Nvidia: il CEO Huang sfida Washington e difende il mercato cinese

Alla vigilia di un nuovo viaggio a Pechino, l’imprenditore critica i limiti imposti dal governo Usa all’export di chip. “La Cina non può fare affidamento sulla nostra tecnologia per usi militari”. Fra un mese i dati del trimestre: previsto un balzo dell’utile del 54%
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“L’esercito cinese non può fare affidamento sui nostri chip”
In un’intervista andata in onda domenica 13 luglio sulla CNN, Jensen Huang, co-fondatore e CEO di Nvidia, ha minimizzato i timori espressi dal governo statunitense circa l’utilizzo dei chip Nvidia da parte dell’esercito cinese, sostenendo che “non dobbiamo preoccuparci: semplicemente non possono farci affidamento”, perché i chip “potrebbero essere limitati in qualsiasi momento”.
Le dichiarazioni di Huang arrivano pochi giorni prima di un suo viaggio a Pechino, il secondo nel 2025, e rappresentano un chiaro segnale della volontà dell’imprenditore di mantenere aperti i canali con il mercato cinese, nonostante il clima ostile tra le due superpotenze.
L’isolamento tecnologico di Pechino è controproducente per gli Usa
Il CEO della società californiana, la prima nella storia americana a raggiungere una capitalizzazione di mercato di 4.000 miliardi di dollari, è tornato a criticare le restrizioni all’export imposte da Washington, ribadendo che l’isolamento tecnologico della Cina si sta rivelando controproducente. “Vogliamo che il sistema tecnologico americano diventi lo standard globale”, ha spiegato Huang, “e per farlo dobbiamo coinvolgere tutti gli sviluppatori di intelligenza artificiale nel mondo, inclusi quelli in Cina, che rappresentano circa la metà del totale”.
Da anni, le amministrazioni statunitensi – prima con Biden, ora con Trump – vietano la vendita alla Cina dei chip più avanzati, nel timore che possano essere utilizzati per scopi militari o di sorveglianza. L’ultima stretta è di aprile, e ha ulteriormente ridotto lo spazio di manovra per aziende come Nvidia, che nel frattempo sta cercando di sviluppare chip “compliant” con le nuove regole.
Huang come un funambolo dopo avere perso 15 miliardi di ricavi
Secondo Huang, l’approccio americano rischia di innescare un effetto boomerang. Durante una precedente intervista alla fiera Computex di Taipei, il CEO aveva rivelato che Nvidia nel primo trimestre aveva visto sfumare 15 miliardi di dollari di ricavi a causa dei divieti, e di avere fatto una svalutazione record del magazzino di 5,5 miliardi dopo che il chip H20, progettato appositamente per rispettare i vincoli di esportazione in Cina, è stato anch’esso bloccato dal governo Usa.
Come un funambolo, Huang ha scelto di camminare su un filo sottile per cercare da un lato di rassicurare Washington sul fatto che la Cina “non ha bisogno dei chip Nvidia per costruire le proprie capacità militari”. Dall’altro, mantiene viva la possibilità di un futuro allentamento delle restrizioni, che permetterebbe a Nvidia di tornare a vendere in modo più ampio in un mercato da miliardi di dollari. Come ha osservato Daniel Newman, CEO della società di consulenza The Futurum Group, Huang “deve cercare di non irritare l’amministrazione americana, ma deve anche per restare pronto nel caso in cui il clima politico migliori e la Cina possa tornare ad acquistare su larga scala nei suoi prodotti”.
Trimestrale a fine agosto: le attese degli analisti
Al di là delle difficoltà legate al contesto geopolitico, i numeri di Nvidia continuano a stupire. Dall’inizio dell’anno il titolo è salito del 22%, e gli analisti guardano con attenzione alla prossima trimestrale, in uscita il 27 agosto. Il consensus prevede ricavi in crescita del 42% a 45,6 miliardi di dollari e utili netti in aumento del 54% a 22,9 miliardi. Il titolo tratta oggi a circa 40 volte gli utili attesi, una valutazione elevata ma giustificata da una crescita esplosiva che pochi altri colossi tech possono vantare.
Il target price medio degli analisti è di 175 dollari, con un potenziale di rialzo del 6% rispetto ai livelli attuali (164,9 dollari). Tuttavia, il vero banco di prova per Nvidia non sarà solo quello dei risultati finanziari, ma la capacità di restare al centro dello sviluppo dell’intelligenza artificiale globale senza perdere l’accesso ai mercati chiave, primo fra tutti quello cinese.
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