3 ragioni per cui il 2023 potrebbe ancora avere un lieto fine


La fase attuale non è uguale a quella che ha fatto toccare i minimi al mercato lo scorso anno. Tognoli individua tre ragioni.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Produzione industriale di agosto dell’Italia MoM in uscita oggi alle 10:00 (stima -0,2% contro -0,7% di luglio). Ieri la produzione industriale della Germania MoM di agosto è risultata peggiore delle attese (-0,2% contro -0,1% stimato), ma migliore del dato di luglio (-0,6%).

I mesi estivi di mercato azionario positivo hanno lasciato il posto ad una nuova fase in cui le azioni reagiscono quasi esclusivamente ai movimenti dei tassi di interesse. Troppo caldo per richiedere ulteriori rialzi dei tassi da parte della FED, e non troppo freddo, per scivolare nella recessione. Crediamo che un risultato del genere non sia un finale da favola irraggiungibile, ma al momento la narrazione è passata a quella di ansia per una FED che è attesa mantenere una politica monetaria troppo restrittiva per troppo tempo. Di conseguenza, i rendimenti obbligazionari sono stati saldamente al volante dei mercati, con l’impennata ai massimi dei 15 anni che ha fatto scendere le azioni.

I pullback del mercato raramente sono confortevoli. E con l'attuale fase di debolezza derivante dall'aumento dei tassi, potrebbe sembrare che stiamo andando verso un seguito del 2022. In realtà, crediamo che la fase attuale assomigli molto di più a un normale pullback, spinto da un raddrizzamento delle aspettative e dal riconoscimento che il forte rialzo di inizio anno era più dovuto a una pausa. I catalizzatori e le implicazioni a valle dell’impennata dei tassi di interesse non dovrebbero certamente essere ignorati, ma riteniamo che ci siano almeno tre ragioni per cui il 2023 possa ancora avere un lieto fine.

La prima. Potremmo essere vicini ad un picco dei tassi di interesse: la scorsa settimana i rendimenti a dieci anni negli USA sono saliti al di sopra del 4,8%, tassi visti l’ultima volta nel 2007. Certo, i tassi a lungo termine sono saliti molto più in alto di quanto previsto quest’anno, incluso un aumento dello 0,5% nelle ultime settimane. È proprio questo recente aumento dei tassi che, cosa interessante, ci dà una certa fiducia che potremmo essere vicini a un punto di esaurimento (tra l’altro i tassi di mercato stanno dando una mano alla FED nel contenimento dell’inflazione).

Nel 2022, i tassi a lungo termine sono aumentati a fronte della spinta potente e sostenuta derivante dall’inflazione ai livelli più alti degli ultimi quattro decenni e dagli aumenti dei tassi della FED storicamente aggressivi. Non è che questi fattori siano scomparsi del tutto, ma attualmente l’inflazione sta diminuendo (l’ultima lettura del PCE core statunitense, la misura preferita dalla FED sull’inflazione, è scesa sotto il 4% per la prima volta in due anni), e la FED potrebbe anche aver finito di aumentare i tassi, e aspettare che i precedenti aumenti dispieghino appieno i propri effetti.

Guardando agli ultimi 50 anni i casi in cui l’inflazione core è salita al di sopra dei tassi dei titoli del Tesoro statunitensi a 10 anni (come è avvenuto di recente), l’inflazione core ha raggiunto il picco, in media, poco più di un anno prima del picco dei tassi di interesse. L’inflazione core ha raggiunto il picco nel settembre del 2022, il che suggerisce che un picco dei tassi potrebbe non essere così lontano. In quelle esperienze precedenti, nei 12 mesi successivi al picco dei tassi, il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni è diminuito in media dell’1,9% e l’S&P 500 ha guadagnato in media il 20,3%.

Il secondo: il mercato del lavoro continua a lavorare per i consumatori. I rapporti sull’occupazione di settembre hanno mostrato che il mercato del lavoro sta reggendo bene nonostante gli ostacoli legati ai tassi di interesse. L’accelerazione della creazione di posti di lavoro (336k a settembre), ha mantenuto comunque il tasso di disoccupazione stabile al 3,8%. L’aspetto positivo per i mercati può essere trovato nei dati sui salari. La retribuzione oraria media negli USA è aumentata ad un ritmo su base annua del 4,15% a settembre, il quarto mese consecutivo di moderazione e il tasso di crescita più basso da giugno 2021. Mentre l’accelerazione del tasso di crescita dell’occupazione potrebbe spingere la FED ad aumentare per l’ultima volta i tassi il mese prossimo, il ritmo moderato degli incrementi salariali dovrebbe essere un fattore utile nel favorire la moderazione dell’inflazione in corso.

Riconosciamo che sembra strano che le notizie positive sul mercato del lavoro e sull'economia vengano trattate negativamente dal mercato. Sottolineiamo tuttavia che, a nostro avviso, questo potrebbe rivelarsi una fase temporanea che si attenuerà se e quando i prossimi dati confermeranno che l'inflazione può continuare a scendere anche se le condizioni occupazionali reggono. In questo caso, i mercati potrebbero fare un passo indietro rispetto ai timori che la FED debba attuare un ulteriore inasprimento, che consideriamo comunque come il catalizzatore di un calo dei tassi e di una ripresa del trend rialzista delle azioni.

Il terzo: un anno dopo, la ripresa del mercato ha la storia dalla sua. Questa settimana, le azioni raggiungeranno il primo anniversario del minimo del mercato ribassista del 2022. Statisticamente, quando le precedenti riprese del mercato hanno raggiunto la soglia di un anno dal minimo ciclico, le azioni, in nessuno di questi casi dal 1974, sono tornate indietro e hanno rivisitato i minimi precedenti. L’inerzia da sola non è ovviamente una grazia salvifica, ma crediamo che gli investitori dovrebbero trovare conforto nel fatto che il pendolo del sentiment di mercato è tornato saldamente in territorio pessimistico, e la risposta delle azioni è stata un ritiro piuttosto ordinato e normale dai massimi estivi e non una pesante svendita.

Questo non significa che ci aspettiamo che il percorso sia agevole, ma riteniamo che sarebbe necessaria una flessione piuttosto grave dell'economia e degli utili aziendali affinché le azioni ritornino nel profondo del mercato ribassista. Non vi è chiaramente alcuna garanzia che l’umore degli investitori cambi in modo veloce, ma riteniamo che questa ondata di volatilità stia creando un’interessante opportunità di acquisto, sia per le azioni che per le obbligazioni.

Sarà la combinazione di economia, utili aziendali e tassi di interesse (non il calendario) a determinare la futura performance del mercato. Ma, per quello che vale, sottolineiamo che ottobre ha un certo talento nel mettere una soglia sui minimi del mercato. Guardando indietro agli ultimi otto minimi del mercato ribassista negli ultimi 50 anni, la metà di essi (1974, 1990, 2002, 2022) si è verificata in ottobre.

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