Senza la tripla A il rally delle azioni si ferma

Torna su la volatilità in una delle peggiori sedute del Nasdaq degli ultimi sei mesi. Jamie Dimon, il ceo di JP Morgan dice che sono i mercati a decidere, non le agenzie. Il confronto con quel che era successo nel 2011, quando S&P tagliò il rating degli Stati Uniti. Salgono i rendimenti delle obbligazioni. Scende il petrolio, anche se le scorte di greggi sono scese molto la scorsa settimana. Risultati del trimestre di Tenaris e Tim.
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Il taglio del rating del debito degli Stati Uniti da parte di Fitch ha penalizzato Wall Street in modo importante ma non drammatico, il -2,2% di ieri del Nasdaq è il calo giornaliero più ampio da febbraio, ma l’8 agosto del 2011, il giorno del declassamento del rating americano da parte di Standard&Poor’s, il ribasso era stato di quasi il 7%. L’S&P500 ha perso ieri l’1,4%, il Dow Jones l’1%: queste due variazioni negative si confrontano con il -6,7% ed il -5,6% di dodici anni fa. Gli Stati Uniti avevano già perso la verginità in materia di debito sovrano e quindi la reazione di ieri è stata tutto sommato composta. Il merito delle obbligazioni si è indebolito, il rendimento del decennale si è portato sui massimi degli ultimi nove mesi, ma Fitch centra poco, sono state probabilmente le comunicazioni del Tesoro sull’entità delle prossime emissioni a innescare le vendite sui Treasury.
Non c’è sgomento, ma qualche preoccupazione tra gli investitori c’è, infatti l’indice VIX è risalito dove non lo si vedeva da maggio.
Secondo l’amministratore delegato di JPMorgan, Jamie Dimon, il taglio di Fitch si può anche ignorare. ”Non ha molta importanza", ha detto alla CNBC. "Sono i mercati a decidere, non sono le agenzie di rating a prendere le decisioni importanti”.
Resta il fatto che oggi gli Stati Uniti sono super indebitati, molto di più di quanto lo erano nel 2011: la legge di bilancio presentata da Janet Yellen prevede un deficit/Pil del 6%.
"Il declassamento del debito non è ancora un problema serio, ma è un segnale che la fiducia dei mercati finanziari nella volontà del governo di prendere sul serio il debito sta diminuendo", ha scritto Keith Hall, visiting fellow presso il Mercatus Center della George Mason University ed ex direttore del Congressional Budget Office.
Le borse dell’Europa dovrebbero aprire in lieve ribasso, il future del Dax perde lo 0,1%.
In Asia Pacifico, il Nikkei di Tokyo perde l’1,3% nel finale di seduta. Sulla parità i mercati azionari della Cina.
Il petrolio Brent ha perso ieri oltre il 2%, stamattina tratta a 83 dollari il barile. Negli Stati Uniti, le scorte di greggio hanno registrato un calo da record nelle rilevazione settimanale.
Le banche centrali, almeno in America Latina, stanno virando verso una politica monetaria meno restrittiva. Stanotte il Banco Central do Brasil ha tagliato di mezzo punto percentuale il tasso di riferimento, più delle attese. L’intervento arriva a pochi giorni da un analogo provvedimento della banca centrale del Cile. Il Perù ha segnalato che è arrivato il momento di cambiare regime, dopo la stretta monetaria.
FED/BOND
Negli Stati Uniti, la stretta monetaria sta per terminare o è destinata a proseguire dopo la pausa di giugno? Ariel Bezalel e Harry Richards, gestori obbligazionari di Jupiter AM sono dell’idea che le banche centrali siano pronte “a fare marcia indietro sulle misure di politica monetaria e inizino a preoccuparsi della crescita più che dell’inflazione”. A loro avviso, il taglio tassi è più che giustificato dai tanti segnali di rallentamento. “La crescita della massa monetaria negli Stati Uniti è profondamente negativa, come mai in passato dagli anni ’30, e storicamente è stata fortemente associata alle recessioni. Altrove, l’eccesso di risparmio che ha sostenuto i consumi negli ultimi due anni si è praticamente esaurito, gli elevati tassi ipotecari stanno portando alla stagnazione del mercato immobiliare, mentre l’S&P 500 ha registrato utili negativi per due trimestri consecutivi e gli amministratori delegati potrebbero quindi riflettere a fondo sulla loro base di costi, con ovvie implicazioni per la disoccupazione”. Se la Fed esita a dichiarare chiusa la fase restrittiva, è perché “l’azione politica delle banche centrali, orientata dai loro principali KPI di gestione dell’inflazione e della disoccupazione, è basata su due degli indicatori più in ritardo che si possano trovare. È come guidare un’auto guardando nello specchietto retrovisore. Ma se guardiamo in avanti, oltre il parabrezza, ci sono una serie di indicatori che ci dicono che stiamo per entrare in recessione”.
In un contesto in cui l’inflazione continua a salire, la crescita vacilla e il quadro occupazionale si aggrava, “la politica da falco della Federal Reserve diventerà rapidamente insostenibile e si procederà con i tagli. A nostro avviso, ciò pone le basi per un contesto d’investimento estremamente promettente per l’obbligazionario”.
BOND
Siamo in un contesto di mercato incerto “ma meno negativo delle attese, nel quale le economie continuano a reggere” afferma in una nota Richard Flax, il Chief Investment Officer di Moneyfarm”. A suo avviso, nei prossimi 6-12 mesi la stretta creditizia si farà sentire sull’attività economica, eppure, “gli spread creditizi non stanno prezzando nemmeno un impatto moderato. A questo livello di tassi, riteniamo che non abbia senso prendersi troppo rischio creditizio, di conseguenza, nell’ultimo ribilanciamento abbiamo tagliato l’esposizione al credito di bassa qualità”. Flax conclude aggiungendo che gli utili aziendali, finora più forti del previsto, “potranno essere rivisti al ribasso con il progressivo rallentamento delle economie. L’inflazione continuerà a diminuire, ma potrebbe essere difficile tornare, in breve tempo, al target del 2%. In tale contesto, ci aspettiamo che i tassi rimangano “più alti per più tempo”. A nostro parere, l’incertezza resta alta e la parola chiave è, più che mai, qualità, soprattutto nel settore obbligazionario
TITOLI
Tenaris ha chiuso il primo semestre con un utile raddoppiato a 2,26 miliardi di dollari. L'Ebitda ha raggiunto quota 2,88 miliardi, da1,43 miliardi nel primo semestre 2022. Ebitda margin pari al 35%, era 28%. Le vendite nette nel periodo sono risultate pari a 8,21 miliardi, in aumento del 59%.
Telecom Italia ha chiuso il secondo trimestre con un Ebitda after-lease in crescita del 5,5% a 1,37 miliardi, grazie al forte andamento in Brasile e anche alle performance del mercato domestico tornato in positivo per la prima volta dopo cinque anni.
Banco BPM ha alzato il target di utile 2023 dopo i risultati del primo semestre, "il migliore di sempre" con l'utile netto in aumento del 77,9% su anno. La banca ha confermato la guidance sul 2024 di un Eps di 0,90 euro, ma l'istituto conta di migliorarla in occasione del nuovo piano indutriale previsto entro la fine dell’anno.
Bper Banca migliora la guidance 2023 dopo i risultati positivi del primo semestre, stimando un utile netto ordinario di circa 1,1 miliardi di euro. Rivede al rialzo anche la stima sul margine di interesse visto ora a 2,8 miliardi di euro. In termini di payout l'obiettivo della banca è di arrivare a fine anno con un payout tra il 35% e il 40%, ha detto l'AD Piero Luigi Montani, nel corso di una conference call con gli analisti.
Safilo. Le vendite nette sono calate del 6,6% nel secondo trimestre a causa della debolezza del mercato nordamericano e ad un "significativo calo" nelle ex catene Grand Vision in Europa.
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