L’oro a 3.000 dollari grazie agli acquisti delle banche centrali

E’ l’ipotesi illustrata da Citi nel suo ultimo report. Il forte rialzo del metallo giallo sarebbe la conseguenza della de-dollarizzazione di molti Paesi emergenti. Cina, India, Brasile e Turchia hanno aumentato sensibilmente gli acquisti di lingotti.

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La banca Usa vede la possibilità di un rialzo del 50% in 12-18 mesi

L'oro, che attualmente vale 2.026 dollari l’oncia, potrebbe salire di circa il 50% e arrivare a 3.000 dollari nei prossimi 12-18 mesi. E’ l’ultima previsione di Citi, illustrata a Cnbc da Aakash Doshi, responsabile della Ricerca sulle Materie prime della banca americana.

Per potersi realizzare, la previsione prevede che nello scenario economico globale si materializzi un “catalizzatore” in grado di richiamare l’attenzione degli investitori sul metallo giallo. I possibili catalizzatori, riportati in ordine di maggiore probabilità, sono tre:

1) la decisione delle banche centrali di procedere a massicci acquisti di oro;

2) il diffondersi di una situazione di stagflazione;

3) il verificarsi di una profonda recessione globale.

20 ANNI DI QUOTAZIONI DELL’ORO

La corsa all'oro delle banche centrali

"Il percorso più probabile per arrivare a 3.000 dollari all’oncia è una rapida accelerazione di una tendenza già in atto, ma che attualmente procede piuttosto lentamente: la de-dollarizzazione delle banche centrali dei Paesi emergenti”. Questa tendenza, hanno scritto in una recente nota gli analisti di Citi, porterà a una crisi di fiducia nel dollaro statunitense e alla ricerca di altri investimenti “solidi” per le riserve. L’allontanamento dal dollaro potrebbe portare a un raddoppio degli acquisti di oro da parte delle banche centrali, le quali potrebbero superare l’industria mondiale dei gioielli e diventare il principale motore della domanda di oro.

I prezzi dell'oro nell'ultimo anno

Negli ultimi anni gli acquisti di oro da parte delle banche centrali hanno "accelerato a livelli record", nel tentativo di diversificare le riserve e ridurre il rischio di credito, si legge nella nota di Citi. La Cina e le banche centrali russe sono in testa agli acquisti di oro, ma anche India, Turchia e Brasile hanno aumentato sensibilmente gli acquisti di lingotti. Secondo i dati diffusi a gennaio dal World Gold Council, negli ultimi due anni le banche centrali di tutto il mondo hanno dato vita ad acquisti netti complessivi di oltre 1.000 tonnellate d'oro all’anno. "Se la situazione dovesse portare molto rapidamente a un raddoppio di questi acquisti, raggiungendo le 2.000 tonnellate all’anno, ci sarebbe un impatto molto positivo per le quotazioni del metallo giallo”, ha detto Doshi alla Cnbc.

L’ipotesi recessione globale

Secondo Citi, un altro fattore scatenante che potrebbe portare l'oro a 3.000 dollari potrebbe essere una "profonda recessione globale" che spingerebbe la Federal Reserve statunitense a tagliare rapidamente i tassi. L’ipotesi, che gli stessi analisti definiscono “a bassa probabilità”, è che la Fed porti in breve tempo il costo del denaro all’1%. I prezzi dell'oro tendono ad avere una relazione inversa con i tassi di interesse. Quando i tassi d'interesse scendono, l'oro diventa più attraente rispetto agli asset a reddito fisso come le obbligazioni, che in un contesto di bassi tassi d'interesse offrono rendimenti contenuti.

L’ipotesi stagflazione

Infine, il terzo possibile “catalizzatore” per un potente rialzo dell’oro potrebbe essere la stagflazione, ovvero uno degli scenari più temuti dagli economisti e dai politici, quello in cui c’è una forte inflazione in contemporanea con un rallentamento della crescita e un aumento della disoccupazione. Percepito come un bene rifugio, l’oro tende a salire nei periodi di incertezza economica, mentre gli investitori si allontanano dagli asset più rischiosi come le azioni. Va detto che gli analisti di Citi considerano “molto bassa” la probabilità che si verifichi uno scenario di stagflazione.

E se non si realizza nessuna di queste tre ipotesi? L’orientamento di Citi resta favorevole all’oro, con uno scenario di base che vede il metallo prezioso raggiungere i 2.150 dollari nella seconda metà del 2024.

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