Atlantia, pesano il nodo pedaggi e l’avvio di una procedura di contestazione al Mit

Ancora rosso per Atlantia dopo il crollo del 2,71% di ieri. Questa mattina a Piazza Affari il titolo della società controllata dalla famiglia Benetton cede il 2,07% a quota 13,73 euro, sulla scia delle notizie di stampa sul costo dei pedaggi e sulle incertezze in merito ai tempi di definizione dell’accordo sulla cessione di Autostrade per l’Italia a Cassa depositi e prestiti.

La società sarebbe anche al centro di una procedura di contestazione, aperta dal Mit, per grave inadempimento nelle ispezioni delle 285 gallerie in Liguria. Secondo quanto riportato questa mattina da Il Sole 24Ore, il 22 luglio il direttore della Vigilanza del ministero avrebbe scritto ad Aspi chiedendo chiarimenti e dando 30 giorni per giustificare le sue posizioni secondo la procedura prevista all’articolo 8 del contratto della concessionaria.

Ieri la ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli ha annunciato alla camera la decisione sui pedaggi autostradali sulla rete di Aspi: non potranno salire più dell'1,75% per tutta la durata della concessione, fino al 2038. Il tetto deriva dal nuovo meccanismo tariffario dell'Autorità per i trasporti e non sarà modificato dopo il passaggio della concessionaria sotto il controllo di Cdp.

Sempre ieri era atteso il nuovo Piano economico finanziario, chiesto dal Mit e dal governo, per recepire l'accordo mirato a evitare la revoca della concessione ad Aspi. La concessionaria verserà 3,4 miliardi di euro per chiudere i conti in sospeso e 7 miliardi per la manutenzione fino al 2038 oltre a 14 miliardi di investimenti; e procederà al più presto, quest'anno o l'anno prossimo, a un ribasso del 5% delle tariffe.

La Commissione parlamentare di Vigilanza su Cdp, in relazione al prospettato ruolo della Cassa nel futuro assetto azionario di Aspi, in questa sede ha chiesto la «massima attenzione» nel valutare i rischi che un'eventuale riduzione delle tariffe potrebbe avere sull'investimento e la redditività.

Un’altra novità riguarda il passo indietro di Macquarie e Blackstone dal deal Autostrade per l’Italia. Questa mattina il Messaggero riferisce il ritiro dei due fondi di private equity dalla corsa per l’acquisizione del 22% di Autostrade individuato dal piano messo in campo dal Governo e da Atlantia. Nel momento in cui erano stati fatti i nomi, più di una settimana fa, non erano arrivate conferme del potenziale interesse.

Resta in sospeso anche il Memorandum of Understanding (MoU), atteso per lunedì 27 luglio, e l’aumento di capitale per la cessione del 55% di Aspi a Cassa depositi e prestiti (a cui andrà il 33%) e agli investitori istituzionali «graditi e individuati» da Cdp stessa (il restante 22%). Atlantia e Cdp non sarebbero d’accordo sul valore di Aspi per determinare l’aumento di capitale, il veicolo in mano alla famiglia Benetton assegna un peso maggiore rispetto agli 8 miliardi proposti da Cdp. Sarà il mercato, alla fine, a decidere sull’ammontare.