4 ragioni per cui la FED non dovrebbe più aumentare i tassi


Con l’aumento di ieri da 25 bp, i tassi sono saliti di 475 bp in 12 mesi (mai accaduto negli ultimi 50 anni). Tognoli individua quattro ragioni economiche per cui la FED dovrebbe almeno fermarsi nell’aumentare i tassi.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Richiesta settimanale dei sussidi alla disoccupazione USA in uscita oggi alle 13:30 (stima 199k contro 192 della scorsa settimana) e vendita di nuove case di febbraio (stima 648k contro 670k di gennaio).

Ieri Powell ha deciso di aumentare i tassi di 25 bp e incrementando l’intervallo di riferimento ora fissato in un intervallo compreso tra il 4,75% e il 5%. Nonostante le scosse di assestamento del sistema bancario regionale, Powell ha scelto di continuare a dare priorità alla lotta alla crescita dei prezzi. Il rialzo non ha colto alla sprovvista i mercati finanziari che negli ultimi giorni sembrano avere goduto di un allentamento dello stress finanziario. La crisi delle banche regionali ha comunque scongiurato il rialzo di 50 bp, dato per scontato dai mercati solo due settimane fa.

La FED ha inoltre rivisto leggermente al ribasso le stime di crescita per il 2023 e il 2024 rispettivamente al +0,4% e al +1,2%. Il tasso di disoccupazione è atteso quest'anno al 4,5% (il dato di febbraio è pari al 3,6%)

L’aumento di ieri porta a 475 bp complessivi il rialzo dei tassi negli ultimi 12 mesi (mai accaduto negli ultimi 50 anni). E questo spiega in parte lo stress finanziario che alcune banche hanno dovuto gestire.

Ci sembra comunque abbastanza scontato che la crisi delle banche regionali rallenterà l’attività economica e per questa via anche l’inflazione (lo ha detto chiaramente anche Powell). Il punto è capire la dinamica del rallentamento. Il legame tra un singolo aumento di un quarto di punto e il percorso futuro dell'inflazione è piuttosto tenue, il che significa che la FED è attesa aumentare i tassi anche nelle prossime riunioni.

Secondo quanto emerge dalle dot-plot della FED, il 2023 dovrebbe chiudersi con tassi di interesse medio al 5,1%, mentre nel 2014 dovrebbe scendere al 4,3%. Questo significa che entro luglio potrebbero esserci almeno altri due aumenti dei tassi di un quarto di punto ciascuno. Powell ha usato parole diverse, dicendo che “ulteriori rialzi dei tassi di interesse potrebbero essere appropriati”. In altre parole, riteniamo che la FED sia comunque intenzionata ad aumentare i tassi per ridurre l'inflazione. Oltre alle ragioni macro economiche tangibili, crediamo che Powell e con lui la maggior parte dei membri del FOMC, non vogliano che la loro eredità sia il fallimento nel portare l'inflazione al di sotto dell'obiettivo del 2%.

I mercati sembrano pensarla in modo diverso dalla FED. Se a gennaio i mercati erano convinti che la FED cominciasse a diminuire i tassi nell’ultimo trimestre dell’anno, ora sembrano invece credere che la crisi sia peggiore di quanto sembri al momento. Dopo l’aumento di ieri di 25 bp i mercati sembrano infatti ora aspettarsi che la FED diminuirà i tassi a partire dal terzo trimestre a seguito dell’attesa di una recessione scatenata dal cocktail di turbolenza bancaria, rallentamento dell’economia e passati aumenti dei tassi.

Ma ci sono ragioni economiche per cui la FED dovrebbe almeno fermarsi nell’aumentare i tassi? Ne abbiamo trovate almeno quattro:

  • La crisi bancaria sta facendo il lavoro della FED. Con le banche regionali che devono affrontare un aumento dei prelievi dei clienti, le banche sono chiamate ad inasprire ulteriormente i loro standard di prestito, rendendo più difficile per i consumatori e le imprese ottenere credito. È molto probabile che questo danneggi la crescita economica e riduca l'inflazione e quindi la FED non debba aumentare i tassi di così tanto. Riteniamo che l’inasprimento delle condizioni del credito possano equivalere ad un aumento da un quarto a mezzo punto del tasso della FED;
  • Le turbolenze bancarie si sono attenuate, non sono scomparse del tutto. I clienti hanno trasferito denaro dalle banche ai fondi del mercato monetario. Ma la scorsa settimana le banche hanno ottenuto un prestito record di US 153 miliardi grazie alla finestra di sconto della FED (rispetto ai US 4,6 miliardi della settimana precedente). La nuova linea di prestito della FED è stata utilizzata per circa 12 miliardi di dollari. Il prestito suggerirebbe che le banche potrebbero cercare finanziamenti per coprire maggiori prelievi o si stanno preparando per questa possibilità. Non solo, ma l'entità del picco nei prestiti di emergenza della FED suggerirebbe che si tratta di una crisi molto grave nel sistema bancario e che avrà effetti a catena significativi sull'economia reale;
  • Ulteriori rialzi dei tassi potrebbero intensificare lo stress, considerato che una parte del problema è dovuta al forte e veloce rialzo dei tassi. Ulteriori aumenti potrebbero infatti aggravare le condizioni che hanno portato alle corse agli sportelli abbassando ulteriormente il prezzo delle obbligazioni possedute dalle banche regionali chiamate a vendere titoli a prezzo inferiore a quello di acquisto per far fronte ai prelievi, minacciando così la loro salute finanziaria e innescando così ulteriori prelievi;
  • Obiettivi monetari e finanziari della Fed incrociati? Aumentando i tassi subito dopo aver adottato misure per alleviare lo stress bancario, sembra piuttosto incoerente. Gli obiettivi di politica monetaria della FED potrebbero quindi essere visti come una sorta di “lavoro ai ferri corti” con i suoi obiettivi di stabilità finanziaria. Sarebbe sorprendente se dopo aver fatto di tutto per sostenere la stabilità finanziaria, la FED rischiasse di indebolire i propri sforzi con un aumento dei tassi.

Non ci resta che aspettare ulteriori chiarimenti.

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