Le banche centrali sono davvero responsabili della crisi attuale? Quali alternative avevano?


Non esistono soluzioni semplici e indolori per smorzare i picchi negativi delle economie reali e dei sistemi finanziari. Per Tognoli le cose sarebbero andate molto peggio se le banche centrali fossero rimaste passive. Vero è che dall’altra parte occorre la politica economica sia sufficientemente flessibile in modo da adeguarsi velocemente all’evoluzione di un mondo in continuo cambiamento.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Fiducia dei consumatori Europei di marzo in uscita oggi alle 11:00 (stima -19,1 punti contro -19,2 di febbraio). Inflazione della Germania YoY di marzo alle 14:00 (stima 7,3% contro 8,7% di febbraio). Richieste settimanali alla disoccupazione USA alle 14:30 (stima 196k contro 192k della scorsa settimana) e dato finale del PIL del 4Q22 che dovrebbe confermare il 2,7% di crescita comunicato il 23 febbraio scorso in seconda lettura (+3,2% nel 3Q22).

Da più parti le politiche monetarie accomodanti delle banche centrali degli ultimi decenni sono indicate come principale causa della crisi attuale. Ma siamo proprio così sicuri che le banche centrali avessero tante alternative per sostenere le turbolenze del sistema economico e finanziario, a partire dal fallimento dalla Lehman Brothers? La narrazione è che l’enorme massa di denaro riversata sui mercati dalle banche centrali di tutto il mondo, soprattutto a seguito del Covid, e che ha salvato dalla bancarotta molte imprese, abbia di fatto ostacolato quella che viene chiamata “distruzione creativa”, o detto in altri termini, pulito i mercati facendo sopravvivere le sole imprese sane. Questa sarebbe la causa dell’elevata inflazione e della fragilità finanziaria attuale.

Ma facciamo un passo indietro. E siamo all’indomani del fallimento della Lehman Brothers, quando la FED decise di attenuare gli effetti negativi della crisi economica e finanziaria acquistando titoli federali (ma anche titoli tossici), iniziando di fatto il QE. I dati relativi all'offerta di moneta mostravano infatti come fosse necessario per la sopravvivenza del sistema economico e finanziario che i tassi di interesse fossero bassi e che la quantità di moneta dovesse aumentare. Mostravano quindi come il QE fosse essenziale. Se infatti i tassi di interesse fossero stati più alti e le banche centrali non avessero ampliato la base monetaria, il sistema economico sarebbe imploso (stile 1929 per intenderci).

Superata la crisi del 2008/2009, ci sono stati diversi periodi in cui il contributo privato alla crescita dell'offerta di moneta è stato negativo, perché il credito si stava contraendo complice la maggiore regolamentazione del sistema bancario.

Poi è arrivato il Covid e la guerra della Russia contro l’Ucraina. E’ a questo punto che le banche centrali e i governi hanno commesso qualche errore, probabilmente però inevitabile: esplosione della crescita monetaria e politiche fiscali fortemente accomodanti. Secondo il FMI il disavanzo fiscale strutturale delle sette principali economie mondiali è aumentato di circa 4,6 punti percentuali tra il 2019 e il 2020, riducendosi di qualche decimo di punto solo nel 2021. In quella situazione il forte e rapido aumento dei tassi di interesse non poteva che causare problemi ai sistemi bancari più deboli e più deregolamentati. Come è avvenuto.

Tutto questo era evitabile? Crediamo di no, dati gli enormi shock che i sistemi economici e finanziari hanno subìto nel corso di breve tempo: fallimento Lehman Brothers, pandemia mondiale e guerra. Questo significa che probabilmente anche la crisi attuale era inevitabile.

Non esistono soluzioni semplici e indolori per smorzare i picchi negativi delle economie reali e dei sistemi finanziari. Sicuramente siamo convinti che le cose sarebbero andate molto peggio se le banche centrali fossero rimaste passive. Vero è che dall’altra parte occorre la politica economica sia sufficientemente flessibile in modo da adeguarsi velocemente all’evoluzione di un mondo in continuo cambiamento.

Detto questo rimane la solita domanda. E gli investimenti? Riteniamo che allo stato attuale delle cose sia possibile ipotizzare tre scenari.

  • Il primo, se vogliamo il più ottimistico, che vede i recenti eventi come isolati. I problemi vengono riportati velocemente sotto controllo, la fiducia ritorna sui mercati e l'economia rimane resiliente. La FED continuerebbe con il suo piano originale per tagliare la testa all’inflazione e raggiungere l’obiettivo del 2%;
  • Nel secondo, le condizioni finanziarie si deteriorano ulteriormente e le banche diventano più avverse al rischio. I prestiti bancari diminuiscono e danneggiano l'attività economica, oltre a portare ad un incremento delle insolvenze. Se poi dovessero sorgere ulteriori problemi, la FED potrebbe essere costretta a fare da "pivot" e tagliare i tassi di interesse più avanti nel corso dell'anno. Da capre come si comporterebbe l’inflazione di fronte ad una diminuzione dell’attività economica e in presenza di una flessione dei tassi;
  • Il terzo, il peggiore, vede una profonda crisi bancaria. L'attività economica si contrae bruscamente, determinando una recessione prolungata che spingerebbe la FED a tagliare immediatamente i tassi di interesse e iniettare più liquidità nel sistema finanziario per ridurre il rischio di contagio.

Qual è lo scenario più probabile? Guardiamo ai fatti. La US Federal Deposit Insurance Corporation si è mossa velocemente per proteggere i depositi. Nel frattempo la FED ha varato il Bank Term Funding Programme, che aumenta i prestiti alle banche. La banca centrale svizzera ha agito rapidamente per portare oltre il limite l'operazione UBS/Credit Suisse. La risposta è stata forte e questo dovrebbe aiutare a calmare i nervi degli investitori (speculatori a parte). Potrebbero però esserci minusvalenze significative non realizzate presso le banche commerciali statunitensi minori. E non è ancora del tutto chiaro se queste abbiano coperto i rischi o se saranno costrette a disinvestire (le minusvalenze potenziali diventerebbero effettive).

Un crollo del sistema finanziario globale ci sembra improbabile. Esistono rischi potenziali in aree come gli immobili commerciali USA e i mercati immobiliari in generale (quando non ci sono rischi), ma il sistema bancario globale rimane ben capitalizzato. Il capitale di classe 1 è per esempio decisamente più elevato rispetto all'ultima crisi e permette alle banche di resistere a shock negativi. Le banche centrali dispongono di numerosi strumenti per fornire liquidità e la loro rapida risposta mostra un approccio "whatever its takes” per evitare una crisi globale.

Il secondo scenario è quello che ci sembra più probabile al momento attuale. Tra l’altro, abbiamo già assistito a un calo dei prestiti bancari negli ultimi mesi. E con l'aumento dell'avversione al rischio e un maggiore controllo normativo delle piccole banche, è probabile che i prestiti aggregati diminuiscano. Questo potrebbe colpire l'attività economica, portando a più insolvenze e a un ulteriore inasprimento delle condizioni di prestito. Nel momento in cui la FED o la BCE dovessero vedere in questo una minaccia alla stabilità del sistema finanziario, siamo convinti che interverranno velocemente.

Detto questo e di fronte all’incertezza, preferiamo rimanere cauti, continuando a preferire i settori difensivi e astenendoci dal prendere decisioni istintive.

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