Petrolio, limitato aumento di produzione per l’Opec+

Ieri il gruppo dei produttori di greggio ha sorpreso il mercato decidendo un incremento dell’output che però è risultato inferiore agli aumenti decisioni nei mesi scorsi, provocando così una crescita dei prezzi.
Indice dei contenuti
La decisione dell’Opec+
Solo undici minuti di riunione sono stati sufficienti all’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio e i suoi alleati (Opec+) per decidere un aumento alla produzione di greggio, sorprendendo così il mercato. Con questo meeting ‘lampo’, ieri sera il gruppo ha deciso un incremento dell’output pari a 137 mila barili al giorno a partire da ottobre, inferiore agli aumenti mensili stabiliti nei mesi precedenti di circa 547 mila, 411 mila e 138 mila bdp.
Proprio la limitata quantità di aumento di produzione ha spinto in alto i prezzi del petrolio (+1%) questa mattina, arrivati a 66,66 dollari (Brent) e 63 dollari al barile (future sul greggio WTI), livelli abbandonati venerdì scorso prima della riunione dell’Opec+.
La scelta degli otto Paesi del cartello (Arabia Saudita, Russia, Iraq, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Kazakistan, Algeria e Oman) è stata presa "in considerazione di una prospettiva economica globale stabile e degli attuali solidi fondamentali del mercato, come riflesso delle basse scorte di petrolio", spiega la nota pubblicata ieri.
In ogni caso, prosegue il comunicato, l’Opec+ continuerà a "monitorare e valutare attentamente le condizioni del mercato" e ad "adottare un approccio cauto, mantenendo la massima flessibilità per sospendere o invertire gli ulteriori aggiustamenti volontari della produzione". La prossima riunione è prevista per il 5 ottobre 2025.
Discesa sotto i 60 dollari?
Con questa decisione, i Paesi dell’Opec+ mostrano di essere disposti ad affrontare una discesa dei prezzi al di sotto dei 60 dollari al barile pur di conquistare nuove quote di mercato.
L’Opec+ "ha colto il mercato di sorpresa oggi: invece di fermarsi, il gruppo ha mostrato ambizione con un aumento della produzione. L’aumento può essere limitato, ma il messaggio è importante”, secondo Jorge Leon, analista di Rystad Energy riportato da Afp.
Restano però le incertezze, tra cui alcuni “interrogativi sull’unità: Paesi come la Russia dipendono dai prezzi elevati per finanziare la loro macchina da guerra, mentre altri sono disposti a testare prezzi più bassi per ottenere quote di mercato”, aggiunge l’esperto.
“Se la decisione potrebbe essere stata più modesta del previsto, i prezzi del petrolio potrebbero comunque scendere sotto i 60 dollari al barile tra la fine dell'anno e l'inizio del 2026”, prevede il Presidente emerito di FGE NexantECA, Fereidun Fesharaki.
"Direi che scendere sotto i 60 dollari nel primo trimestre del prossimo anno è possibile ma questo avrà un impatto significativo sulla produzione di scisto statunitense. Quindi l'offerta diminuirà, il che a sua volta darà una spinta ai prezzi", prosegue Fesharaki, ritenendo che "Non abbiamo ancora visto il reale impatto di questa riduzione".
A questo punto, conclude, “l’Opec esaminerà la situazione e, se scoprirà che non ci sono ripercussioni sul mercato, potrebbe raddoppiare o triplicare le scorte rispetto all'ultima volta", ma “le scorte rimangono limitate” e, "finché non si vedrà effettivamente un aumento delle scorte, non ci sarà alcun impatto sui prezzi".
La Finestra sui Mercati
Tutte le mattine la newsletter con le idee di investimento!
