Atterraggio morbido per l’eurozona secondo S&P


L’agenzia prevede un PIL in crescita dello 0,8% durante il prossimo anno e dell’1,5% nel 2025, anche se restano i rischi sia interni che esterni, e che la BCE inizierà a tagliare i suoi tassi di interesse a partire da metà 2024.


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S&P ottimista sull’eurozona

L’economia dell’eurozona dovrebbe proseguire a rallentare nel corso del prossimo anno, ma la prospettiva più probabile resta quella di un atterraggio morbido.

Sono le previsioni per il primo trimestre 2024 indicate da S&P Global Ratings nel suo Outlook economico pubblicato in queste ore.

Attese che però non escludono eventuali imprevisti quali possibili cause di un deragliamento da questo scenario positivo, con rischi sia esterni che interni per l’economia del Vecchio Continente.

I motivi per atterraggio morbido

Il principale argomento a favore dell’atterraggio morbido secondo S&P riguarda l'incremento dei redditi reali a seguito della disinflazione e di una robusta crescita salariale.

L’inflazione nella zona euro è prevista in calo del 2% a una media del 2,9% nel corso del 2024, mentre i salari dovrebbero rallentare al +4% rispetto all’aumento del 5% di quest’anno, portando così ad un aumento del potere d’acquisto grazie alla disinflazione.

Riduzione dell’inflazione che si accompagna all’alta remunerazione dei lavoratori dipendenti, visto l’aumento del 4% dei salari già all’inizio del quarto trimestre, e ad un mercato del lavoro caratterizzato da offerte di lavoro “maggiori” rispetto agli standard storici (anche se in calo), riducendo così la probabilità di un aumento improvviso dei tassi di disoccupazione nei prossimi 12 mesi.

Situazione patrimoniale

Altra ragione alla base delle previsioni di un atterraggio morbido riguarda i finanziamenti.

I dati del report mostrano una posizione finanziaria netta per il settore privato nella zona euro ari al 4,5% del PIL alla fine del giugno 2023, superiore dello 0,6% alle necessità di finanziamento dei governi.

Ad accrescere questa percentuale sono state le famiglie, con più della metà di questa capacità, e le aziende non finanziarie con circa il 25% del totale.

Questi risparmi in eccesso sono meno liquidi rispetto a prima della metà del 2022, poiché l'aumento dei tassi di interesse rende i depositi a termine, che generano interessi, più attraenti per famiglie e imprese rispetto ai depositi a vista.

Si tratta comunque di un “cuscinetto in caso di una marcata recessione economica”, evidenziano da S&P.

Futuro promettente

Le previsioni dell’agenzia indicano un possibile “fondo” toccato dall’economia dell’eurozona nel primo trimestre del 2024, per poi riprendersi dopo che la BCE avrà ridotto i suoi tassi di interesse a seguito di un calo “significativo” dell’inflazione.

Le prospettive a medio termine rimangono “ottimistiche”, anche se S&P vede “ancora il rischio di una recessione leggera al cambio d'anno”.

Di conseguenza, “confermiamo in larga misura le nostre previsioni precedenti e ci aspettiamo che l'economia della zona euro crescerà dell'0,8% nel 2024, rispetto all'0,9% della nostra previsione precedente, e dell'1,5% nel 2025, cifra invariata rispetto alla nostra previsione precedente”.

Per quanto riguarda l’inflazione, gli analisti prevedono un continuo calo fino al 2,9% nel 2024 rispetto al 5,5% di quest'anno e all'8,4% nel 2022.

Le previsioni sui tassi BCE

Il processo disinflazionistico dovrebbe proseguire anche nel 2025 secondo S&P, scendendo così al 2%, in modo da spingere la BCE a proseguire la riduzione dei tassi di interesse.

Percorso che sarà ‘spalmato’ in più anni: “nel nostro scenario di base, ci aspettiamo, come fa il consenso, che i tassi abbiano toccato il picco al 4% per il tasso di deposito e che la BCE ridurrà gradualmente i tassi da giugno 2024 in poi, arrivando a solo tre tagli nel corso del prossimo anno, prima che il ciclo di tagli dei tassi si acceleri nel 2025”, mentre “il punto più basso del ciclo di tagli potrebbe materializzarsi nel terzo trimestre del 2025, a circa il 2% per il tasso di deposito”.

Le ragioni di una stagnazione

Il 2023 ha visto un maggiore rallentamento della crescita economica nell’economia europea rispetto a quello delle altre grandi realtà, con un PIL stagnante e una contrazione dello 0,1% nel terzo trimestre dell’anno che ha quasi completamente annullato l'incremento dello 0,2% nel secondo trimestre.

Tra le ragioni ci sono state una bassa produzione, in particolare in Germania, indebolita dagli alti costi del settore costruzioni che hanno appesantito la domanda.

A questo si aggiunge la politica monetaria restrittiva della BCE, con i tassi di interesse in aumento di 450 punti base in meno di 18 mesi che hanno portato il risparmio personale ad aumentare dell’1,5% nel 2023, arrivando al 14,9% alla fine di giugno di quest’anno.

Infine, l’inflazione dei prezzi al consumo ha superato la crescita salariale nella prima metà del 2023.

L'unico settore che ha contribuito alla crescita della produzione quest'anno è stato quello dei servizi, in quanto l'Europa ha goduto della sua prima stagione turistica normale in quattro anni.

Cambiano le condizioni di finanziamento

Fino a questo momento le istituzioni finanziarie europee hanno gestito bene il rischio legato ai tassi di interesse, con durate più lunghe per le obbligazioni che hanno reso i mercati europei più resilienti, mentre l'alta percentuale di mutui a tasso fisso ha agito come un ammortizzatore per i mercati immobiliari europei.

Questa situazione potrebbe cambiare dopo il 2023 a causa di due aspetti macro quali la mancanza di una politica coordinata nei paesi dell’eurozona e la differenza tra il livello dei tassi di interesse e la crescita nominale.

Se la politica monetaria sta frenando la domanda, le politiche fiscali dei vari stati non la stanno sostenendo, almeno non ovunque, e se il mix di scelte economiche resta non coordinata per troppo tempo, i rendimenti a lungo termine e gli spread obbligazionari potrebbero subire così tanta pressione che la BCE potrebbe attivare lo strumento Transmission Protection Instrument (TPI), altrimenti detto ‘scudo anti spread’.

L’appuntamento delle elezioni europee nel 2024 e i cambi nell’organizzazione della BCE, che dovrebbero essere completati la prossima primavera, aggiungeranno pressioni su questo aspetto e, di conseguenza, il bilancio dell’istituto centrale potrebbe ridursi.

Dal punto di vista economico, fino ad ora la crescita nominale del PIL ha superato quella dei tassi di interesse, probabilmente contribuendo alla resilienza dell'economia europea di fronte all'aumento dei tassi di interesse.

Le cose, avvisano gli analisti, cambieranno nel 2024: “prevediamo che la crescita nominale si dimezzerà a causa della disinflazione, mentre i tassi di interesse probabilmente rimarranno elevati”.

Pertanto, il differenziale tra tassi di interesse e crescita nominale potrebbe diventare positivo nel 2024 (vedi grafico seguente) e la dinamica del debito sul PIL sarà nei pensieri degli investitori nel 2024, ancora più di quanto già non sia.

I rischi di un atterraggio duro

Secondo S&P le condizioni per un atterraggio morbido sono “difficili da contestare”, anche se “troppo belle per essere vere, specialmente considerando che le crisi spesso iniziano con sviluppi imprevisti”.

Esistono, infatti, dei rischi esterni come gli effetti potenziali delle guerre nell'Europa orientale e nel Medio Oriente sui prezzi delle materie prime e sulle catene produttive.

Dal punto di vista endogeno, i rischi sono rappresentati da un mercato del lavoro ancora in difficoltà a causa del declino della produttività arrivato per l'aumento degli apprendistati, l'assenteismo e le interruzioni alla produzione.

Altro pericolo potrebbe arrivare dal rapido aumento dei costi del lavoro, dalle aspettative di inflazione, che non si sono ridotte allo stesso ritmo dei prezzi al consumo e le condizioni di finanziamento, considerando che i tassi di interesse reali non sono più negativi.

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