supplementare, le spese pianificate per i servizi nel 2024 sono aumentate rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Tra questi, i consumatori prevedono per esempio di spendere di più per la cura della salute, i servizi per autoveicoli e l'alloggio per i viaggi personali, ma meno per l'intrattenimento.

L’attività delle banche centrali della scorsa settimana ha incoraggiato i mercati a rimanere ottimisti, mantenendo pro-rischio le aspettative tattiche degli investitori da sei a dodici mesi. Abbiamo visto fino ad ora i mercati azionari affrontare la recente vischiosità dell’inflazione statunitense e le minori aspettative di tagli dei tassi della Fed in modo positivo. La domanda è perché?

Alcune possibili risposte posso essere queste: l’inflazione è volatile ma in calo, i tagli dei tassi della Fed sono in arrivo e gli utili societari sono forti. Questo consente di mantenere in sovrappeso i titoli azionari statunitensi. Dal nostro punto di vista riteniamo sia comunque saggio prepararsi a cambiare direzione nel caso in cui la ripresa dell’inflazione dovesse rovinare il sentiment.

Anche all’inizio del secondo trimestre, continuiamo a vedere un contesto a breve termine favorevole all’assunzione di rischio. L’inflazione statunitense si è attenuata rispetto ai massimi raggiunti dalla pandemia, la crescita economica ha retto e le aspettative di incremento degli utili dell’S&P 500 per il 2024 sono state riviste in ulteriore crescita, in alcuni casi fino a circa l’11%. Ed è proprio questo che, a nostro avviso, mantiene tonici i mercati: il ruolo delle aspettative.

Sugli utili delle aziende tecnologiche che sfruttano l’intelligenza artificiale, le aspettative sono ancora più elevate. Ma anche sugli utili per il mercato in generale questo sembrano in via di guarigione. In questo scenario, non dimentichiamo che la Fed ha riaffermato l’intenzione di effettuare tagli dei tassi di tre quarti di punto complessivi quest’anno, alzando al contempo le previsioni di crescita per l’economia e per l’inflazione.

Se lo scenario è questo, riteniamo corretto rimanere tatticamente sovrappesati sui titoli azionari statunitensi. La propensione al rischio positiva può infatti estendersi oltre la tecnologia, poiché sempre più settori adottano l’intelligenza artificiale, mentre la fiducia del mercato è sostenuta dai recenti messaggi della Fed e dal generale calo dell’inflazione.

A questo punto, i rischi che è sempre bene mettere in luce. O, in altre parole, che cosa cambierebbe la nostra propensione al rischio? In primo luogo, quest’ultima potrebbe essere messa in discussione nel momento in cui i mercati spostano l’attenzione sull’inflazione a montagne russe nel 2025 (anche qui giocano un ruolo importante ancora le aspettative). Pensiamo infatti che l'inflazione si stabilizzerà più vicino al 3%, quale effetto dell’elevata crescita dei salari che mantiene vischiosa l’inflazione dei servizi. Ci sembra che anche la Fed si stia lentamente adattando a questa visione, date le sue proiezioni più elevate per i tassi ufficiali a due anni.

Le persistenti pressioni inflazionistiche derivanti da mega forze, o i grandi cambiamenti strutturali che vediamo guidare i rendimenti nei prossimi anni, richiedono anche un tasso neutrale più elevato (il tasso di interesse che non alimenta né limita l’attività economica) rispetto al passato. Crediamo che le previsioni a lungo termine della Fed stiano iniziando a riflettere la nostra visione di tassi che rimarrebbero più alti per un periodo più lungo rispetto a prima della pandemia.

I mercati per ora non sembrano tenere conto di questa prospettiva. Non escludiamo inoltre che, visti i livelli piuttosto elevati raggiunti dagli indici, le azioni non possano diventare più sensibili alle notizie macroeconomiche man mano che aumentano anche le pressioni sui margini di profitto.

In questo scenario, non mancano analisti che continuano ad essere pessimisti sui tre tagli, visto che comunque le previsioni della Fed sono soggette a modifiche in base ai dati. Anche il presidente della Fed di Atlanta, Bostic, ha dichiarato di aspettarsi un solo taglio nel 2024. Data l’incertezza, i prossimi dati economici saranno osservati attentamente. Intanto i dati di ieri relativi ai beni durevoli risultati migliori delle attese, mentre l'aggiornamento sulla fiducia dei consumatori del Conference Board di marzo è risultata più bassa delle attese.

Giovedì è prevista la stima finale PIL del 4Q23 e dell'indice di fiducia dei consumatori dell'Università del Michigan. Mentre venerdì, sebbene sia un giorno festivo, il Bureau of Economic Analysis pubblicherà il suo indice dei prezzi delle spese per consumi personali (PCE) di febbraio. Quest’ultimo riflette, come noto, le variazioni dei prezzi di beni e servizi acquistati dai consumatori negli Stati Uniti ed è considerato uno degli indicatori preferiti dalla Fed per l'inflazione. Il PCE di venerdì arriva dopo che per gennaio e febbraio sono stati riportati dati di CPI e PPI superiori alle attese. Dopo essere aumentato dello 0,3% mese su mese a gennaio, secondo Trading Economics, il PCE dovrebbe registrare un aumento dello 0,4% a febbraio.

Chiaro che dopo il tono accomodante di Powell della scorsa settimana, qualsiasi sorpresa al rialzo potrebbe spingere i rendimenti del Tesoro ancora più in alto. In ogni caso, indipendentemente dal fatto che il PCE sia caldo o freddo, la reazione degli investitori dovrà attendere fino alla ripresa delle negoziazioni del mercato dei futures.

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