Usa, ancora niente recessione, ma vediamo i segnali di rallentamento economico


Per Goldman Sachs il costo del denaro toccherà il 5% a marzo dopo 100 bp di ulteriori aumenti dei tassi. Ancora ieri Powell ha ribadito che l’intensità del rialzo dei tassi dipenderà dai dati.

A cura di Antonio Tognoli di Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso CFO Sim


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Tasso di disoccupazione dell’Europa di settembre alle 11 (stima 6,6%, invariato rispetto ad agosto), richiesta sussidi alla disoccupazione USA WoW alle 13:30 (stima 220k contro 217k della scorsa settimana), PMI USA di ottobre alle 14:45 (stima 46,6 punti contro 49,3 di settembre) e ISM non manifatturiero di ottobre alle 15:00 (stima 55,4, contro 56,7 di settembre).

Molto forte ieri il dato sugli occupati del settore privato (ADP) di ottobre, risultati pari a 239k contro un’attesa di 195k e 208k di settembre. La crescita maggiore è quella del settore dei servizi (+247k), in particolare Leisure/hospitality (+210k) e Trade/transportation/utilities (+84k). Nonostante la crescita, inattesa data la maturità della ripresa economica, le assunzioni non sono state su larga scala. I produttori di beni, che sono sensibili ai tassi di interesse, si stanno lentamente ritirando e chi cambia lavoro sta ottenendo guadagni salariali minori rispetto al recente passato. Cominciano inoltre a vedersi i primi segnali di distruzione della domanda guidata dalla FED, che sta colpendo solo alcuni settori del mercato del lavoro.

Come era nelle attese, ieri la FED ha aumentato i tassi di 75 bp, quarto rialzo consecutivo di questa entità, portandoli nella forbice fra 3,75% e 4% (mai così in alto dal 2008). Nel comunicato ufficiale, i componenti del direttivo spiegano che terranno conto degli effetti della politica restrittiva sull’economia per i futuri rialzi. L’annuncio è stato interpretato dai mercati come un segnale che la FED rallenterà l’intensità degli aumenti. La comunicazione è stata accolta senza proteste dalla Casa Bianca (ricordiamo che fra cinque giorni ci saranno le elezioni di midterm), limitandosi ad osservare che l’aumento dei tassi sui mutui ipotecari sta facendo rallentare la domanda nel mercato immobiliare, contribuendo a ridurre il rialzo dei prezzi delle abitazioni, in linea con quanto voluto dall’amministrazione USA.

Goldman Sachs stima che la FED alzerà ulteriormente i tassi 50 bp in dicembre e 25 bp a febbraio e marzo, quando il costo del denaro toccherà il 5% (livello più alto di quanto stimato in precedenza). Se così sarà, la recessione USA sarebbe inevitabile e potrebbe essere più profonda e lunga di quello che prevedono al momento i mercati, visto il contesto di profonda incertezza globale fra le tensioni geopolitiche e la guerra in Ucraina che non aiuta i consumi. Non siamo del tutto d’accordo con questa visione. Vedremo.

Quello che ha sempre tenuto a sottolineare Powell e anche ieri ha ribadito, è che l’intensità del rialzo dei tassi dipenderà dai dati. Tenuto conto della flessione del costo dell’energia (che comunque ha un impatto anche sull’inflazione USA), della distensione delle catene di approvvigionamento e del manifestarsi dei primi effetti degli aumenti dei tassi (che come noto richiedono 6-9 mesi), è possibile che nei prossimi mesi l’inflazione possa scendere in modo più convincente di quanto visto fino ad ora. E, come sappiamo, due sono i dati dell’economia che la FED monitora più di altri: la disoccupazione e l’inflazione, soprattutto quella core. La maggiore intensità della discesa inflattiva, l’indebolimento del mercato del lavoro e la possibile recessione potrebbero spingere Powell ad essere meno falco. Il che non significa che abbia finito di alzare i tassi.

Recessione che comunque al momento ancora non si vede, visto che dopo due trimestri negativi, il terzo ha fatto registrare una crescita annualizzata del 2,6%. Ma una rondine non fa primavera. I consumi delle famiglie infatti, nonostante la crescita, hanno evidenziato una minore spinta rispetto al trimestre precedente, segnale che la riduzione del potere d'acquisto è reale e comincia a farsi sentire. Stesso discorso per gli investimenti, che risentono molto degli aumenti dei tassi di interesse che rendono il credito più costoso, scesi dell'8,5% e addirittura del 26,4% quelli relativi agli investimenti residenziali.

Il contributo più forte alla crescita è venuto dalle esportazioni, nonostante la forza del dollaro, che sono cresciute del 14,4%, mentre le importazioni sono diminuite del 6,9%. Segnale questo che dice che siamo davanti ad una economia USA il cui dinamismo interno è in via di esaurimento e che sta approfittando delle esportazioni per garantire la crescita.

Da capire come giocheranno nei prossimi mesi sull’export la forza del dollaro, la debolezza dell’economia Europea e la lenta ma inesorabile conversione dell’economia cinese verso i consumi interni. Riassumendo, gli USA potrebbero comunque andare verso una recessione breve e poco profonda.

Quali sono i rischi? Il primo è quello di fare i conti senza l’oste (Putin). Difficile prevedere la fine del conflitto, anche se ci sono segnali che i due contendenti (l’altro è Biden) potrebbero sedersi al tavolo e trattare la fine delle ostilità, nonostante gli attacchi verbali. Secondo, l’inflazione, la cui lenta flessione evidenzia che orami si è ben radicata nell’economia e che quindi richiederà più tempo per avvicinarsi all’obiettivo del 2%, facendo più danni di quelli prevedibili al momento. Terzo, l’ulteriore deterioramento della qualità degli assets finanziari che durante la pandemia hanno beneficiato di misure temporanee e che appaiono ora particolarmente vulnerabili al peggioramento del contesto economico.

I rischi di solito si portano dietro un aumento della volatilità, che occorre gestire. Come abbiamo più volte scritto la volatilità se ben gestita non è per forza un male ma può invece favorire una gestione attiva. Questo vuol dire mantenere un contatto costante con le società in portafoglio e adottare un approccio bottom up che vada a privilegiare lo stock picking.

Le caratteristiche da tenere in considerazione e che dovrebbero guidare gli investimenti nelle fasi di incertezza economica sono: livelli bassi di indebitamento; marginalità sostenibile e vantaggi competitivi chiari; controllo delle catene di fornitura (preferibilmente corte). Caratteristiche che per le piccole e medie imprese è più semplice rispettare, grazie alla maggiore agilità e flessibilità operativa e decisionale.

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