Mps, il Tribunale di Milano pubblica le motivazioni della sentenza di ottobre

08/04/2021 10:30
Mps, il Tribunale di Milano pubblica le motivazioni della sentenza di ottobre

Rese note le motivazioni con cui il 15 ottobre 2020 il Tribunale di Milano ha condannato a sei anni l’ex presidente Profumo e l’ex ad Viola. Il management della banca sarebbe stato consapevole «dell’inganno» sulle comunicazioni in merito ai derivati Santorini e Alexandria. Gli imputati hanno respinto gli addebiti e annunciato il ricorso in appello. Questa mattina il titolo scambia in flessione in attesa di novità sul rafforzamento patrimoniale.

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Condanna Profumo e Viola, il Tribunale di Milano pubblica le motivazioni della sentenza

Il management di Mps era consapevole «dell’inganno» finalizzato al «profitto della banca». Le motivazioni della sentenza con cui il 15 ottobre 2020 il Tribunale di Milano ha condannato a sei anni gli ex vertici dell’istituto senese, il presidente Alessandro Profumo e l’Ad Fabrizio Viola, per aggiotaggio e false comunicazioni sociali in relazione ai derivati Santorini e Alexandria sottolineano la consapevolezza della falsità dei bilanci e dell’inganno ai soci e ai clienti. Secondo quanto riporta Reuters, per i giudici «Non residuano dubbi, all’esito dell’istruttoria, circa la piena consapevolezza dell’erroneità della contabilizzazione a saldi aperti, desumibile dal granitico compendio probatorio raccolto, articolato in plurimi e convergenti elementi di significativa pregnanza».

Al centro del giudizio, ricordano le agenzie, c'è «l'errata contabilizzazione delle operazioni strutturate Alexandria e Santorini, recepita nei bilanci al 31 dicembre 2012, 31 dicembre 2013, 31 dicembre 2014 nonché nella relazione finanziaria semestrale al 30 giugno 2015». E nelle motivazioni si legge anche come «elementi gravi, precisi e concordanti consentono di affermare che il nuovo management sapesse anche del circolare acquisto dei titoli in Santorini».

La replica di Profumo e Viola

Entrambi gli imputati hanno respinto gli addebiti e annunciato il ricorso in appello. In una nota congiunta diffusa nella serata di ieri, i due ex vertici sostengono di non voler «entrare nel merito delle motivazioni della sentenza, che sono oggetto di approfondimenti da parte dei nostri legali, in vista del ricorso in Corte d'Appello, nel quale chiederemo la revisione radicale della sentenza di primo grado». Viola e Profumo ritornano poi al 2012, quando «su invito della Banca d'Italia, abbiamo assunto l'incarico di presidente e di amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena. Il quadro macroeconomico era difficilissimo, per la crisi del rischio Italia, e la situazione della banca disperata. Quindi è stata una scelta fatta per spirito di servizio e non certo per convenienza personale. In particolare, Profumo ha rinunciato al compenso per il suo incarico di presidente».

Gli imputati sostengono inoltre di essere stati loro a far venire alla luce i danni causati alla banca dalle operazioni Santorini e Alexandria, ricordando come la condanna di ottobre sia legata alla loro scelta di usare il «criterio di contabilizzazione a saldi aperti» per le due operazioni («d’intesa con le autorità di vigilanza»). Ebbene, secondo Viola e Profumo una pena così elevata, di fatto, metterebbe il reato di cui sono accusati sullo stesso piano di «coloro che hanno distrutto quello che era il terzo gruppo bancario italiano, condannati a poco più di 7 anni». Il riferimento è al processo principale sulla vicenda derivati Mps, concluso l'8 novembre 2019 in primo grado con la condanna di 13 ex manager della banca toscana, di Deutsche Bank e di Nomura.

Questa mattina il titolo Mps viaggia sottotono, in attesa di novità sul rafforzamento patrimoniale e la privatizzazione. Alle 12 scambia in negativo dello 0,90% a 1,16 euro.

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