Un 2023 a due velocità


Secondo il presidente della Bundesbank, il ”falco” Joachim Nagel, il primo semestre 2023 sarà decisamente negativo e ancora in sofferenza, mentre il PIL è atteso riprendersi gradualmente nel secondo semestre, ma non tanto da portare in positivo l’intero anno.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Nessun dato rilevante per i mercati in uscita oggi. Ieri la produzione industriale della Germania MoM di dicembre è risultata nettamente peggiore delle stime: -3,1% contro -0,7% atteso, a conferma delle difficoltà dall’industria tedesca e, di riflesso, dell’intera Europa. Ulteriori conferme negative sono attese per giovedì, quando sarà reso noto il dato sui prezzi al consumo MoM di gennaio le cui previsioni indicano un incremento dell’1,1% contro una flessione dello 0,8% registrata a dicembre.

A gravare sull’economia della Germania, è soprattutto l’inflazione elevata ormai infiltratasi in tutti i settori economici, dovuta agli elevati costi energetici seguiti dall’invasione della Russia in Ucraina.

La Bundesbank prevede che nel 2023 il PIL della Germania subirà una contrazione dello 0,5% dopo essere cresciuto dell’1,8% lo scorso anno (il governo tedesco ha una previsione di crescita dello 0,2%). L’inflazione è attesa scendere dall’8,6% del 2022 al 7,2% del 2023.

Secondo Nagel, è probabile che il 2023 sia a doppia velocità. Il primo semestre decisamente negativo e ancora in sofferenza, mentre il PIL è atteso riprendersi gradualmente nel secondo semestre, ma non tanto da portare in positivo l’intero anno.

Nel 2024, l’inflazione dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) scendere al 4,1%, mentre, sempre secondo la Bundesbank, il PIL dovrebbe tornare a crescere dell’1,7%.

Che significa questo per l’Europa? Guardiamo al PMI in grado di catturare l’opinione dei responsabili degli acquisti riguardo l’andamento del settore manifatturiero e dei servizi. Come noto, un livello superiore a 50 indica una percezione di crescita e viceversa. Da luglio i valori sono scesi sotto 50 punti come si vedeva da inizio 2021, in piena terza ondata di Coronavirus. Ma a gennaio 2023 c’è stata una piccola inversione di tendenza con la risalita del PMI servizi e Composite oltre quota 50 punti, in concomitanza con la flessione del prezzo del gas.

Nel corso del 2022 molte industrie europee hanno infatti dovuto ridurre la produzione di fronte a prezzi del gas che ad agosto hanno toccato sul TTF di Amsterdam i 340 euro per megawattora (14 volte circa la media dei prezzi nel primo semestre del 2021). Nonostante la discesa dei prezzi in corso, siamo tuttavia ancora lontani dai livelli di 20-30 €/MWh registrati prima dell’inizio di questa crisi energetica.

Va da sé quindi che la salute dell’economia Europea è funzione diretta del prezzo dell’energia. E quest’ultimo dipende a sua volta non tanto dalle decisioni di politica monetaria, quando da decisioni politiche. Da questo punto di vista non siamo del tutto sicuri che la fissazione del prezzo del gas 180 al Mwh sia la soluzione giusta.

Corretta invece la decisione di investire risorse importanti (oltre 1.500 miliardi entro il 2050) nella produzione di energia rinnovabile, nella decarbonizzazione e nell’economia circolare. Come argomentavamo ieri, la Commissione Europea ha anche previsto un meccanismo di transizione basato su tre pilastri: il Just Transition Fund, il flusso di finanziamenti InvestEU e i prestiti della Banca europea per gli investimenti sostenuti dal bilancio dell'UE.

L’obiettivo finale della Commissione Europea prevede che entro il 2050 oltre il 90% della produzione di energia proverrà da fondi rinnovabili.

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