Argentina, peso in caduta libera: Washington valuta un “bailout”

Argentina, peso in caduta libera: Washington valuta un “bailout”

La crisi della moneta si intreccia con le difficoltà di politica interna del presidente Milei. L’intervento Usa potrebbe scongiurare il default, ma alimenta polemiche sui conflitti di interesse di Trump e del segretario al Tesoro Bessent

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Rimbalzo del 4% sulla notizia di un possibile intervento

La valuta argentina continua a essere sotto pressione. Dall’inizio del 2025 il peso ha perso circa il 60% del suo valore rispetto all’euro, riflettendo l’instabilità economica cronica del Paese e le difficoltà del governo del presidente Javier Milei nell’attuare le promesse riforme liberiste. Negli ultimi quattro giorni, tuttavia, la moneta ha registrato un rimbalzo di circa il 4%, dopo che da Washington sono trapelate ipotesi di un intervento diretto degli Stati Uniti a sostegno dell’Argentina.

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In scadenza un maxi-prestito con il Fondo Monetario

Il contesto è particolarmente delicato: entro la primavera scadranno circa 20 miliardi di dollari di prestiti con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), una scadenza che mette a rischio la già fragile stabilità finanziaria di Buenos Aires. Milei, che ha fatto della disciplina fiscale e della lotta allo statalismo il cuore del suo programma, deve fare i conti con una recessione profonda e con la pressione crescente a favore di spese sociali, soprattutto in vista delle elezioni legislative di ottobre.

I conflitti di interesse del segretario al Tesoro Bessent

Il segretario al Tesoro statunitense, Scott Bessent, ha dichiarato che “tutte le opzioni sono sul tavolo” per stabilizzare la situazione argentina. Tra gli strumenti possibili sono stati citati linee di swap, acquisti diretti di peso sul mercato e interventi tramite l’Exchange Stabilization Fund del Tesoro Usa, con l’obiettivo di dare ossigeno alle riserve argentine e frenare la caduta della valuta.

La disponibilità americana solleva dubbi politici e domande sui potenziali conflitti di interesse. Prima di entrare nell’amministrazione Trump, Bessent era un noto investitore specializzato proprio in debito argentino in difficoltà. Aveva collaborato con l’ex presidente Mauricio Macri (2015-2019) nella ristrutturazione dei titoli sovrani. Oggi, paradossalmente, da funzionario pubblico si trova a invocare proprio quegli interventi di salvataggio che in passato aveva criticato.

Le critiche del Congresso

Le aperture della Casa Bianca hanno immediatamente provocato reazioni a Washington. La senatrice democratica Elizabeth Warren, membro di spicco della Commissione bancaria, ha scritto a Bessent chiedendo chiarimenti sulla natura dell’intervento, definito un vero e proprio “bailout”. Warren ha espresso “profonda preoccupazione” per l’ipotesi di usare fondi di emergenza americani per gonfiare artificialmente il valore del peso argentino.

Secondo la senatrice, il rischio è che l’operazione risponda a motivazioni più personali e politiche che non a un reale interesse nazionale: il legame tra l’ex presidente Donald Trump e Javier Milei è infatti stretto, e un sostegno finanziario in vista delle elezioni argentine potrebbe rafforzare il leader sudamericano in un momento di forte calo nei consensi. Un recente sondaggio LatAm Pulse realizzato da AtlasIntel per Bloomberg mostra infatti un arretramento della popolarità di Milei, mentre l’opposizione ha guadagnato terreno dopo le ultime elezioni locali.

Il rimbalzo del peso fra speranze e incognite

Il rimbalzo del peso degli ultimi giorni è il segnale che i mercati credono possibile un sostegno concreto degli Usa verso Buenos Aires.

Alcuni analisti, però, mettono in guardia dal rischio che un nuovo afflusso di fondi esteri serva soltanto a ritardare gli aggiustamenti necessari, rendendo più costoso il riequilibrio nel lungo periodo. Al di là delle cifre, la vicenda argentina si intreccia con gli equilibri geopolitici. Per gli Stati Uniti l’Argentina rappresenta un alleato strategico in America Latina, regione in cui la crescente influenza cinese e russa preoccupa la Casa Bianca.

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