Pil 2023, Bankitalia migliora le stime, ma l’inflazione frenerà i consumi delle famiglie

13/02/2023 08:15

Lo scorso gennaio la Banca d’Italia, nel suo Bollettino Economico Trimestrale, ha rivisto le stime di crescita del PIL al rialzo: 0,6% dallo 0,3% dell’ottobre 2022. Tutto bene quindi? Non esattamente.

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La produzione industriale dell’Italia MoM di dicembre è risultata migliore delle stime: +1,6% contro -0,1% atteso. Migliore delle stime anche la fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan di febbraio, risultata pari a 66,4 punti contro 65 di gennaio.

Che succede all’economia Italiana? Come siamo messi? Sono alcune delle domande che ci facciamo, visti i dati positivi che via via stanno uscendo e considerato che con il 15% di performance dall’inizio dell’anno, Piazza Affari risulta tra le migliori borse al mondo. Rifacciamoci quindi ai dati. Lo scorso gennaio la Banca d’Italia, nel suo Bollettino Economico Trimestrale, ha rivisto le stime di crescita del PIL al rialzo: 0,6% dallo 0,3% dell’ottobre 2022.

Tutto bene quindi? Non esattamente. Nel senso che la Banca d’Italia ha avvertito che la proiezione è puramente indicativa, considerata l'incertezza attuale eccezionalmente elevata, dovuta all'andamento dei prezzi, alla disponibilità di materie prime e agli effetti delle politiche monetaria fortemente restrittive a livello globale.

Per il 2024-25, le stime del Bollettino Economico dello scenario base indicano una crescita del PIL in accelerazione all’1,2% sia nel 2024 che nel 2025. L'inflazione, salita quasi al 9% in media nel 2022, scenderebbe al 6,5% nel 2023, per portarsi nell’intorno del 2% non prima del 2025.

Va da sé che l’incremento dei prezzi è atteso frenare i consumi delle famiglie, dopo la forte crescita registrata nel 2022 quale effetto del ritorno alle abitudini di spesa precedenti la pandemia. La dinamica dei consumi è stimata infatti essere più contenuta del 2022 e far registrare un +1,5% a fronte di una crescita del +4,6% dello scorso anno. La frenata dovrebbe estendersi anche nel biennio 2024-25, la cui dinamica che è atteso chiudersi con consumi in crescita nell’intorno dell’1%.

Secondo la Confcommercio la recessione, sia pure di lieve entità, è data per probabile nel 1Q23 (ricordiamo che i dati preliminari dell’Istat indicano che nel 4Q22 il PIL Italiano è stato negativo, dopo sette trimestri consecutivi di crescita). Recessione innescata dal rallentamento della domanda delle famiglie. Recessione dunque poco profonda e breve. L’economia del nostro Paese, a differenza delle altre dell’Europa, sembra quindi essere più resiliente e reagire prontamente alla ripresa internazionale.

Certo, la nostra economia continua ad avere una palla al piede rappresentata dal debito pubblico, che sottraendo risorse all’economia privata, rende difficoltosa la crescita economica. Ma il PNRR e la rinnovata coesione Europea potrebbero essere il new deal in grado di cambiare le cose.

All’inizio dell’anno l’Italia era pure finita sotto attacco da parte del Financial Times per la sostenibilità del suo debito. Secondo il FT, il rischio Italia era aumentato a seguito della comunicazione del nuovo programma di emissioni del Tesoro che ha portato da 278 a circa 320 miliardi di euro la quantità di bond che il Mef emetterà nel corso del 2023. Circa 90 sono i miliardi del fabbisogno statale e 260 circa i bond (al netto dei Bot, circa 140 miliardi nel 2022) che andranno in scadenza il prossimo anno. La palla al piede del debito circolante, 2.290 miliardi di euro, è pesante ed è inevitabile che la politica monetaria restrittiva della BCE andrà ad influenzarne il costo.

Pur con tutte le cautele del caso, ci sentiamo però di affermare che ci sono almeno tre risultati importanti che sono stati raggiunti negli ultimi anni.

Il primo è che il lavoro dei diversi Governi non ha mai perso di vista l’obiettivo di allungare la vita media del debito e ridurne il suo costo, tanto che a fine dicembre la vita media risultava di 7,04 anni e il costo medio dell’1,32% (fonte MEF).

Il secondo risultato è che grazie all’Europa, esiste uno scudo anti spread pronto ad agire se la politica monetaria della BCE dovesse allargare gli spread tra i diversi paesi europei.

Last but not least, il terzo. E’ operativo infatti un ingente piano di investimenti Europei per circa 750 miliardi di euro (NGeu) che ha destinato all’Italia oltre 190 miliardi di euro (PNRR) che saranno investiti nei prossimi due/tre anni e che sono attesi portare il rapporto debito/PIL a livelli compatibili con una crescita economica di lungo periodo basata più sulla produttività che sul debito. Per chi ancora non l’avesse capito, è il new deal Italiano.

Per tutti questi motivi non siamo preoccupati più di tanto sulla sostenibilità del debito pubblico Italiano. Siamo comunque vigili. Il che significa monitorare il lavoro del Governo sia sul numeratore (il debito appunto) che sul denominatore (il PIL) e liberare così importanti risorse per consentire una crescita della ricchezza del Paese.

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