Powell: non far correre all'economia rischi inutili


L’inflazione USA sta scendendo meno del previsto, ma tutto dipende da come i membri del FOMC interpreteranno i dati.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Prezzi alla produzione di settembre YoY della Germania (stima -14,2% contro -12,6% di agosto).

Ieri le richieste di sussidi settimanali alla disoccupazione sono risultate minori rispetto alle attese (198k contro 212k attesi e 211k della scorsa settimana) e il PhillyFed di ottobre è risultato peggiore delle attese (-9 punti contro -6,4 punti stimato e -13,5 di settembre).

I dati recenti suggeriscono che l’inflazione statunitense sta migliorando, ma non con l’intensità voluta dalla FED. Come noto, a settembre l’inflazione è aumentata del 3,7% YoY. Meglio quella core, il cui dato ha mostrato una flessione al 4,1% YoY rispetto al 4,3% di agosto. Chiaro quindi che assume estrema importanza il modo in cui verranno interpretati i dati della scorsa settimana da parte dei membri del FOMC, che il prossimo 1° novembre dovranno decidere se alzare ancora i tassi.

La preponderanza dell’inflazione è stata ancora nei servizi. I prezzi dei beni durevoli sono scesi del 2,2% YoY, mentre i beni non durevoli sono aumentati di un modesto 3,2%. I prezzi dei servizi hanno invece fatto registrare un balzo del 5,2% YoY, in gran parte a causa del continuo forte aumento del prezzo degli alloggi. L’indicatore Shelter è aumentato del 7,2% rispetto all’anno precedente, mentre escludendo gli alloggi, i prezzi dei servizi sono aumentati di un modesto 2,8%. Se escludiamo i prezzi degli alloggi dall’inflazione principale, il dato sarebbe al 2%.

Le dichiarazioni di diversi membri del FOMC suggeriscono una propensione a lasciare i tassi invariati alla prossima riunione. Tuttavia, se dovessero percepire che la discesa dell’inflazione si è bloccata, non ci sentiamo di escludere che possano ritoccare nuovamente al rialzo i tassi. Non dimentichiamo tuttavia che l’impennata dei rendimenti obbligazionari sta facendo il lavoro della FED, riducendo così la probabilità di un nuovo rialzo.

Il FMI ha tuttavia messo in guardia la FED circa il recente forte aumento dei rendimenti obbligazionari in quanto potrebbe rappresentare una minaccia per la stabilità del mercato finanziario. Il responsabile dei mercati monetari del FMI ha dichiarato che quando si vedono movimenti ampi e molto rapidi dei rendimenti, c’è un maggiore potenziale perché si inneschi instabilità, visto che gli investitori devono riposizionare i portafogli.

Rendimenti obbligazionari più elevati potrebbero infatti creare problemi alle banche commerciali di medie dimensioni. In alcuni casi, rendimenti più elevati richiederanno anche il declassamento del valore degli asset a causa dei requisiti mark-to-market. Inoltre, rendimenti più elevati potrebbero causare un aumento delle inadempienze sui mutui immobiliari commerciali. E anche questo avrebbe un impatto negativo su alcune banche.

La principale preoccupazione della FED riguardo all’inflazione rimane comunque lo stato del mercato del lavoro, come abbiamo diverse volte messo in luce. La crescita occupazionale è stata forte a settembre e il tasso di offerte di lavoro è aumentato ad agosto rispetto al mese precedente. Inoltre, i disordini sindacali continuano a crescere, con scioperi in settori come quello automobilistico, sanitario e dell’intrattenimento. Eppure, nonostante ciò, l’inflazione del costo del lavoro continua a diminuire gradualmente e questo è esattamente ciò che vuole la FED.

Il mercato del lavoro USA continua tuttavia a superare le aspettative. A settembre sono stati creati più nuovi posti di lavoro che in qualsiasi altro mese da gennaio. L’occupazione è aumentata nella maggior parte dei settori, ad eccezione dei servizi finanziari e dell’informazione. Nel frattempo, il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 3,8%. Inoltre, il numero delle richieste iniziali di assicurazione contro la disoccupazione, sebbene leggermente in aumento la scorsa settimana rispetto alla settimana precedente, è rimasto nell’intorno di un livello che non si vedeva da gennaio. Pertanto, nonostante le difficoltà, l’economia USA ha continuato a prosperare anche alla fine del terzo trimestre. È ampiamente previsto che la crescita del PIL per il terzo trimestre sarà forte.

La domanda è come la FED interpreterà i dati: alzerà i tassi perché le condizioni del mercato del lavoro sono tese e potenzialmente in grado di frenare la discesa dell’inflazione, oppure li lascerà invariati perché comunque tali condizioni non stanno causando una forte accelerazione dei salari? Vedremo.

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