Petrolio ancora in calo tra schiarite in Medio Oriente e debolezza cinese


Israele sembra poter accettare la proposta statunitense di un cessate il fuoco mentre l’economia in Cina continua a rallentare, aumentando la pressione al ribasso per la domanda di greggio.


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Petrolio in calo

È bastato un flebile sì strappato dal Segretario di Stato USA, Antony Blinken, a Benjamin Netanyahu al termine di tre ore di colloqui a Tel Aviv per il cessate il fuoco a Gaza per aprire uno spiraglio di speranza.

La prima conseguenza sui mercati di queste rinnovate possibilità di un allentamento del conflitto in Medio Oriente è stato il calo del petrolio, con i prezzi ieri scesi di oltre il 2% e oggi il Brent continua a scendere, portandosi a 77 dollari al barile, seguito dal greggio WTI a 73 dollari al barile: minimi dal 7 agosto per entrambi i benchmark.

A Piazza Affari, sono proprio i titoli petroliferi a soffrire, in particolare Saipem (-1% a 2,034 euro), Tenaris (-1% a 12,69 euro) ed Eni (-0,50% a 14,532 euro), tra i pochi componenti del FTSE MIB (+0,30%) ad aprire la seduta in rosso. Su Tenaris pesa anche la proposta della candidata democratica alle presidenziali, Kamala Harris, di aumentare l’aliquota della corporate tax sulle società dal 21% al 28% in caso di vittoria alle elezioni.

I prezzi del petrolio “sembrano trovare qualche ostacolo dagli sviluppi geopolitici in Medio Oriente”, spiega Yeap Jun Rong, stratega di mercato presso IG, evidenziando che "un accordo di cessate il fuoco a Gaza ora sembra più probabile e gli investitori nel mercato ora escludono i rischi di tensioni geopolitiche che potevano determinare interruzioni delle forniture di petrolio”.

Debole domanda in Cina

Oltre alla situazione in Medio Oriente, sull’oro nero incidono anche le prospettive circa la domanda di energia della Cina. Dopo un debole secondo trimestre, la seconda economia mondiale ha perso ulteriormente slancio a luglio, in quanto i prezzi delle nuove case sono scesi al ritmo più veloce in nove anni, la produzione industriale ha rallentato, la crescita delle esportazioni e degli investimenti è diminuita e la disoccupazione è aumentata.

A conferma della debolezza economica cinese oggi è arrivato il dato sulle importazioni di petrolio nel Paese asiatico, ridottesi del 7,5% a luglio rispetto allo stesso mese dello scorso anno.

“Le preoccupazioni sulla domanda incentrate sulla Cina continuano a persistere. Le recenti pubblicazioni di dati rafforzano la visione di una domanda di petrolio cinese più debole", hanno affermato gli analisti di ING in una nota ai clienti.

"Le persistenti preoccupazioni sulla domanda cinese sono state il fattore chiave che ha pesato sul sentiment", ha affermato Warren Patterson, responsabile della strategia sulle materie prime per ING Groep NV a Singapore, ritenendo che “il potenziale per un cessate il fuoco tra Israele e Hamas ha solo fornito un'ulteriore pressione al ribasso”.

Attesa per la Fed

Le negative prospettive in Cina continuano a mitigare un possibile sostegno al petrolio che potrebbe arrivare dalle attese di un allentamento monetario deciso nel breve termine da parte della Federal Reserve, riducendo così il costo dei finanziamenti e sostenendo la domanda statunitense.

Le previsioni della maggioranza degli economisti intervistati dall’agenzia Reuters indicano un taglio dei tassi di 25 punti base a settembre, allentamento che potrebbe essere ripetuto in ogni restante riunione prevista nel corso del 2024.

Dopo che alcuni membri del consiglio della Fed indicavano un possibile taglio il prossimo mese, ora si attendono le parole che il Presidente Jerome Powell pronuncerà venerdì nel corso del Simposio di Jackson Hole. "Se dovesse riconoscere il percorso di disinflazione dell'economia statunitense, ciò confermerebbe un taglio dei tassi a settembre", prevede Thierry Wizman, stratega globale di tassi e FX presso Macquarie, avvisando che “i mercati probabilmente si muoveranno in base alla misura in cui Powell aprirà la porta alla possibilità di un taglio di 50 punti base (bps) in una delle prossime tre riunioni del FOMC".

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