Alphabet nel mirino: giustizia USA potrebbe chiedere la vendita di Google Chrome
Indiscrezioni di stampa rivelano che il Dipartimento di Giustizia statunitense si prepara a chiedere lo spin-off del famoso browser di Google, anche se la sua vendita potrebbe incontrare difficoltà nel trovare acquirenti.
Google di Alphabet nel mirino
Finisce nel mirino Google di proprietà Alphabet, sotto accusa dalla giustizia statunitense che potrebbe addirittura chiedere alla società di vendere il browser Chrome, in quella che potrebbe essere una storica stretta nei confronti di una delle maggiori società tecnologiche al mondo.
La notizia è stata rilanciata in queste ore da Bloomberg, le cui fonti rivelano che alcuni funzionari antitrust del Dipartimento di Giustizia avrebbero già chiesto ad un giudice la cessione dello strumento più usato per le ricerche online. La richiesta comprenderebbe anche l’imposizione di misure relative all’Intelligenza artificiale e al suo sistema operativo per smartphone, Android, mentre i funzionari antitrust e gli Stati che si sono uniti in questa ‘battaglia’, raccomanderanno al giudice federale Amit Mehta anche l’imposizione di requisiti di licenza dei dati.
La vicenda seguirebbe la decisione di un giudice con la quale aveva stabilito che Google ha illegalmente monopolizzato il mercato delle ricerche, ma dal Dipartimento di Giustizia non sono arrivati commenti sulla vicenda.
A rispondere, invece, è stata Lee-Anne Mulholland, vicepresidente di Google per gli affari regolatori, accusando il Dipartimento di Giustizia di "continuare a spingere un'agenda radicale che va ben oltre le questioni legali di questo caso" e che "questo intervento del Governo danneggerebbe i consumatori, gli sviluppatori e la leadership tecnologica americana proprio nel momento in cui è più necessaria".
A Wall Street, intanto, le azioni Alphabet hanno chiuso le contrattazioni after hours in calo dell’1%, dopo il +1,63% della seduta ufficiale di ieri e il +25% ottenuto nel corso di questo 2024.
L’importanza del browser
La causa era stata avviata durante la prima amministrazione di Donald Trump, per poi proseguire sotto il Presidente Joe Biden, e si inserisce in una strategia volta a controllare un’azienda tecnologica dopo il tentativo fallito di dividere Microsoft di due decenni fa.
Il browser Chrome è di vitale importanza in quanto controlla circa il 61% del mercato negli Stati Uniti, secondo StatCounter, un servizio di analisi del traffico web, e rappresenta il business principale per la pubblicità di Google. Questo strumento permette alla società di monitorare l’attività degli utenti e utilizzare quei dati per mirare efficacemente le promozioni, che costituiscono la maggior parte delle sue entrate. Inoltre, Google ha utilizzato Chrome per indirizzare gli utenti verso il suo prodotto di punta nell’AI, Gemini, che potrebbe evolversi in un assistente virtuale che accompagna gli utenti sul web. Se Mehta accettasse le proposte, queste avrebbero il potenziale di ridisegnare il mercato delle ricerche online e la nascente industria dell'AI.
Le accuse precedenti
La sentenza di agosto dello stesso giudice Mehta stabiliva che Google ha violato le leggi antitrust sia nel mercato delle ricerche online che in quello degli annunci di testo per le ricerche, e Alphabet ha annunciato di voler fare appello.
Inoltre, il giudice ha fissato un'udienza ad aprile per stabilire quali cambiamenti Google debba apportare per porre rimedio al comportamento illegale e prevede di emettere una sentenza definitiva entro agosto 2025.
L’antitrust e gli Stati hanno concordato di raccomandare che Google sia obbligata a concedere in licenza i risultati e i dati del suo popolare motore di ricerca e di dare ai siti web più opzioni per impedire che i loro contenuti vengano utilizzati dai prodotti di intelligenza artificiale di Google, secondo quanto riportano fonti di Bloomberg, aggiungendo che a Google verrà richiesto di separare il suo sistema operativo Android per smartphone dai suoi altri prodotti, tra cui la ricerca e il suo app store mobile Google Play, che ora vengono venduti come un pacchetto. Sono anche pronti a chiedere che Google condivida più informazioni con gli inserzionisti e dia loro maggior controllo su dove appaiono i loro annunci.
Uno spin-off forzato, se dovesse avvenire, dipenderebbe anche dal trovare un acquirente interessato, ma coloro che potrebbero permetterselo e potrebbero voler acquistare la proprietà, come Amazon, stanno anche affrontando un controllo antitrust che potrebbe impedire un tale mega-accordo.
"La mia opinione è che questo sia estremamente improbabile", ha scritto in un'email Mandeep Singh, analista di Bloomberg Intelligence. Ma, ha aggiunto, potrebbe vedere un acquirente come OpenAI, creatore del chatbot di AI ChatGPT, e “questo gli darebbe sia la distribuzione che un business pubblicitario per completare i suoi abbonamenti ai chatbot per i consumatori".
Gli investitori guardano al quadro più ampio
Nonostante le incertezze, i fondamentali di Alphabet rimangono solidi: i recenti utili del terzo trimestre hanno mostrato un aumento del 35% anno su anno dei ricavi di Google Cloud, margini di profitto operativo superiori alle aspettative e progressi costanti nelle iniziative di ricerca con IA. "Le azioni di Google sono solo del 9% al di sotto dei massimi storici", sottolinea Doug Anmuth, analista di JP Morgan, "e lo sconto del multiplo P/E GAAP rispetto a Meta si è notevolmente ridotto".
La strada da percorrere “include tappe fondamentali, come la decisione anticipata del giudice sui rimedi nell'agosto 2025 e la scelta critica di Apple di mantenere Google come fornitore di ricerca predefinito per Safari”, prosegue l’esperto e, “mentre le sfide abbondano, la chiarezza da parte del Dipartimento di Giustizia e la continua forza operativa di Google potrebbero rassicurare gli investitori”. Con le azioni di Alphabet che vengono scambiate a sconto rispetto ai suoi pari, la posizione rialzista di Anmuth segnala fiducia nella capacità di Google di navigare sia le battaglie in tribunale che le aspettative di Wall Street.
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