Tensioni all’interno dell'Opec+, e il brent si infiamma


L'Opec+ non è riuscita a trovare un compromesso e ha cancellato la riunione di lunedì, dopo non aver raggiunto un accordo la scorsa settimana a causa di divergenze tra Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.


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L’ostruzionismo degli Emirati Arabi Uniti

Brent oltre i 77 dollari al barile, il livello più alto registrato da ottobre 2018. A infiammare la quotazione ci ha pensato il difficile vertice dell’OPEC+ di venerdì, che ha visto gli Emirati Arabi Uniti puntare i piedi e a un nulla di fatto: nessuna strategia comune per quanto riguarda la produzione di petrolio. Anche il vertice programmato per ieri è stato annullato dalla coalizione: i ministri dell'Opec+ non sono riusciti a trovare un compromesso e hanno rinviato tutto a un nuovo incontro, la cui data verrà «decisa a tempo debito».

La maggior parte dei membri aveva pianificato di incrementare gradualmente la produzione di circa 400.000 barili al giorno da agosto a dicembre 2021 e di prorogare l’accordo sui tagli oltre la scadenza di aprile 2022. Tuttavia, all’ultimo momento gli Emirati Arabi Uniti si sono opposti, chiedendo limiti di produzione più elevati, e cercando di modificare la base su cui sono calcolati i tagli, giudicata da Abu Dhabi troppo penalizzante. Una mossa che potrebbe consentire al Paese di aumentare la produzione di 700.000 barili in più al giorno. Mentre la decisione tardava ad arrivare, è intervenuta anche la Casa Bianca, esprimendo preoccupazione sul caro petrolio.

Il tutto si è concluso con un litigio diplomatico tra Riyadh ed Abu Dhabi. "È l'intero gruppo contro un paese, il che è triste per me, ma questa è la realtà", ha affermato in un'intervista a Bloomberg il ministro dell'Energia saudita, il principe Abdulaziz bin Salman.

Quello che accadrà nei prossimi giorni determinerà se l’interruzione dei colloqui degenererà in un conflitto aspro come la guerra dei prezzi dell'anno scorso, mettendo a rischio la stabilità della ripresa economica globale.

Il mese scorso il Brent è salito di oltre l'8%, segnando un potente rally nei primi sei mesi dell’anno, aiutato da una costante ripresa della domanda in Europa, Stati Uniti e Cina.

"Il mercato è comprensibilmente nervoso poiché l'unità all’interno dell'OPEC sembra indebolirsi", ha commentato Daniel Hynes, senior strategist delle materie prime presso l’Australia and New Zealand Banking Group.

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