La ripresa in Cina: 4 lezioni di investimento


Le recenti esperienze di ripresa economica della Cina e la relativa performance dei prezzi delle attività forniscono utili spunti su come potrebbe svolgersi il percorso per altri Paesi e mercati globali.

A cura di Evan Brown, Head of Multi-Asset Strategy Investment Solutions, e Luke Kawa, Director Investment Solutions presso UBS


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Restare nelle regioni che si trovano nelle prime fasi del ciclo economico

Nel 2020, i titoli azionari cinesi hanno registrato performance eccezionali nei maggiori indici globali, dando prova di capacità di crescita uniche nonostante la pandemia. Con un’uscita precoce dalla fase più turbolenta della pandemia, la Cina si è ritrovata ad essere il solo polo manifatturiero funzionante al mondo.

Evan Brown (Head of Multi-Asset Strategy Investment Solutions presso UBS) e Luke Kawa (Director Investment Solutions presso UBS) ritengono che nel corso del 2021, l’attività cinese probabilmente decelererà. “Questa relativa mancanza di slancio si riflette nella divergenza delle revisioni degli utili tra i titoli azionari cinesi e quelli globali. Le stime degli utili per azione dell’anno solare 2021 per l’indice MSCI All Country World sono state riviste al rialzo nell’ordine del 10% dall’inizio dell’anno. Nel frattempo, le previsioni di profitto per l’indice MSCI China sono state tagliate di quasi il 3%. Ciò ha contribuito alla sottoperformance del segmento azionario cinese rispetto alle maggiori aree del mondo da inizio anno, segnando un’inversione di marcia rispetto alla leadership del 2020".

La sorte dei titoli azionari cinesi potrebbe presto toccare anche alle controparti americane, dove gli investitori si troveranno presto ad affrontare un picco dei tassi di crescita, che procederanno con meno intensità.

“Un’inversione nella seconda derivata, che in questo caso significa che le condizioni economiche rimangono positive ma lo sono un po’ meno, si associa spesso a una volatilità di breve termine e a un andamento modesto del segmento azionario nazionale”.

Se finora gli indici statunitensi hanno mostrato resilienza, la reazione delle singole aziende che segnalano profitti migliori del previsto è stata deludente. Questo conferma l’opinione dei due analisti di UBS: le buone notizie sono già state prezzate. “Ci aspettiamo che i titoli value, come le azioni europee e quelle giapponesi, sovraperformino i titoli azionari globali”.

Non smorzare troppo presto il boom manifatturiero

Nelle economie avanzate la domanda globale di beni, per mesi concentrata nel soddisfare le necessità, si sta ora indirizzando verso l’appagamento dei desideri. “L’appetito per i beni di consumo sta crescendo a un ritmo più rapido rispetto all’interesse verso prodotti per la salute e per lo smartworking, fattori determinanti per l’incremento delle spedizioni all’estero nel 2020”.

Il momentum dei prodotti manifatturieri si estende anche a Eurozona, Stati Uniti, Regno Unito, Australia e Giappone - aree con tassi di crescita dell’attività industriale più rapidi rispetto alla Cina.

Nel segmento azionario, gli analisti di UBS prediligono Europa e Giappone, “aree con una leva maggiore sulla produzione industriale globale rispetto a Cina e Stati Uniti, dove la presenza di società di Internet e i titoli tecnologici, che beneficiano del distanziamento, hanno una presenza relativamente elevata negli indici nazionali”. Nell’azionario USA, da privilegiare gli indici equal weight alla capitalizzazione di mercato.

La politica monetaria continuerà a sostenere l’espansione economica, anche se a un ritmo inferiore

Il rischio maggiore per le posizioni pro-cicliche è che la politica monetaria smetta di sostenere l’espansione economica, mettendo a repentaglio la ripresa. È quanto potrebbe concretizzarsi in Cina, considerando la fase avanzata della sua espansione. “Le potenziali ramificazioni negative potrebbero essere vaste e di ampia portata in uno scenario così avverso, alla luce dei volumi e dell’importanza per la domanda di materie prime”, commentano Brown e Kawa.

Tuttavia, Pechino non è passata dagli stimoli all’irrigidimento e ha evitato una brusca inversione di marcia. “Il governo è sulla buona strada per un modesto consolidamento fiscale e punta solo a stabilizzare, non tanto a diminuire, la leva macro aggregata della Cina”.

Le banche centrali delle economie avanzate proseguono con una politica monetaria ancora straordinariamente espansiva, nonostante la ripresa dell’attività. Questo costante impegno monetario e fiscale dei policymaker “supporta gli attivi rischiosi rispetto ai titoli obbligazionari sovrani del mercato sviluppato, oltre alle nostre posizioni di relative value pro-cicliche”.

I rischi politici sono duplici

Con la ripresa economica le autorità cinesi non devono più concentrarsi esclusivamente sul sostegno all’attività.

“L’impulso creditizio della Cina ha raggiunto il picco ed è destinato a rallentare ulteriormente per poi diventare negativo. Dalla crisi finanziaria globale, i passi indietro nella crescita del credito cinese hanno coinciso con il rallentamento dell’attività produttiva mondiale e la fiacchezza del segmento azionario, con ritardi lunghi e variabili, che si sono tuttavia accorciati quando gli operatori di mercato hanno capito l’importanza della Cina per il ciclo industriale globale”.

Brown e Kawa ritengono che questo non preannunci un’ampia perdita di slancio dell’economia, grazie all’entità dello stimolo fiscale statunitense, alla solidità dei bilanci delle famiglie e ad un ciclo di ripristino delle scorte a livello globale, dovuto alla persistente carenza sul fronte dell’offerta e ai ritardi nelle spedizioni.

“L’attuale decelerazione della crescita del credito cinese è in parte attribuibile alla diminuzione della necessità di liquidità nel breve periodo, alla luce del miglioramento delle prospettive e dipende anche dall’aumento della crescita nominale, più che dal rallentamento della crescita del credito. Di conseguenza, si tratta di uno sviluppo relativamente favorevole per l’attività nel suo complesso e preannuncia una ripresa delle spese in conto capitale delle imprese”.

Più in generale, dato che l’attività economica continua a beneficiare delle misure fiscali adottate durante la pandemia, i policymaker potrebbero essere meno sensibili e tolleranti nei confronti dei mercati finanziari. “Ciò si collega a una delle ragioni principali di sottoperformance dei titoli azionari cinesi nel 2021: il maggiore controllo normativo sul potere di mercato delle principali società di internet”.

Negli Stati Uniti, si preannuncia anche il passaggio a una politica fiscale meno favorevole ai mercati. Aliquote fiscali più elevate per le società, misure volte ad aumentare la pressione fiscale per le multinazionali e, potenzialmente, aumento del prelievo anche sulle plusvalenze. “Questa serie di possibili misure rafforzerebbe la nostra preferenza per il segmento azionario non statunitense e alimenterebbe ulteriormente la rotazione dai titoli growth ai titoli value. L’aumento delle aliquote fiscali per le società ridurrebbe gli utili delle imprese americane rispetto al resto del mondo”.

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