Aumento della volatilità in vista: duration corta e azioni di qualità


I settori ciclici hanno sovra performato il mercato rafforzando la convinzione di un soft landing.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Indice ZEW di settembre attese per oggi alle 11:00 (stima –15 punti contro -12,3 di agosto). Se le stime dovessero essere confermate si tratterebbe di un ulteriore calo di fiducia delle imprese sulla ripresa economica del paese.

Ieri la produzione industriale Italiana MoM di luglio è risultata peggiore delle attese (-0,7% contro -0,3 stimata e +0,5% di giugno) e riflette le difficoltà dell’economia dell’Italia di fronte alla recessione del suo primo partner commerciale: la Germania.

Nel mercato USA, verso la fine di giugno/inizio luglio, gli investimenti nei settori ciclici sembra abbiano preso vigore, avviando una fase di sovra performance, dopo che i timori della crisi bancaria hanno cominciato ad attenuarsi. Di fatto, riflettendo una maggiore propensione al rischio e un maggior ottimismo supportati da una crescita economica e degli utili aziendali più resilienti delle attese. Dopo la flessione di inizio agosto, accompagnata da un rally nelle aree più difensive, i titoli ciclici hanno nuovamente iniziato a sovra performare.

Il mercato azionario (S&P 500) ha guadagnato il 7% circa dall’inizio di maggio a ieri, con i settori più sensibili dal punto di vista economico che hanno preso il comando. La leadership dei settori ciclici offre ovviamente un buon segnale: significa infatti che gli acquisti sono alimentati da prospettive di crescita economiche positive e in rialzo. Certo, la leadership è stata piuttosto ristretta per gran parte di quest’anno, poiché i titoli tecnologici a mega capitalizzazione hanno registrato, come noto, guadagni elevati. Tuttavia, crediamo che sarebbe un segnale più preoccupante se fossero i titoli difensivi ad alimentare il mercato, poiché ciò rifletterebbe le preoccupazioni di fondo.

I solidi rendimenti di mercato nel 2013 e nel 2016-2017 sono stati sostenuti da performance cicliche superiori, quindi la recente tendenza offre potenzialmente un altro hashmark nella colonna dell’ottimismo. Ciò non garantisce ovviamente che la storia si ripeta allo stesso modo. Secondo la nostra analisi, riteniamo che l’economia mostrerà segnali di rallentamento alla fine del 2023/inizio 2024. Non riteniamo tuttavia che questo indichi necessariamente un drammatico deterioramento dei fondamentali del mercato e che comunque lo stesso sia oramai ampiamente preparato ad un loro raffreddamento.

Quello che ci aspettiamo è che molto probabilmente l’evolversi dello scenario macro economico, vedrà nei prossimi mesi un aumento della volatilità sia delle azioni che delle obbligazioni.

Riteniamo quindi che lo scenario dei mesi che ci separano dalla fine dell’anno richieda visioni strategiche più agili e dinamiche. Come noto, negli ultimi 15 mesi i rendimenti dei titoli di Stato a breve termine sono aumentati insieme a quelli a lungo termine a causa dei rapidi aumenti dei tassi della banca centrale. Questo ha spinto i rendimenti dei titoli del Tesoro USA a breve termine vicino ai rendimenti del credito di alta qualità, rendendo comparabili i rendimenti obbligazionari a breve termine.

Crediamo che nei prossimi mesi sia possibile aumentare il peso complessivo sui titoli di Stato a beneficio dei titoli a breve termine. Inoltre, riteniamo che il credito di alta qualità offra al momento una compensazione limitata per qualsiasi potenziale impatto sui rendimenti derivante da spread più ampi e sensibilità alle oscillazioni dei tassi di interesse. Preferiamo quindi rendimenti più elevati nel credito privato e vediamo istituti di credito alternativi colmare un gap di finanziamento aziendale mentre le banche frenano i prestiti.

Se allunghiamo l’orizzonte temporale, siamo convinti che i cambiamenti strutturali in grado di guidare i rendimenti attuali e futuri cominceranno ad affacciarsi quanto prima sui mercati. L’invecchiamento della popolazione dei mercati sviluppati potrebbe per esempio aumentare l’inflazione man mano che la forza lavoro si riduce, mantenendo il mercato del lavoro in tensione e con una crescita salariale elevata. L’invecchiamento tende inoltre a manifestarsi con livelli elevati di debito pubblico.

Inoltre, il tasso di crescita che l’economia sarà in grado di sostenere senza alimentare l’inflazione sarà probabilmente inferiore rispetto al passato. Da non sottovalutare inoltre la transizione a basse emissioni di carbonio, un’altra grande forza con cui dovremo fare i conti e che farà aumentare i costi energetici nel prossimo decennio. Una relativa impennata della spesa in conto capitale e un’ulteriore spesa pubblica probabilmente stimoleranno l’attività economica ma rafforzeranno le pressioni inflazionistiche.

Per quanto riguarda i rendimenti obbligazionari a lungo termine, riteniamo che ci siano almeno tre ragioni al momento per le quali questi possano salire più in alto:

  • in primo luogo, riteniamo che i mercati sconteranno una stabilizzazione dell’inflazione al di sopra degli obiettivi politici del 2% della FED;
  • in secondo luogo, stiamo vedendo che gli investitori richiedono premi a termine più elevati per riflettere il maggiore rischio delle obbligazioni a causa della maggiore volatilità dell’inflazione e dell’aumento dei livelli di debito. Il declassamento del rating creditizio statunitense del mese scorso ha sottolineato le sfide fiscali future;
  • in terzo luogo, la domanda estera di titoli del Tesoro a lungo termine potrebbe diminuire. Gli investitori giapponesi potrebbero per esempio passare alle obbligazioni nazionali visto che i rendimenti salgono grazie alla Banca del Giappone che alza ulteriormente il suo limite sui rendimenti a lungo termine.

Per diventare positivi sulle obbligazioni a lungo dovremmo vedere un aumento molto maggiore dei premi a termine, oppure ritenere che le aspettative del mercato sui tassi ufficiali futuri siano troppo elevate. Non crediamo di essere ancora arrivati​​a questo punto.

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