Vigilia della Fed: le previsioni degli analisti sui tassi di interesse


Domani il ‘braccio armato’ dell’istituto guidato da Jerome Powell dovrà decidere sui tassi di interesse e le attese degli analisti sulle sue possibili scelte sono cambiate a causa della crisi del settore bancario in corso.


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Attesa per la Fed

Inizia oggi il meeting della Federal Reserve che si concluderà domani con la decisione sui tassi di interesse, vero market mover dei mercati di questa settimana.

Le luci della ribalta si accenderanno domani alle 19 quando ci sarà l’annuncio sulla decisione, per poi ‘illuminare’ il Presidente Jerome Powell alle 19:30 quando ci sarà la consueta conferenza stampa.

I future sui Fed Fund prevedono al 76,8% un rialzo di 25 punti base, mentre il restante 23,25 si attende una pausa nella politica restrittiva in corso da mesi da parte dell’istituto centrale guidato da Jerome Powell.

I trader intervistati dalla Reuters si sbilanciano fino all’85% per un rialzo, sempre da 0,25 punti, quando fino alla settimana scorsa l’aspettativa era per un rialzo da 50 punti base.

In questo contesto, Powell dovrà esprimersi anche sul futuro della politica monetaria della Fed, spingendosi oltre quello che è stato fatto finora, in un appuntamento in cui la banca centrale diffonderà anche le proprie proiezioni sull’andamento dell’economia.

Il contesto finanziario

A modificare le previsioni sono state le crisi bancarie di questi ultimi giorni, tra il fallimento di Silicon Vally Bank e di Signature Bank, a cui si sono aggiunte le difficoltà di First Republic Bank.

La politica monetaria USA “è entrata in una nuova fase dal momento che il repentino incremento dei tassi di interesse e l’inversione della curva dei rendimenti hanno toccato un nervo scoperto nel sistema finanziario e le autorità sono state costrette a intervenire per occuparsi dei fallimenti della Silicon Valley Bank e della Signature Bank a distanza di poco tempo”, sottolineano da Allianz Global Investors.

Il crack sul settore bancario scatenava “forti oscillazioni sui mercati” e “in tre giorni il rendimento dei titoli Usa a 2 anni ha registrato la variazione più ampia dal crollo dei mercati azionari di ottobre 1987”, dopo che solo due giorni prima il presidente Powell “aveva rilasciato una dichiarazione citando l'intenzione della Fed di accelerare la stretta monetaria se necessario”, ricordano da AGI.

Le previsioni

A questo punto, da Allianz prevedono che “al prossimo incontro la Fed giocherà in ‘difesa’ e, a seconda delle condizioni del mercato, la banca centrale USA potrebbe persino decidere di lasciare i tassi di riferimento invariati anche se aveva dichiarato l’intenzione di alzarli ulteriormente in caso di necessità”, mentre “anche qualora decidesse di alzare ancora i tassi di interesse, probabilmente la Fed modificherà i toni verso una maggiore cautela circa la linea monetaria futura”.

Un rialzo da 25 punti base è atteso da Marc Dowding di Rbc BlueBay, secondo il quale la Fed “resterà su una traiettoria che probabilmente vedrà i tassi raggiungere un picco vicino al 5,5% nei prossimi mesi e poi rimanere a questo livello per almeno un paio di trimestri”.

“Un rialzo di 25 punti base è la strada più sicura per la Fed”, ha dichiarato Zhiwei Ren, Managing Director e Portfolio Manager di Penn Mutual Asset Management, il quale non crede “la Fed possa avere una forte convinzione in questo mercato. Cosa si fa quando non si ha una forte convinzione? Si segue l'aspettativa del mercato”.

Di pausa nei rialzi dei tassi parlano da Goldman Sachs, decisione da prendere “a causa dello stress del sistema bancario”.

Una pausa nella lotta all’inflazione “non dovrebbe essere un problema”, aggiungono dalla banca americana, “poiché riportare l'inflazione al 2% è un obiettivo di medio termine, e il FOMC può tornare in pista rapidamente, se opportuno, e lo stress bancario potrebbe avere effetti disinflazionistici”.

Rana bollita

Tiffany Wilding, economista di Pimco, paragona la strategia di politica monetaria della Federal Reserve al “principio della rana bollita, ovvero la capacità di adattarsi a situazioni spiacevoli e deleterie senza reagire, se non quando ormai è troppo tardi”.

Wilding ricorda che “la scorsa settimana Jerome Powell ha alzato il tiro segnalando che la Fed potrebbe nuovamente aumentare il tasso di riferimento overnight sui Fed Funds di 50 punti base, che ha coinciso con lo scoppio del caso Silicon Valley Bank, ma ora l’istituto “deve fare meno fatica per arrivare allo stesso risultato: le condizioni finanziarie rigide stanno rallentando la creazione di credito e finiranno per rallentare l’inflazione. Di conseguenza, la domanda da porsi non è se la Fed aumenterà di 50 o 25 punti base nella riunione di marzo”, ma piuttosto “se il ciclo di rialzo dei tassi della Fed sia davvero finito. Ovviamente ciò dipenderà dalla velocità e dall’entità dell'inasprimento delle condizioni finanziarie nei giorni e nelle settimane a venire”.

“Con un’inflazione elevata (nonostante il leggero allentamento degli ultimi mesi) e un mercato del lavoro solido, è possibile che la risposta dei funzionari governativi ai fallimenti bancari attenui i rischi per la stabilità finanziaria in modo tale da indurre la Fed a un nuovo rialzo la prossima settimana. Tuttavia, con una politica già restrittiva, una crescita del credito che potrebbe rallentare e una potenziale recessione che incombe, la rana potrebbe essere già bollita”, conclude Wilding.

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