Mercati: cosa indicano volatilità, stagionalità e performance dei principali indici

La chiusura di novembre offre un quadro disomogeneo tra Stati Uniti, Europa e asset alternativi, con dinamiche di volatilità in contrazione e movimenti interni agli indici che rivelano segnali importanti per l’ultimo mese dell’anno. L’attenzione resta focalizzata sull’effetto stagionale di dicembre, storicamente più stabile, e sulle divergenze tra settori, tecnologia in primis.
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Il peso della stagionalità
La chiusura di novembre riporta al centro un elemento ricorrente nei mercati: la stagionalità. Nella sua analisi, Gabriel Debach, market analyst di eToro, sottolinea come l’ingresso nell’ultimo tratto dell’anno coincida spesso con una fase più ordinata in cui il rumore tende a ridursi. L’S&P 500 è l’esempio più evidente, perché dal 2000 il mese di dicembre rappresenta uno dei periodi più stabili dell’intero calendario, secondo solo ad agosto, una condizione in cui la deviazione standard diminuisce e le oscillazioni si comprimono, creando un equilibrio difficilmente rintracciabile in altre fasi dell’anno.
Il Ftse Mib restituisce un quadro affine, pur con una morfologia diversa. Anche per l’indice italiano dicembre si conferma tra i mesi più composti, superato soltanto da luglio. A influenzare questo comportamento intervengono dinamiche ricorrenti legate alla prevedibilità dei flussi istituzionali, all’operatività più leggera sui desk e alle strategie di fine anno che tendono a incanalare i movimenti entro range più stretti. Non si tratta di una regola rigida, come osserva Debach, perché la stagionalità non determina la direzione, pur offrendo un contesto utile per interpretare i movimenti.
La volatilità sotto la superficie
Novembre mostra come le condizioni di mercato possano rivelare tensioni interne anche in presenza di chiusure apparentemente stabili. L’analisi di Debach evidenzia un mese segnato da incertezze, con S&P 500 e Nasdaq 100 in flessione nella seconda metà rispettivamente del 4,4% e del 7%, mentre il Ftse Mib tocca un picco del +4,2% il 12 novembre prima di appiattirsi.
Nonostante questi movimenti, le chiusure mensili restano immobili negli Stati Uniti. L’S&P 500 avanza appena dello 0,13%, estendendo a sette i mesi consecutivi di rialzo, pur restando fermo a 36 nuovi massimi dall’inizio dell’anno. Il Nasdaq 100 mostra una dinamica differente, perché pur provenendo da una serie di sette mesi in salita chiude novembre con un calo dell’1,64%, senza aggiornare il record del 29 ottobre 2025.
La dispersione interna allo S&P 500 conferma un quadro eterogeneo con 323 titoli in rialzo guidati da Albemarle, Eli Lilly e Solventum, mentre 175 arretrano con DuPont, Super Micro Computer e Axon tra i peggiori.
Il mese è segnato soprattutto dalle prese di profitto sui grandi nomi della tecnologia. Nvidia -12%, Microsoft -5%, Amazon -4,5%, Tesla -5,8%, Oracle -23% e Palantir -16% mostrano una correzione significativa. Il -12% di Nvidia suscita interesse ma non esce dai parametri abituali, dato che a marzo la flessione era stata del -13,2%. Come ricorda Debach, ogni rally attraversa le sue pause fisiologiche.
La spinta dell’AI e le performance estreme
Il tema dell’intelligenza artificiale continua a generare movimenti profondi. L’analisi di Debach richiama un elemento simbolico: il terzo anniversario di ChatGPT, che coincide con un dato dirompente. Dal 30 novembre 2022 Nvidia è cresciuta del 1033%, una traiettoria che include cinque bear market, cioè correzioni di almeno il 20%, senza intaccare la solidità delle tendenze strutturali alla base del settore.
La stessa corsa vede Carvana segnare un impressionante +4913%, AppLovin +4347%, Palantir +2252% e Pop Mart, legata al fenomeno Labubu, avanzare del +1519%. Il quadro mostra quanto la capacità di intercettare trend strutturali possa amplificare la performance rispetto agli indici tradizionali.
Il mercato italiano e i movimenti dei settori
La fotografia composita del Ftse Mib italiano restituisce un mese bilanciato. Debach evidenzia come Moncler chiuda novembre come miglior performer con un +12%, seguita dai gruppi bancari Banca Mediolanum e Monte dei Paschi di Siena. Sono ventotto i titoli in rialzo, mentre dodici arretrano, con Diasorin -19%, Inwit -15% e Nexi -12% tra i più penalizzati.
Tra le vendite compaiono nomi di peso come Ferrari -3%, Prysmian -4%, Leonardo -8% e Banco BPM -2%, mentre Intesa Sanpaolo e UniCredit, che insieme rappresentano il 28,4% dell’intero indice, si muovono appena, rispettivamente a +0,2% e +0,1%. L’insieme racconta un mercato che alterna prese di profitto mirate e selettività crescente nei settori più esposti.
Oro, argento e criptovalute
Il quadro delle materie prime rivela un mese di accelerazione per i metalli preziosi. L’oro avanza del +6,5%, pur senza aggiornare i massimi storici fermi al 20 ottobre. L’argento segue un percorso molto diverso, perché il 28 novembre sigla l’ottavo massimo storico e chiude con un impressionante +18,7%. Debach sottolinea come questa dinamica confermi una forza relativa marcata all’interno del comparto.
Il mercato crypto vive invece un mese complesso. La capitalizzazione complessiva si riduce di circa il 15%, la flessione più pesante da febbraio, con 775 miliardi di dollari di valore andati in fumo. Bitcoin da sola perde il 19%, pari a 448 miliardi di dollari evaporati in trenta giorni, un segnale che, conclude Debach, illustra l’estrema sensibilità del comparto ai cicli macro e ai movimenti del rischio globale.
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